Il 24 Febbraio del 2022 iniziava la cosiddetta “Operazione militare Speciale”, ovvero le truppe russe mettevano piede in forze e ufficialmente sul suolo Ucraino, tralasciando l’occupazione della Crimea che risaliva al marzo del 2014 con le annesse sollevazioni indipendentiste nel Donbass. Doveva essere una sorta di blitzkrieg che in pochi giorni avrebbe riportato la nazione cosacca sotto il controllo di Mosca. Invece… Invece sono passati più di tre anni, e il conflitto brucia ancora, tra alterne vicende e il sostegno ondivago ai due contendenti della comunità internazionale. Oggi il vertice Russia-Ucraina di Istanbul che potrebbe portare importanti novità, nonostante Putin abbia disertato l’incontro. Noi non siamo una testata di geopolitica, ci limitiamo a osservare le cose dal nostro particolare punto di vista: gastronomia e mondo del vino.
Victoria Agromakova, rappresentante di Wines of Ukraine. In apertura Crimea: bunker in vigna
Con l’Ucraina, come con decine di altri paesi, abbiamo una frequentazione che si è stabilita negli anni nel corso di eventi come i Tre Bicchieri e il Top Italian Wines Roadshow che organizziamo in giro per il mondo. E le nostre strade ci avevano portato a Kyiv ben due volte. Avevamo trovato una città in piena crescita, culturale e di consumi, una fiera internazionale del vino – Wine & Spirits Kyiv – che dedicava ampi spazi al vino italiano e al Gambero Rosso, una ristorazione – italiana e non – in grande crescita, bellissimi locali e tanti progetti di nuove aperture. Tutto finito, almeno per ora, con il Paese sotto al fuoco russo.
I vini ucraini presenti a ProWein 2025
Durante l’ultimo ProWein a Düsseldorf siamo stati allo stand dell’Ucraina che aveva alla regia Victoria Agromakova, rappresentante dell’Associazione Wines of Ukraine e Ceo di Wine & Spirits Ukraine. Nello stand c’erano 12 aziende con i loro vini a rappresentare orgogliosamente una nazione in guerra.
L’Ucraina aveva nella Crimea il distretto vinicolo d’eccellenza e gran parte delle vigne, ricostruite dopo l’indipendenza nel 1991, sono nelle zone di Luhansk e Donetsk ora sotto l’occupazione di Mosca. Le terre a sud affacciate sul Mar Nero hanno una grande vocazione: è qui, come nella Transcarpazia e nelle zone “più sicure” verso il confine ungherese e polacco, che si stanno trasferendo i vignaioli che in fretta e furia hanno dovuto abbandonare sotto le bombe le loro vigne. Di certo, però, non c’è un territorio sicuro al 100% oggi in Ucraina…
Molti vigneti sono stati trasformati in campi minati, altri comunque vanno bonificati dal passaggio dei bombardamenti, dai residui bellici. Eppure, questo popolo non ha smesso di fare vino, anzi i dati parlano di produzioni in crescita costante. Insomma, una storia di grande resilienza per una terra che ospita la viticoltura da almeno 3.000 anni, ma forse anche più, i cui vini erano vantati già al tempo di Erodoto.
«La guerra non ferma le vigne e i vignaioli», ci racconta Victoria citando tanti e diversi episodi. Il più emblematico forse è la storia della più grande casa spumantistica dell’Europa dell’Est, Art Winery: una struttura da 25 milioni di bottiglie l’anno che alla vigilia dell’occupazione è stata sgombrata in fretta e furia da tanti colleghi viticoltori di altre zone che l’hanno svuotata “salvando” nel giro di poiché ore qualcosa come 9 milioni di bottiglie messe al sicuro in tante cantine amiche. Uno sgombero per poter continuare produzione e viticoltura in zone meno esposte.
E comunque in tempo di guerra il vino continua a scorrere. Con tanta importazione, settore dove l’Italia sta giocando un ruolo da protagonista. Siamo il primo paese nella lista e rappresentiamo il 42,5 del mercato contro il 36,2 di prima dell’invasione. E se per gli ucraini la bottiglia italiana è un acquisto sicuro, dai nostri veloci assaggi a ProWein emerge un panorama enologico ucraino che merita d’essere scoperto. Sono vini eleganti, ben fatti tecnicamente, spesso figli di vitigni autoctoni millenari o di incroci creati in zona con varietà locali e non. Tutti hanno in comune schiettezza e carattere deciso, come chi li fa.
Speriamo di brindare presto con queste etichette che vogliono affacciarsi sul mercato internazionale alla fine di questa guerra. Prosit!
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