Tendenze

Perché siamo tutti alla sfrenata ricerca del "ristorante nascosto"

L’ossessione per i posti “sconosciuti” è il nuovo motore della narrazione gastronomica. Ma spesso quei luoghi li abbiamo già visti, in un reel da 300mila views

  • 21 Luglio, 2025

L’idea di cenare in un posto “che non conosce nessuno” è diventata uno degli ingredienti principali della narrazione gastronomica contemporanea: fuori dalle mappe, fuori dalle guide, fuori dal radar degli altri. Ma, nella maggior parte dei casi, il segretissimo posto nascosto lo abbiamo visto in un reel, su una mappa condivisa, raccontato dall’influencer che ci è passato prima di noi. Trovare un luogo poco noto – o che si presenta come tale – scatena un unboxing emozionale: sentirsi privilegiati di averlo intercettato. E condividere la scoperta sui social amplifica il senso di gratificazione. A confermarlo sono i dati: secondo Eater e RestaurantDive, il 77% della Gen Z e il 67% dei millennial usano i social per scoprire nuovi ristoranti e oltre la metà dei millennial attivi su TikTok ha visitato un locale dopo averlo visto online. E la FOMO gastronomica è servita.

Le trattorie (apparentemente) dimenticate

Non devono essere segrete, basta che sembrino dimenticate. Trattorie di provincia, i bar sinceri, lo street food fuori mano, ristoranti lungo strade statali: luoghi che magari esistono da decenni, ma che sui social vengono presentati come scoperte da insider. È il trucco narrativo dell’autenticità: raccontare come inedita una tavola popolare, magari frequentata da sempre da clienti locali. “Posti dove mangiano i veri milanesi”, “ristorante dove il tempo si è fermato”, “l’unico luogo sincero rimasto in zona”: sono caption ricorrenti nei reel e nei caroselli Instagram che trasformano la normalità in racconto. La geografia dell’eccezione si sposta così da un ristorante all’altro, e anche le trattorie più semplici diventano, per un attimo, virali.

Il trend del dining “sotterraneo”

Secondo TrendHunter, supper club, speakeasy e secret dinner rientrano oggi tra i megatrend globali dell’enogastronomia. Nati come esperienze alternative e informali, questi format si sono evoluti in operazioni strutturate e ricercate, capaci di attirare un pubblico giovane, connesso e in cerca di esperienze personalizzate. Il modello funziona: l’accesso limitato e la narrazione del “privilegio” si fondono in un format pensato per essere vissuto e, subito dopo, raccontato. L’esclusività è sempre condivisa, purché lo storytelling sia giusto.

Borghi invisibili e virali

La tendenza va a braccetto con l’ossessione per i borghi dimenticati: non serve più aprire un bistrot in centro a Firenze. Molto meglio tre tavoli in un’ex stalla sulle colline dell’Appennino, con la luce giusta per un reel e il Wi-Fi che non prende. E negli ultimi anni non sono mancati i casi concreti.
Pentidattilo, in Calabria, è un borgo fantasma che fino a poco tempo fa visitavano in pochi. Poi è bastato un video virale su Instagram — tra leggende di maledizioni e scorci da film — perché diventasse la nuova meta gotica per i curiosi del weekend. In Piemonte, Rosazza, minuscolo paese della Valle Cervo, è stato ribattezzato “il borgo più misterioso d’Italia” grazie a una serie di reel in cui ogni angolo viene raccontato come simbolico, esoterico, carico di segni da interpretare. In Basilicata, Castelmezzano e Pietrapertosa hanno fatto il giro del mondo con il Volo dell’Angelo, e ormai attirano ogni estate migliaia di turisti in cerca della “Basilicata segreta”. E poi ci sono le “Maldive del Nord”, come vengono chiamati alcuni laghi o spiagge fluviali della Lombardia e del Piemonte: la spiaggia bianca di Ghiffa, sul Lago Maggiore, o le acque cristalline delle Cascate dell’Acquafraggia in Valchiavenna. Luoghi raccontati come remoti, inesplorati, autentici. Salvo poi comparire nella homepage di ogni social, con coordinate precise e in un attimo presi d’assalto.

Cosa ci resta davvero

Alla fine, il vero “segreto” non è più il luogo, ma la sua narrazione. Un’esperienza vale di più se riesce a produrre contenuti. Entrare in una trattoria senza insegna, cenare in un giardino nascosto o partecipare a una cena condivisa in un borgo dimenticato: tutto diventa materiale per un reel, una caption, una testimonianza da pubblicare. Di molti di questi posti, in fondo, sappiamo già tutto prima ancora di andarci, altro che nascosti.
Forse ci manca il coraggio di finire per caso in un posto anomimo, dove si mangia pure male o oppure scegliamo i posti solo per poter dire “ci sono stato anche io”?

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