
L’appuntamento non può che essere a via Via Principe Eugenio 82, dove c’è il locale cinese più famoso di Roma. Sulla porta, in mezzo a ritagli di giornali, recensioni e foto di persone famose che hanno varcato la soglia, c’è una locandina in bella vista: Fuori, un film di Mario Martone. Entriamo dentro. Sonia, con il suo sorriso contagioso, è al lavoro come tutte le sere negli ultimi 34 anni. Orgogliosa ci indica il suo nome sulla locandina: Sonia Zhou, sotto quello di Valeria Golino, Matilda De Angelis ed Elodie. Ma com’è successo che la ristoratrice dell’Esquilino per antonomasia sia finita sul grande schermo, per lo più, dell’unico film in concorso a Cannes?
Un film impegnato, come direbbe qualcuno, che racconta di quando la scrittrice Goliarda Sapienza, dopo essersi vita rifiutata la pubblicazione del suo capolavoro “L’arte della gioia”, finì in carcere per un furto di gioielli e scoprì un mondo nuovo, fatto di solidarietà tra donne, fragilità, anarchia e libertà interiore. E lì, Goliarda, da ladra di storie quale era, iniziò ad osservare e annotare, diventando a sua volta protagonista dell’estate – quella del 1980 – più surreale della sua vita, dentro, ma soprattutto fuori da Rebibbia: «Lì dentro sono rinata e mi si è rinnovato il linguaggio», dirà in seguito (nasce da lì libro “L’Università di Rebibbia“). In questo universo tutto al femminile, che sembra quasi uno spartito jazz, Sonia si inserisce come una nota inaspettata e creativa, in mezzo ad attrici professioniste, detenute ed ex detenute.
Da ristoratrice ad attrice. Com’è iniziata questa nuova avventura?
A me piace giocare e provare cose nuove. La vita deve essere colorata. E poi non era la prima volta che recitavo: avevo già interpretato il documentario sulla mia vita, girato da Elisa Amoroso (Strane Straniere), che è andato anche al cinema. Nel 2018, invece, sono stata testimonial per Gucci. Così, quando mi hanno proposto questo film, ho deciso di lanciarmi e mi sono concentrata a giocare anche con Mario (Martone; ndr). Indica la foto con Martone al muro, sopra quella con Sorrentino. Poi continua: Prima non avevo la foto con lui e c’era rimasto male (ride). Così ho provveduto.
In alto Sonia con il regista Mario Martone
Ma vi conoscevate già? Ha fatto un provino?
Mario mi conosceva perché con il suo gruppo veniva spesso a mangiare al locale. Così mi chiesero di interpretare questo personaggio cinese che mi assomigliava tanto anche fisicamente: Suzie Wong. Mi hanno spiegato il personaggio e ho fatto anche il provino. Poi, la scorsa estate, sono iniziate le riprese.
Suzie si trova in carcere per spaccio. Ma dentro Rebibbia appare come una donna che fa un po’ da collante tra le altre attraverso il cibo. Ad un certo punto improvvisa anche la cerimonia del the: “Così mi do una ragione di vita”, dice. Ci si rivede?
Sì, Suzie mi somiglia perché è solare, forte e fa amicizia con tutte, anche in quella situazione. Mi piace anche perché è molto elegante. Una delle scene più emblematiche è quella un cui invita le amiche a pranzare e lei cucina per tutte. Ho cucinato io veramente.
E che piatto ha preparato?
Un piatto povero, fatto con quello che si trovava in carcere: pollo, riso e verdure. Magari potrei metterlo in menu e, perché no, chiamarlo proprio Suzie Wong.
Una scena del film Fuori
Conosceva già le altre protagoniste del film?
Conoscevo Valeria (Golino; ndr), che è sempre venuta al locale, fin dagli anni ’90, quando eravamo nella prima sede: a via San Martino ai Monti. Ai tempi lei era fidanzata con Riccardo Scamarcio (anche questo è tutto testimoniato dalle foto sparse nel locale). Matilde De Angelis non la conoscevo ma anche lei mi ha detto di essere venuta al ristorante.
Come è stato ritrovarsi sul set?
Una bella esperienza. Siamo state sia a Rebibbia sia in altre location ricreate per il film. Le riprese sono durate due settimane.
Ci ha raccontato come Sonia è diventata Susie. Ma com’è successo, invece, che Sonia sia diventata Sonia, come oggi la consociamo tutti?
Io sono arrivata a Roma 34 anni fa per quello che si chiama ricongiungimento familiare. Mio marito era cuoco. Allora non parlavo italiano, ma dovevo iniziare a lavorare nel ristorante di mio zio. Ho studiato la lingua. La prima parola che ho imparato a dire è stata “involtini primavera”.
Sonia immagino non sia la vera traduzione del nome cinese…
Il mio nome cinese è Fenxia, che significa aurora profumata. Ma ho scelto di chiamarmi Sonia per un motivo pratico: era breve e non aveva la r dentro, che per noi cinesi è sempre un problema. E poi mi richiamava il concetto di sogno. E io un sogno ce lo avevo. Anzi, oggi posso dire di averlo realizzato.
Qual era il sogno di Fenxia-Sonia?
Far sognare la gente. E avere un ristorante dove proporre la mia cucina, con le mie idee. Ai tempi, erano pochi i ristoranti cinesi in Italia. E quei pochi proponevano quasi tutti lo stesso menu fisso. Ma fino a quando lavoravo nel ristorante di mio zio, non potevo portare le mie idee. La svolta avvenne quando lui, mi lasciò il locale.
Quartiere Esquilino, Piazza Vittorio, Roma
Il segreto del suo successo?
Fare una cucina autentica. Questo mi ha premiato e, a poco a poco, con il passaparola ho iniziato ad avere successo. Poi nel 2001, voi del Gambero Rosso, siete stati i primi ad inserirmi in Guida.
Com’è cambiata la cucina cinese in Italia negli ultimi 30 anni?
Trent’anni fa, come dicevo, i menu erano tutti uguali e gli italiani conoscevano poco la cucina cinese. Negli anni ’90 chiedevano anche cosa fosse lo zenzero. Adesso c’è più consapevolezza e i nuovi chef orientali spingono soprattutto sulla cucina fusion. Ma non noi. Qua è rimasta la vera cucina tradizionale. Poi certo, ci sono dei piccoli accorgimenti per entrare in sintonia con la cultura italiana.
Per esempio?
Per esempio, voi avete l’abitudine di mangiare con un certo ordine a partire dagli antipasti per poi proseguire con i primi. In Cina la distinzione è tra piatti pronti da servire subito e piatti da cucinare. Quindi, secondo questo concetto, i ravioli si mangerebbero alla fine. Noi, però, abbiamo deciso di proporli prima. In fondo qua da noi vengono soprattutto clienti italiani.
Dopo più di 30 anni in Italia, è riuscita ad entrata in sintonia con la cultura locale (ordine dei piatti a parte)?
Ormai quando sono in Cina mi dicono che sono italiana, mentre qua in Italia sono considerata cinese. Però quando torno a Roma e in aeroporto mi chiedono il motivo del viaggio, dico che sto tornando a casa. È così che ormai mi sento qua.
Una scena del film Fuori
Qua è l’Italia, ma è anche l’Esquilino: il quartiere più multietnico di Roma… Si trova bene a viverci?
Ho sempre vissuto in questo quartiere. Quando mi vedono per strada tutti mi salutano e se qualcuno viene al locale e non mi trova si stranisce. Oggi, per esempio, ho incontrato quello scrittore famoso con gli occhiali… Nicola …
Nicola La Gioia?
Sì sì lui. E mi ha fatto i complimenti per il film Fuori. Lo ha già visto e gli è piaciuto tanto.
E lei non lo ha ancora visto nella versione finale?
Non ancora. Lo vedrò domenica al cinema Sacher, dove Mario mi ha chiesto di andare per la presentazione ufficiale con gli altri attori. Non vedo l’ora. Mi ha detto che ci sarà anche il “mio” Nanni Moretti a presentare…
Moretti lo conosce bene?
È un cliente del ristorante. Viene spesso a trovarci e prende sempre le stesse cose: involtini primavera, ravioli di carne alla griglia e poi riso di pollo. Ma attenzione: è un pollo tagliato piccolo piccolo, a forma di riso. Se non ci sono io si sbaglia e gli arriva il pollo con il riso. A volte provo a fargli cambiare menu, ma è molto abitudinario. Ricordo, però, anche quanto sia alla mano. Quando veniva all’altra sede c’era da fare la fila, e una volta gli proposi il tavolo con altra gente. Non si fece problemi.
Dopo l’esperienza dei Fuori, lo girerebbe un altro film?
Perché no? Anzi mi piacerebbe poterlo girare proprio con Nanni Moretti.
La domenica successiva, il film lo vediamo assieme proprio al Nuovo Sacher con il padrone di casa, Nanni Moretti, a presentare gli attori in sala. Quando viene fatto il nome di Sonia, la ristoratrice di piazza Vittorio, è un vero tripudio di applausi. E lei, in prima fila elegantissima, si alza a ricevere tutto il calore del suo pubblico. Non è Cannes, ma è Roma: la sua casa italiana.
«Le ore del nostro presente sono già leggenda» è la scritta che fa da fil rouge al film Fuori. E Sonia, in un certo senso, leggenda lo è già.
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