In questi giorni di preparazione per l’imminente campagna olearia il mondo olivicolo è in subbuglio per l’entrata in vigore di un decreto ministeriale che impone il limite massimo di 6 ore per la consegna delle olive ai frantoi da parte dei commercianti. Una norma fortemente voluta da Coldiretti e Unaprol e alla quale il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida ha dato voce tramite questo provvedimento entrato in vigore dallo scorso luglio. Una disposizione su cui non tutti sono d’accordo, in quanto rischia di portare ai problematiche che già sono state sollevate da molti addetti alla filiera olivicola che stanno premendo sul sottosegretario Patrizio Giacomo La Pietra per un rinvio di un anno della sua applicazione.
Il decreto 24A05005 del Ministero dell’Agricoltura stabilisce le modalità di registrazione delle consegne di olive da olio ai frantoi oleari che devono avvenire entro sei ore dalla consegna delle olive da parte degli olivicoltori ai commercianti. Si tratta quindi dell’introduzione di regole stringenti per i commercianti di olive destinate alla produzione di olio, inclusi consorzi e Organizzazioni di Produttori che operano come intermediari, mentre restano esclusi i frantoi che rivendono olive e gli agricoltori che conferiscono solo il raccolto proprio. Chi integra la produzione con acquisti da terzi viene invece equiparato a commerciante. L’obbligo chiave è registrare con precisione gli orari sul Sian, il sistema informativo agricolo nazionale: le olive devono arrivare al frantoio entro sei ore dall’acquisto e l’operazione va annotata nello stesso lasso di tempo.
Un provvedimento nato con il nobile intento di migliorare la trasparenza nella compravendita delle olive da olio, ma che rischia di scontrarsi fortemente con la realtà dei fatti, ovvero che molte realtà integrano la loro produzione olearia anche grazie ad acquisti di partite di olive provenienti da zone anche molto distanti, dove sei ore per il trasporto con mezzi pesanti non bastano.
Per fare un esempio, quando in alcuni areali del centro-nord Italia si riscontrano campagne olearie difficili dovute a scarsi raccolti, attacchi di mosca o – come è capitato negli ultimi anni – problematiche legate a eventi metereologici, i frantoi organizzano il lavoro anche sulla base di partite di olive acquistate da altre regioni, molto spesso del sud Italia. Non è quindi così raro, in alcune annate, vedere olive di varietà Peranzana o Ogliarola (tipiche pugliesi) all’interno di blend provenienti da frantoi del nord. Un commercio che, se opportunamente tracciato, non toglie e non aggiunge nulla alla qualità del 100% italiano, ma che permette a molte realtà di affrontare campagne olearie difficili. Impedirlo potrebbe addirittura sollevare un principio di incostituzionalità in quanto andrebbe palesemente contro all’articolo 41 della Costituzione dove si afferma la libertà dell’iniziativa economica privata. Altro elemento problematico del decreto riguarda la totale mancanza di un impianto sanzionatorio.
Nel documento, infatti, non è esplicitato in alcun modo a cosa si va incontro se non si dovesse rispettare il limite delle 6 ore e, oltre a questo, non sono tantomeno indicate le modalità con cui effettuare i controlli. Una provvedimento parziale, quindi, di cui in molti in questi giorni non capiscono le modalità di applicazione. Un’altra problematica che emergerebbe dal decreto è quella di un possibile rischio di concorrenza sleale in quanto l’obbligo delle sei ore varrebbe solo per chi commercia le olive e non per gli impianti oleari che operano da intermediari.
Estremamente favorevoli alla disposizione sono Coldiretti e Unaprol che lo ritengono un passaggio epocale per il settore: «Con questo decreto si chiude definitivamente l’epoca delle olive senza nome e senza provenienza, e si apre una nuova fase fondata sulla trasparenza, sulla responsabilità e sulla valorizzazione del prodotto italiano», ha dichiarato il Presidente Unaprol David Granieri.
Il resto delle associazioni e dei protagonisti della filiera olivicola sono sostanzialmente contrari a un’immediata applicazione del provvedimento e in molti hanno chiesto al sottosegretario La Pietra un rinvio di un anno della sua applicazione. Nello specifico Unapol, Confagricoltura e ItaliaOlivicola hanno chiesto al Masaf un tavolo tecnico per rivedere il testo per estendere l’esonero già previsto per gli olivicoltori anche a cooperative e OP e introdurre deroghe per i trasporti oltre i 100-200 km. Preoccupazione è emersa anche dall’Aifo – Associazione Italiana Frantoi Oleari – il cui presidente Alberto Amoroso ha chiesto al ministro Lollobrigida il rinvio dell’entrata in vigore del decreto: «Un rinvio – spiega Amoroso – sarebbe indispensabile per consentire l’apertura immediata di un tavolo di confronto con tutte le rappresentanze della filiera e individuare insieme soluzioni alternative che, pur tutelando la qualità del prodotto, non compromettano la libertà di mercato e la sostenibilità economica dei frantoi italiani».
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