Le nuove politiche dell’Usda – il potente Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti – motivate da obiettivi di sicurezza nazionale imposti dal presidente Donald Trump, stanno suscitando allarme nel mondo della ricerca dopo l’introduzione di nuove e severe restrizioni sulla collaborazione tra i suoi ricercatori e quelli stranieri provenienti da Cina, Russia, Iran e Corea del Nord, nell’ambito di un piano federale che punta a rafforzare la sicurezza nazionale e proteggere la filiera agroalimentare da potenziali ingerenze di “paesi avversari”.
Un recente promemoria inviato a ricercatori e dipendenti dell’Usda stabilisce una linea politica per garantire che i fondi supportino esclusivamente l’agricoltura americana e non avversari stranieri. Le direttive si inseriscono in una strategia più ampia per cercare di blindare la ricerca agricola nazionale. «È assurdo che cittadini stranieri provenienti da paesi in questione fossero così vicini alle nostre ricerche cruciali presso l’Usda», ha dichiarato un portavoce del Dipartimento in una dichiarazione alla National Public Radio. Una politica che rientrerebbe nel cosiddetto “Piano d’azione nazionale per la sicurezza agricola” presentato dal Dipartimento insieme ad altri membri del gabinetto dell’amministrazione, come la Segretaria all’Agricoltura Brooke Rollins, per promuovere la produzione, la ricerca e la manifattura nazionale.
Si tratta quindi di un documento che va a imporre linee guida molto precise come il fatto di valutare tutti gli accordi con entità straniere entro 30 giorni, ma anche di specificare obiettivi, benefici per l’agricoltura americana e giustificazioni per la selezione di destinatari stranieri. Un nuovo modus operandi che imporrà anche nuovi divieti per i dipendenti dell’Usda come quello di avere relazioni con governi di altri paesi o, quello di partecipare a programmi di reclutamento di talenti stranieri.
Una delle prime conseguenze è stata il licenziamento di 70 ricercatori non cittadini, provenienti da paesi giudicati “a rischio” — tra cui Siria, Cuba, Sudafrica e Venezuela. Per la maggior parte si è trattato di post-dottorati o studenti stranieri, molti dei quali di nazionalità cinese. Alcuni di loro con green card sarebbero in fase di reintegrazione, ma senza date certe. In sostanza mentre il governo difende la necessità di proteggere l’agricoltura da potenziali minacce estere, scienziati e università denunciano un clima di chiusura e sospetto che rischia di impoverire la scienza americana e compromettere la sicurezza alimentare globale che proprio la ricerca agricola dovrebbe garantire.
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