Ritorsioni

Gli Stati Uniti dichiarano guerra alla pasta italiana. La Molisana: "Non ci resta che spostare la produzione negli Usa"

I super dazi annunciati dalla Casa Banca ammontano al 107% e sono frutto di un'indagine antidumping che riguarda due marchi tricolore. Tremano i pastifici: la misura compromette un mercato da 800 milioni di euro

  • 06 Ottobre, 2025

Dal primo gennaio la pasta made in Italy potrebbe affrontare una tariffa del 91,7% che si aggiunge al 15% già applicato su prodotti come olio, vino e formaggi, raggiungendo così l’aliquota del 107%. Un vero e proprio film horror per uno dei simboli più forti del marchio Italia nel mondo che, su oltre 4 milioni di tonnellate prodotte ogni anno, conta il 60% destinato all’export con gli Stati Uniti secondo sbocco dopo la Germania. Un rincaro che potrebbe riflettersi direttamente sui consumatori americani con il prezzo medio di un pacco di pasta nei supermercati che raddoppierebbe da 3 dollari a circa 6.

L’inchiesta antidumping sulla pasta

La misura è frutto di un’inchiesta antidumping del Dipartimento del Commercio che prende di mira in particolare due marchi di rilievo, Garofalo e La Molisana, accusati di vendere a prezzi troppo bassi tra il luglio 2023 e il giugno 2024. Le indagini americane, durate due anni e sollecitate dai produttori locali, hanno portato a risultati che hanno evidenziato margini di dumping calcolati oltre il 90%. Oltre a Garofalo e La Molisana, sono finiti sotto osservazione numerosi altri pastifici, da Barilla a Rummo, fino a realtà artigiane come Cocco e Liguori. Per chi già produce sul territorio statunitense, come Barilla, l’impatto potrebbe essere limitato, ma per tutti gli altri il rischio sarebbe quello di un drastico ridimensionamento delle esportazioni.

La Molisana pronta a spostare la produzione negli Usa

Le ore successive all’annuncio della Casa Bianca sono state di panico per tutti i produttori. E c’è già chi pensa ad aprire uno stabilimento negli Stati Uniti.  Nello specifico è stato l’ad della Molisana, Giuseppe Ferro, a dichiararlo al Sole 24 Ore: «Cercheremo di discutere con l’amministrazione americana perché con dazi al 107% per noi non è possibile lavorare».

Nel frattempo la questione dei super dazi al 107% sulla pasta sta smuovendo tutto il comparto produttivo che sta cercando una via diplomatica per la risoluzione del problema. «La decisione dei dazi sulla pasta ci penalizza, insieme a tutto il comparto. Per questo stiamo valutando quali iniziative intraprendere, incluso il deposito di una memoria difensiva». Il virgolettato preoccupato – riportato dall’agenzia Agricolae – riguarda il Gruppo Barilla che, avendo anche stabilimenti di produzione negli Usa, è una delle poche realtà che non dovrebbe essere toccata da quella che potrebbe essere una vera e propria ritorsione americana verso la pasta italiana e il made in Italy. Una presa di posizione ostile che rischia di compromettere un mercato da circa 800 milioni di euro all’anno.

Si muovono Governo e Farnesina

Il governo italiano, in coordinamento con la Commissione europea, ha lanciato un appello agli Stati Uniti affinché ritirino un dazio supplementare del 91,74% sulle importazioni di pasta che, sommato al già vigente 15%, aumenterebbe drasticamente i costi per l’export italiano verso quel mercato. Roma sta contestando con decisione le conclusioni dell’inchiesta fornendo assistenza alle aziende attraverso l’ambasciata a Washington. Gli Stati Uniti sono uno dei maggiori sbocchi per la pasta italiana, con circa 800 milioni di dollari di esportazioni. Il comparto pesa nel bilancio commerciale dell’Italia, che nel 2024 ha esportato oltre 2,5 milioni di tonnellate di pasta per più di 4 miliardi di euro. In questo contesto Confindustria ha abbassato le sue stime di crescita per il 2025, segnalando che i nuovi dazi e la congiuntura internazionale potrebbero pesare significativamente sulle esportazioni.

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