Un paese civile si vede dalle sue carceri, diceva il buon Marco Pannella con in bocca il solito sigaro. Molto più in piccolo, la civiltà di un paese si vede anche da come i ristoranti, bar, enoteche accolgono i loro clienti senza fare discriminazioni. Un paese civile si vede anche da come i figli di questi clienti sono stati educati a stare a tavola. Di più e viceversa: un paese civile si vede dalla libertà che le famiglie hanno di portare i loro pargoli negli esercizi pubblici. Il paragone è azzardato, direte voi, ma vista l’ennesima discussione incivile non lo è.
Osteria del Sole, pieno centro di Bologna, una delle più antiche al mondo, qui i bambini non sono più i benvenuti. Lo esplicita un bel cartello fai da te appiccicato sulla vetrina che simula un divieto d’accesso, dietro al solito cerchio rosso con sbarra diagonale compare l’immagine stilizzata e bruttina di una mamma che spinge un passeggino color azzurro. Ci fosse una volta che i figli vengano associati al papà! Ma non è questo il punto, semmai quello che stupisce è la decisione stessa, bizzarra, arrogante, figlia di una cultura dell’esclusione.
I titolari si sono difesi dicendo che dopo vari spiacevoli episodi hanno deciso di mettere qualche paletto, e che il loro non è un vero divieto, semplicemente sconsigliano di venire con la prole. «Abbiamo notato – ha detto Nicola Spolaore – che sono i bimbi della famiglie italiane a fare più caos, forse perché gli stranieri sono più severi o più abituati a portare i loro figli nei locali». I bambini, si affrettano a dire, non c’entrano nulla. I veri responsabili sono i genitori, «spesso maleducati». Non trovo in questa motivazione niente di condivisibile, tutt’altro la considero una scelta ingiusta, che sacrifica il ruolo sociale del ristorante stesso. Ma soprattutto la legge non permette ai titolari delle attività di ristorazione di vietare l’ingresso tour court a specifiche categorie di persone; stando a quanto ha spiegato l’avvocato Elia Ceriani alla Cucina Italiana, «impedire l’ingresso dei bambini al ristorante non è legale». Come un ristoratore «non può impedire l’ingresso di un cliente per motivi come l’abbigliamento, così non può farlo per l’età. Non è un giustificato motivo, e cioè non è una ragione abbastanza valida».
E poi dal punto di vista culturale come la mettiamo? Il paese che candida la sua cucina a diventare patrimonio Unesco vieta o ai futuri clienti di entrare in trattoria? Il segnale è sconfortante. E non è il solo, perché molti altri ristoranti in Italia non permettono l’accesso ai bambini sotto a una certa età, stellati e forchettati inclusi. Poi magari sono gli stessi posti che non forniscono neppure un fasciatoio a madri e padri costretti a cambiare i pannolini con movimenti acrobatici. Quello sì che è incivile. Ma, insomma, a casa propria ognuno può fare ciò che vuole. Ci appelliamo al buon senso, sempre che in Italia ancora ci sia.
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