Negli Stati Uniti, un fenomeno che sta cambiando il modo in cui le persone mangiano fuori casa e non ha niente a che vedere con nuove mode alimentari o con la ciclica popolarità di qualche superfood: i protagonisti sono i farmaci a base di GLP-1, come Ozempic, Mounjaro e Wegovy, nati per il trattamento del diabete ma diventati famosi per la loro capacità di favorire la perdita di peso. Il loro effetto collaterale più noto è la drastica riduzione dell’appetito.
Questo significa che chi li assume spesso non ha più voglia di affrontare un pasto intero: due morsi di un panino, qualche patatina, un paio di sorsi di cocktail e la fame è già sparita. Secondo un rapporto della società di consulenza PwC pubblicato nell’ottobre 2024 – tra l’8 e il 10% della popolazione americana utilizza già questi farmaci e il 30-35% si dice interessato a farlo in futuro. Un mercato enorme che comincia ad avere effetti concreti su settori inaspettati. Uno di questi è la ristorazione: meno appetito significa più avanzi (sprechi) e clienti meno propensi a spendere per piatti che non riescono a finire. Il risultato? I ristoranti, soprattutto quelli più attenti ai cambiamenti di consumo, stanno ripensando i loro menu per adattarsi a una clientela che non misura più la soddisfazione in abbondanza, ma in morsi.
Come racconta New York Times il Clinton Hall è un luogo dove l’abbondanza sembra essere parte del DNA: tavoli di legno lunghi come banchi da birreria, grandi schermi per seguire le partite, 20 spine di birra artigianale che ruotano in continuazione. È il classico posto dove ti aspetti di vedere burger enormi. Eppure, da aprile scorso, qui c’è un nuovo protagonista: il “teeny-weeny mini meal” (in foto cover, ndr), un pasto in versione ridotta pensato per chi assume GLP-1. Per 8 dollari, arriva al tavolo un burger di appena 60 grammi, accompagnato da 40 grammi di patatine fritte e una bevanda mini: una birra, un margarita o un calice di vino da 150 ml.Una specie di “menu bambini” per adulti, ma senza connotazioni infantili: un’offerta calibrata per chi mangia poco. Aristotle Hatzigeorgiou, proprietario del locale, racconta di aver preso ispirazione dalla propria cerchia di amici e conoscenti: “Sono sempre con qualcuno che prende Ozempic o Mounjaro. Mangiano uno o due bocconi e poi si fermano. Volevo evitare sprechi, e soprattutto volevo che continuassero a venire, senza la sensazione di buttare soldi per piatti che non riescono a finire”. È una risposta rapida e pragmatica a un cambiamento che, a New York, molti ristoratori stanno già percependo.
Screenshot
Non è un caso isolato. Sempre a New York, la Renwick Hospitality Group ha introdotto nei propri locali piatti e bevande in formato ridotto, puntando su un’offerta conviviale ma compatibile con piccoli appetiti. Al ristorante italiano Lulla, nel quartiere di Chelsea, l’aperitivo prende la forma di una box per quattro persone con nove assaggini – olive, verdure sott’olio, frutta secca, formaggi, un piccolo pezzo di focaccia fatta in casa, al prezzo di 28 dollari. All’Alderman, in zona Times Square, il cliente può invece comporre il proprio “snack board” scegliendo tra piccole porzioni di affettati, formaggi e stuzzichini vari. Il senso, spiega Gary Wallach, managing partner del gruppo, è duplice: intercettare un segmento di mercato in crescita e offrire un’esperienza che non faccia sentire escluso chi ha meno fame. “Chi prende questi farmaci non esce se sa che non troverà qualcosa che possa ordinare senza sprecare denaro” afferma. I dati confermano il trend: un’indagine di Bloomberg Intelligence ha rilevato che oltre il 50% di chi assume GLP-1 mangia fuori meno di prima, mentre secondo Morgan Stanley il 63% riduce significativamente le ordinazioni quando lo fa. È un cambio radicale rispetto a un passato in cui, come ricorda Dana Gunders di ReFED, “solo alcune donne mangiavano come uccellini. Ora c’è un mercato intero che cerca attivamente porzioni più piccole”.
Mini Martini
Non si tratta solo di cibo: i farmaci GLP-1 riducono anche il desiderio di alcol, un effetto collaterale che alcuni locali hanno trasformato in opportunità. Al Back Bar dell’Eventi Hotel, a Midtown Manhattan, è arrivato il “mini martini”: 60 ml ieale per chi vuole mantenere il rituale del drink ma in quantità gestibili. Il beverage director Jason Hedges racconta che ne vendono circa 35 a settimana, a fronte di 75-80 martini in formato classico. A pochi isolati di distanza, il Fleur Room del Moxy Hotel ha persino istituito un’ora dedicata ai mini cocktail, con un prezzo fisso di 9 dollari. È un segnale che la riduzione delle porzioni può toccare tutti i segmenti dell’esperienza al ristorante, non solo il piatto principale. Alcuni bartender, inizialmente scettici, hanno scoperto che il formato ridotto non allontana i clienti, ma li fidelizza: c’è chi preferisce ordinare due mini cocktail diversi invece di un unico drink grande, trasformando una limitazione fisica in un’occasione di sperimentazione. In questo senso, la risposta del settore non è solo difensiva, ma creativa: adattarsi significa trovare un modo per far sentire il cliente a proprio agio, anche quando le sue abitudini cambiano radicalmente.
L’arrivo di porzioni ridotte, menu calibrati per piccoli appetiti e cocktail in formato mignon non è solo una strategia di marketing: racconta un cambiamento più profondo, che tocca il modo in cui viviamo il cibo e la convivialità. Se fino a ieri il valore di un pasto fuori era spesso legato all’abbondanza, oggi per una parte crescente della popolazione la soddisfazione non sta più nel “quanto” si mangia, ma nel “come” e “cosa” si mangia. È un passaggio che potrebbe ridisegnare interi modelli di business, spingendo i ristoranti a ragionare su porzioni più flessibili, menu personalizzabili e formati pensati per minimizzare sprechi e costi. Ma cosa succederà in futuro? Potremmo assistere all’affermarsi di una ristorazione fatta di micro-esperienze, assaggi e combinazioni su misura? Oppure, al contrario, il desiderio di abbondanza tornerà come reazione a un’epoca di restrizioni alimentari volontarie e farmacologiche? E soprattutto: se l’appetito è da sempre un motore di creatività in cucina, cosa accadrà quando a guidare il menu non sarà più la fame?
Niente da mostrare
Reset© Gambero Rosso SPA 2025 – Tutti i diritti riservati
P.lva 06051141007
Codice SDI: RWB54P8
registrazione n. 94/2021 Tribunale di Roma
Modifica impostazioni cookie
Privacy: Responsabile della Protezione dei dati personali – Gambero Rosso S.p.A. – via Ottavio Gasparri 13/17 – 00152, Roma, email: [email protected]
Resta aggiornato sulle novità del mondo dell’enogastronomia! Iscriviti alle newsletter di Gambero Rosso.
Made with love by
Programmatic Advertising Ltd
© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati.
Made with love by Programmatic Advertising Ltd