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"Meno cucina molecolare e più ricette della nonna", gli chef catalani dicono basta al "modello Adrià"

La Catalogna dice basta al mito di AdriĆ  e della cocina vanguardista: i grandi nomi ora puntano al territorio e ai sapori della nonna

  • 23 Giugno, 2025

Piano piano anche la Catalogna – patria dell’avanguardismo molecolare – si sfila dai laboratori di cucina ultra sperimentale e riscopre il mito della nonna. ƈ Jodi Artal (chef del Cinc Sentits, due Stelle, di Barcellona) che sul The Guardian accende le micce: Ā«Ci siamo sempre divisi tra chi che crede che si debba cucinare solo ciò che ĆØ di stagione e AdriĆ  che invece afferma: ā€œSono un artista, trovatemi la ciliegia migliore del mondo a gennaio, cosƬ potrò fare il mio piattoā€Ā». E ancora, polemico con certa scena del fine dining globale: Ā«Adoro lo yuzu, ma non c’ĆØ nel menu perchĆ© non potrei dire che mia nonna usava lo yuzuĀ». Ā Appunto. E cosƬ il quotidiano inglese sottolinea il passaggio: nell’anno in cui la Catalogna ĆØ stata nominata Regione Mondiale della Gastronomia 2025 dall’Istituto Internazionale di Gastronomia, Cultura, Arti e Turismo, si consuma anche l’abiura. Che in realtĆ  proprio abiura non ĆØ. Ma certo, se prima l’avanguardismo soffocava tutto il resto, ora le cose stanno cambiando. E si guarda alla cucina della nonna.

La ricerca di identitĆ  della cucina spagnola

Ā«Basta copiare El Bulli. Ora quella lezione ĆØ diventata un enorme repertorio di tecniche che ognuno può applicare alla propria cucinaĀ», sostiene Jordi Artal. Come dire: siamo cresciuti, la rivoluzione ĆØ cosa passata; ora costruiamo la nostra identitĆ . Ecco, la Spagna della ristorazione che a inizio anni cercava una “narrazione”, voleva costruire la sua “identitĆ  culinaria” e comunicarla, ora forse la sta trovando. E dopo la “rivoluzione” di Ferran AdriĆ  che ha chiuso il suo El Bulli 14 anni fa, ora guarda alla “nonna”, alla tradizione, al territorio. Pure se poi anche la cucina delle nonne non ĆØ avulsa da errori anche marchiani. Chiosa sempre Artal, che in questa fase fa il mediatore: Ā«Non direi che c’ĆØ un contraccolpo; fa parte del flusso e riflusso naturale. Utilizziamo tecniche moderne ma in modi che si rifanno alla storia gastronomica catalana. Questo ĆØ l’idealeĀ».

La frattura tra sperimentazione e tradizione

Ma una sorta di frattura c’ĆØ. Come negarlo? Tanto che anche una come Carme Ruscalleda ora rivendica: Ā«Il concetto può essere cambiato, ma la mia cucina si ĆØ sempre basata sul Mediterraneo e sui suoi prodottiĀ». Vero. E va anche oltre… Ā«Dobbiamo abbracciare nuove idee senza perdere di vista ciò che siamo. La cucina catalana ha radici romane, greche e medievali. Facciamo molti piatti che sono fondamentalmente medievali ma con tecniche moderneĀ». Tanto che – sottolinea sempre il Guardian – chef come i fratelli Roca a Girona e Jordi VilĆ  a Barcellona hanno aperto, accanto ai loro ristoranti di punta, locali più modesti in cui offrono piatti più tradizionali. Ā«Stiamo adottando una visione ampia ma non semplificata della cucina catalanaĀ», si premura di mettere le mani avanti Joan Roca. E gli fa eco Vila, chef dell’Alkimia, premiato con una Stella, e del “bistrot” Al Kostat del Mar: Ā«Joan Roca e Carme Ruscalleda hanno sempre cucinato cibo catalano, ma ĆØ successo che ciò che ĆØ diventato importante ĆØ quello che chiamiamo cocina vanguardista, quando ciò che conta davvero ĆØ usare prodotti locali ed esprimere se stessi in cucinaĀ».

I costi del fine dining e la cucina famigliare

In tutto ciò non sono certo da sottovalutare i costi del fine dining e della cucina sperimentale: Ferran AdriĆ  e il suo socio Juli Soler potevano permetterselo, avendo creato un vero e proprio colosso dell’avanguardia con tanto di contratti anche con l’indutria agroalimentare spagnola e non solo. Infatti, ora Jordi Vila precisa che Ā«molti giovani chef non aspirano a essere Joan Roca o Ferran AdriĆ , ma vogliono cucinare i piatti che facevano le loro madri o le loro nonneĀ». La differenza, a livello di costi e di prezzi c’ĆØ e si fa sentire. La tradizione alla fine difficilmente potrĆ  costare conme l’avanguardia e il fine dining. Oriol Castro, uno dei tre chef – tutti ex El Bulli – dietro Disfrutar, eletto miglior ristorante del mondo l’anno scorso, non ha dubbi: Ā«Nessuno si aspettava che la gente pagasse questo tipo di prezzi per i piatti catalani di baseĀ». E cosƬ la cucina della nonna punta a mantenere storytelling e sapori, pur volendo continuare a stupire: Ā«A Disfrutar poponiamo molti piatti basati su ricette tradizionali, con nuove tecniche ma con sapori tradizionali: come il suquet de peix (stufato di pesce e patate) o il mar i muntanya (stufato di frutti di mare e coniglio o pollo) – dice Castro – Ma non c’ĆØ alcun contraccolpo contro la scuola del Bulli. La gente viene qui per mangiare versioni moderne e creative di piatti tradizionali. Ciò che ĆØ importante ĆØ la combinazione di creativitĆ  e tradizione. Non c’ĆØ una guerra. Tutti noi vogliamo preservare questa tradizioneĀ».

Ormai il “terroir” passa anche dal vino

Al di lĆ  delle mediazioni tra vecchio e nuovo, in realtĆ  il bisogno di riscoprire territorio e tradizione passa anche attraverso la carta dei vini. Tanto che sempre Artal non ha dubbi nel dire che Ā«nella mia carta dei vini ci sono solo etichette catalane e spagnole. Non posso spiegare a un cliente – dice lo chef di Cinc Sentits – che un piatto ĆØ stato ispirato dalla mia bisnonna e che stiamo usando ingredienti di provenienza locale e poi servire un vino di BordeauxĀ». Una questione che anche da noi in Italia ĆØ stata molto dibattuta, ma che ormai abbiamo ababstanza superato sulla strada della laicitĆ  del gusto. A partire dagli Champagne.

Il paradosso catalano: gli chef salveranno la nonna

La moda global e le tendenze del gusto internazionale colpiscono anche in Catalogna: se intorno al capoluogo la cucina tradizionale ha un suo appeal, a Barcellona sono sempre più i locali etnici e fusion che conquistano i più giovani. In un ironico ā€œmanuale di autodifesaā€ per la cucina catalana, VilĆ  afferma: Ā«Non sono contro il ramen o gli hamburger, sono contro la globalizzazioneĀ». e si spiega contestualizzando: Ā«Qui ci sono 50 locali di ramen e nessuno che serva l’escudellaĀ», che ĆØ uno stufato tradizionale catalano con pasta. Secondo Ruscalleda, che condivide l’allarme, la colpa sta nel fatto che ormai non si cucina più a casa. Ā«I giovani sono attratti dalle novitĆ , quindi ordinano sushi o ceviche, ma non conoscono la loro culturaĀ», denuncia la chef di Sant Pol de Mar. ƈ sempre Jordi VilĆ  a ipotizzare un futuro possibile per la cucina catalana: Ā«Siamo in una fase di transizione: le nonne del futuro non vogliono stare a casa a cucinare, ma vogliono godersela in giro per il mondo. Un top chef non può sostituire una nonna, ma sta a noi mantenere viva la tradizioneĀ».

 

 

 

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