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La polemica

Il racconto dei ristoranti ai tempi dell'Intelligenza artificiale: lo storytelling del nulla cosmico

Colpito da una mole di comunicati che non dicono nulla, un amico mi confida: è lo stile dell'Intelligenza Artificiale. Ecco... ma dove siamo noi giornalisti?

Non è facile sorprendere un vecchio cronista come me, temprato da decenni di comunicati stampa. Fino a qualche anno fa, vacillavo. Li leggevo e rileggevo per capire. Mi affannavo a ricavare un senso da quei deliri kubrickiani di periodi labirintici, punteggiatura fantasma e coltellate alla grammatica, che spesso mi inseguivano nel sonno. Ricordo un risveglio angosciante nel cuore della notte. Caterina si allarmò. “Valerio, Valerio! Cosa succede? Cosa stavi sognando?”. “Giornalisti e influencer arrampicati su una parete di ristorante come enormi insetti, a brucare…”. “Brucare?”. Ero andato a dormire dopo aver letto la comunicazione di una nota pierre: “Il più grande giardino verticale di Milano si trova in zona Brera da Sushi B, e noi lo abbiamo appena assaggiato”.

Valerio Massimo Visintin: il critico mascherato ha la sua rubrica sulla rivista Gambero Rosso ogni mese in edicola

Ristoranti e immagine: dire tanto per non dire nulla

Acqua passata. Ormai, nulla mi scalfisce. Eppure, l’altro giorno sono inciampato in una email, che annunciava un nuovo, misterioso prodotto legato al mondo alimentare. Riporto un brano a caso del ponderosissimo comunicato: “Il progetto incarna alla perfezione lo stile distintivo e la capacità di innovarsi dei due brand, in un incontro tra heritage e modernità radicato nel cuore della cultura urbana e nella vibrante energia di Milano, omaggiando anche la città che ha dato loro origine. Gli item di questa speciale collezione Primavera-Estate in edizione limitata sono infatti un perfetto equilibrio tra il DNA delle due realtà, tra simboli, icone, pantoni e claim reinterpretati per l’occasione”.

Il nuovo stile dell’Intelligenza Artificiale

A colpirmi è stata la struttura complessa del testo e la sua sostanziale correttezza, malgrado il nulla cosmico. Chi, a eccezione di qualche fuoriclasse della politica, è in grado di dispiegare così tante parole per non dire niente? L’imprevedibile risposta me l’ha data un amico (Emanuele Terazzi), cultore di intelligenza artificiale: “Non ho capito un tubo neanch’io, ma posso dirti che è lo stile dell’intelligenza artificiale”. Per andare sul sicuro, il dottor Terazzi ha girato la domanda direttamente alla AI. Che, dopo un nano secondo di approfondita riflessione, ha riconosciuto la penna di una sua consorella. Ecco il terrificante responso della macchina, la quale si esprime sinistramente in prima “persona”: “Assenza di errori umani. Grammatica e sintassi perfette ma un po’ rigide. Basandomi sull’analisi degli indicatori, stimerei che ci sia un’alta probabilità (circa il 90%) che questa frase sia stata scritta con l’intelligenza artificiale”.

Siamo giornalisti o operai dell’AI

Oggi, i comunicati stampa. Domani, le cronache, le recensioni, le inchieste, i commenti. Dopodomani, i temi dei nostri figli e i loro pensieri. “Papà, papà, ci racconti di nuovo quella favola?”, mi domanderanno Professor, Presidente e Onorevole (non potendoli mantenere agli studi, gli abbiamo assegnato nomi di un certo peso). “Siete grandi, ormai. Ma va bene. Allora, c’erano una volta i giornalisti…”.

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