
«A Milano praticamente non ci sono più contanti» dice Luca Natalini; nel suo Autam la mancia elettronica è la normalità: «anche perché nessuno gira con 2/300 euro in tasca» e uno scontrino da lui, dove una cena si assesta sui 130 euro più vino, può facilmente toccare quelle cifre. Così se uno fa bene il suo lavoro, la mancia arriva tramite Pos. In città, spiega, ormai è così, e poco importa se i clienti sono italiani o stranieri.
A qualche centinaia di metri di lui, Trippa è uno dei locali più amati di Milano e d’Italia, una trattoria di rango (Tre Gamberi per la guida Ristoranti d’Italia di Gambero Rosso) informale nell’ambiente e accessibile nei prezzi, per questo – a fronte di uno scontrino più basso – potrebbe registrare esperienze diverse. «Anche qui si paga soprattutto con carta» spiega Pietro Caroli, patron insieme a Diego Rossi. C’è la possibilità di lasciare la mancia con la carta di credito: «altrimenti sarebbe come darsi la zappa sui piedi: abbiamo avuto anche mance importanti, qualcuno – soprattutto straniero – che ha praticamente lasciato la stessa cifra della cena. Ma se uno vuole lasciare 200 euro di mancia, se non può farlo con il Pos non li lascia». Bene, quindi avete abilitato il Pos? «No». La soluzione trovata dal team Trippa, all’indomani dell’entrata in vigore della legge di Bilancio del 2023 (che detassava le mance), è diversa: «portiamo il preconto al tavolo, se qualcuno vuole lasciare la mancia, chiediamo quanto e nel conto finale aggiungiamo una voce con l’importo indicato dal cliente, con l’Iva allo 0%. Alla fine del mese si fa il conteggio delle voci esent’iva, che una volta divise vanno in busta paga ai dipendenti». Perché questo sistema invece che abilitare il Poi normalmente? «Abbiamo trovato questa soluzione con il nostro commercialista e ci pare funzioni».
Andando in un piccolo centro, meno battuto dal flusso turistico, le cose non cambiano. Il Capanno (in foto) è una delle migliori trattorie d’Italia (anch’essa storico Tre Gamberi per la Guida Ristoranti d’Italia), a un passo da Spoleto, «da noi gli stranieri sono pochi – fa il patron Mauro Rastelli – e di questi, solo pochi lasciano la mancia». Al contrario di quanto si dice di solito, dunque. Il punto però è un altro: Pos sì o Pos no? «Da noi sì, lo abbiamo fatto abilitare per le mance, ma funziona solo se inseriamo la carta nel lettore, con contactless o carte virtuali come quelle sul telefono, non ci dà l’opzione mancia, ora devo capire il motivo di questo problema e risolverlo con Nexi». E nel frattempo? «Niente mancia: non posso mica aggiungerla al conto o fare uno scontrino apposta».
Detta così pare una battuta, ma non lo è. La mancia è parte degli emolumenti del lavoratore, e come tale deve essere tassata; il ristorante non può registrarla come fosse un suo incasso poi da versare al dipendente. E seppure i sistemi di pagamento elettronico potrebbero risolvere il problema, ancora non sono tanti esercenti ad averli abilitati; alcuni si lanciano in quelle che Luciani Sbraga, direttore del Centro Studi di Fipe-Confcommercio (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), chiama soluzioni creative: «magari ti chiedono se possono mettere due bottiglie di acqua minerale per arrivare alla cifra finale comprensiva di mancia, ma dal punto di vista economico è una mossa completamente sbagliata perché così la mancia diventa parte del fatturato dell’azienda che si carica delle imposte». C’è pure chi non si fa di questi problemi e aggiunte la cifra convenuta dal cliente al momento del pagamento: «anche questa è una procedura sbagliata: se scontrino e transazione sono diversi possono emergere problemi a fronte di controlli fiscali, si contesterebbe all’impresa di aver fatto una transazione senza ricevuta». Niente da fare. La soluzione suggerita da Sbraga è attivare il Pos. Ipotesi che pare scontentare tutti: dipendenti, esercenti, prestatori di servizio.
Secondo l’ABI, l’Associazione Bancaria Italiana, oltre l’80% dei Pos risulta abilitato a gestire le transazioni delle mance, previa richiesta dell’esercente. Secondo Fipe, la richiesta non è stata fatta per circa il 70% dei Pos. Perché? I motivi sono vari, come spiega ancora Sbraga, «abbiamo riscontrato resistenze da parte anche di importanti intermediari, proprio quelli a cui i ristoratori devono fare richiesta di attivazione, che siano banche o fornitori di servizi». Ora Fipe, che plaudeva qualche settimana fa all’iniziativa della ministra Santanché finalizzata al monitoraggio della normativa sulla tassazione agevolata delle mance, sta lavorando d’intesa con prestatori di servizi e ABI proprio su questo punto, «in ogni caso – commenta Sbraga – non mi risulta che ci sia la coda per chiederla».
Ristoratori e operatori della ristorazione sono molto restii. Perché? «In generale c’è una certa resistenza da parte degli esercenti rispetto ai cambiamenti» soprattutto quelli che non snelliscono le procedure, ma le complicano, come nel caso delle mance elettroniche. Le resistenze però si incontrano anche da parte dei dipendenti. Cosa lamentano i lavoratori? «Abituati con il vecchio sistema, pensano che la mancia elettronica gli tolga qualcosa». Il vecchio sistema sarebbe quello della mancia in contanti, lasciata dai clienti sul tavolo o in qualche contenitore più discreto. Quella non era tassata di certo: «In realtà lo era, solo che nessuno rispettava la norma». In buona sostanza le mance erano date, e ricevute, in nero, con una silenziosa accettazione da parte di tutti. «Ma i lavoratori devono pagare le imposte sui loro reddito» riprende Sbraga, e le mance ne fanno parte a pieno titolo, come ogni emolumento o donazione corrisposta da terzi e non dal datore di lavoro». È così da quasi 30 anni. Ma ora che la gran parte dei pagamenti avviene attraverso carte di credito o di debito, il problema salta agli occhi: «Siamo di fronte a un bivio – continua Sbraga – o le aziende adottano procedure sconvenienti per loro stesse o rischiano di perdere la mancia, perché un cliente che paga con carta, raramente è disposto a mettersi le mani in tasca, spesso non ha con sé contanti, quindi rinuncia». E la mancia si perde. Franco Virga – con Stefania Milano alla guida di una manciata di ottime insegne a Palermo – solleva un’altra questione: «mi pare di forzare i clienti a lasciare una percentuale se glielo mostro sul Pos, magari in futuro lo faremo, ma ancora no… non siamo americani» scherza, ma tutti sappiamo come il sistema delle mance negli Stati Uniti abbia generato non pochi problemi. Nei suoi locali le mance arrivano lo stesso, e vengono divise equamente tra cucina e sala, «inclusi i fattorini» ci tiene a sottolineare.
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