Menti meccaniche

L’intelligenza artificiale entra in un ristorante tre stelle. Arriva il menu futuristico di Grant Achatz e ChatGPT

Un dessert al caviale ideato da ChatGPT apre la strada a nove portate firmate da chef immaginari nel ristorante Next di Chicago. Un progetto per esplorare i modi in cui i chatbot possono aiutare in cucina

  • 03 Giugno, 2025

Una cialda di patate sottilissima, a forma di guscio d’uovo, che accoglie un gelato alla crème fraîche infuso di caviale. Sembra il risultato di mesi di sperimentazione in una cucina d’avanguardia, eppure non lo è affatto. Il piatto è stato ideato dall’intelligenza artificiale, su richiesta di Grant Achatz, uno dei più grandi innovatori della cucina contemporanea. L’obiettivo dello chef stellato è quello di servire nel 2026 al Next di Chicago un menu di nove portate ideate da cuochi immaginari creati con ChatGPT. Un progetto per sperimentare l’uso dell’intelligenza artificiale anche in ambito culinario che promette di rivoluzionare il modo in cui pensiamo la cucina d’autore.

Dal prompt al piatto

Il cuoco americano ha chiesto all’intelligenza artificiale di immaginare piatti che potessero essere creati da diversi chef. Tra loro c’è Jill, una chef immaginaria di 33 anni originaria del Wisconsin, il cui curriculum fittizio include esperienze con il modernista Ferran Adrià, il maestro di sushi Jiro Ono e il leggendario Auguste Escoffier, morto nel 1935. Achatz, chef e co-proprietario di Next, ha creato Jill attraverso conversazioni con ChatGPT, fornendo al chatbot il suo nome, la storia professionale e il background familiare, tutti inventati. Ha quindi chiesto all’IA di suggerire piatti che riflettessero le sue influenze, proprio come il gelato al caviale: un dessert che unisce tecniche e suggestioni di tre continenti, con una presentazione degna di un’opera d’arte e una mise en place ispirata agli oggetti di design che già caratterizzano i ristoranti di Achatz. Se tutto procederà come previsto, lo chef continuerà a collaborare con l’IA per perfezionare le ricette di Jill e di altri otto chef immaginari, creando un menù quasi interamente ideato dall’intelligenza artificiale. «Voglio che faccia il più possibile, senza arrivare a cucinare davvero» ha dichiarato il tre stelle Michelin.

Grant Achatz Instagram

Un fenomeno destinato a crescere

Non si tratta di un caso isolato. A livello mondiale sono sempre di più gli chef che stanno sperimentando l’uso di strumenti come ChatGPT e generatori di immagini per alimentare la loro creatività, trovare nuove ispirazioni e, in alcuni casi, persino progettare l’aspetto dei loro locali. Oltreoceano, come raccontato dal New York Times, i casi sono tutt’altro che isolati. Jenner Tomaska, di Esmé a Chicago, ha dato vita a piatti partendo da immagini generate da Midjourney, poi sviluppate in collaborazione con ceramisti e artisti. Daniel Cutler Beran, per il suo ristorante Seline a Santa Monica, ha usato l’intelligenza artificiale per comunicare meglio con il designer degli interni, traducendo idee astratte in immagini concrete. Ma c’è anche Ned Baldwin, chef di Houseman a New York, che ha sfruttato ChatGPT per discutere approfonditamente sulla preparazione delle salsicce, ottenendo spiegazioni dettagliate su ingredienti e processi che normalmente richiederebbero ore di studio.

Tra limiti e sfide

Nonostante l’entusiasmo di alcuni pionieri come Achatz, l’adozione dell’IA in cucina è ancora limitata. Molti chef faticano a integrare questa tecnologia nel loro lavoro quotidiano, frenati da ritmi serrati, abitudini consolidate o da un’idea romantica della cucina come esperienza profondamente umana. Inoltre, sono ancora tanti i limiti dell’intelligenza artificiale tra i fornelli. ChatGPT è in grado di produrre ricette che sulla carta sembrano brillanti ma che in cucina possono rivelarsi fallimentari, anche a causa degli errori e delle informazioni inesatte che è incline a generare. Un problema non da poco quando si parla di cibo e sicurezza alimentare.  L’ingrediente umano rimane infatti insostituibile nel calibrare dosi, bilanciare sapori e interpretare la complessità sensoriale del cibo. Per questo la vera sfida in cucina dell’IA sarà affiancare lo chef come supporto creativo senza sostituirlo. E non sorprendere con piatti memorabili.

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