Quando si dice finire a tarallucci e vino. In Puglia, quello che era un semplice detto popolare (mettere fine a una lite in modo amichevole), sta diventando un vero e proprio auspicio, visto che proprio sulla convenienza o meno di inserire il vino dentro ai taralli sta prendendo forma di un vero e proprio caso mediatico.
Si discute, infatti, sulla possibilitร di togliere il vino dallโimpasto dei taralli, sebbene dal 2001 questi ultimi siano riconosciuti come Prodotti agroalimentari tradizionali (Pat) con i loro tre ingredienti fondamentali: farina, olio, e vino bianco.
Il motivo del cambiamento? Abbattere i costi dellโIva dal 10% al 4%. La presenza del vino, infatti, oltre a far lievitare il costo, farebbe passare lo snack simbolo della Puglia per prodotto agricolo, con un regime fiscale piรน alto rispetto a quello dei prodotti da forno.
A lanciare lโallarme, le parole di Nunzio Margiotta, direttore commerciale della Apulia Food di Canosa, che ha in piรน volte ribadito, anche attraverso i suoi profili social, come i taralli senza vino siano una cosa diversa dai taralli pugliesi.
La frecciatina รจ a tutti quei produttori che pensano di poter fare a meno del vino: โAlcuni colleghi produttori stanno pensando di poter abbassare il prezzo dei taralli togliendo il vino. Ma cosรฌ si produrre altro: i taralli pugliesi sono prodotti della tradizione che vanno difesi, protetti, valorizzati e non sviliti come sta accadendo per lโaviditร di alcuni imprenditoriโ. Margiotta ha poi ribadito che difenderร la storia del tarallo pugliese in tutte le sedi a sua disposizione.
Parole molto dure le sue, a cui ha subito risposto dalle pagine del Corriere delle Sera Tommaso Fiore, amministratore delegato di Fiore di Puglia, azienda produttrice di taralli con sede a Corato che da anni, accanto alla produzione tradizionale di taralli, ha lanciato anche una linea alcol free.
โLโevoluzione porta cambiamentiโ ha spiegato lโimprenditore, sostenendo che produrre taralli senza vino non รจ solo una questione di risparmio. Anzi sono ben altri i motivi che lo hanno spinto alla scelta: โLa riduzione dellโIva al 4% รจ reale ma ha un impatto sul consumatore finale e non su noi imprenditoriโ, ha detto, rilanciando al mittente le accuse di badare solo al risparmio. Piuttosto i motivi sono da ricercare altrove. In primis nellโesigenza di pensare anche a quei consumatori che, per motivi religiosi, non possono bere vino: โIn Italia il 4% della popolazione รจ musulmana e non consuma vino per principi culturali e religiosi. Inoltre, il 25% del nostro fatturato รจ legato allโexport, anche verso Paesi del Medio Oriente, dove sono richiesti espressamente taralli pugliesi ma senza vinoโ. Ci sono poi le vendite attraverso la distribuzione automatica nelle macchinette di scuole e ospedali. โAlcuni presidi e associazioni di categoria hanno richiesto un prodotto specifico che non contenesse solfiti, data la giovane etร degli studenti. Questoโ ha concluso lโimprenditore โci ha spinto a studiare, con il nostro team interno di ricerca e sviluppo, una nuova combinazione delle materie prime che potesse replicare lo stesso sapore della ricetta tradizionaleโ.
Al di lร del caso pugliese dei taralli, cโรจ un tema comune a piรน prodotti: i cambiamenti demografici ed etnici, insieme alla ricerca di stili di vita alternativi, pone sul tavolo lโurgenza di prevedere soluzioni inclusive.
Caso estremo รจ quello del vino stesso che, proprio in virtรน di quelle stesse esigenze descritte da Tommaso Fiore per i taralli, si sta interrogando sul prevedere o meno le tipologie dealcolate o parzialmente dealcolate al suo interno. La Riforma Omc approvata nel 2021 ha giร inserito i dealcolati nella categoria vino e adesso sta ai singoli Paesi Ue decidere o meno di adeguarsi. Per farlo, lโItalia dovrebbe modificare un articolo del Testo Unico del Vinoย . E se in futuro la soluzione per i taralli pugliesi fosse proprio lโutilizzo del vino dealcolato allโinterno della ricetta?
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