All’angolo di Rua das Portas de Santo Antão un piccolo banco in legno scuro custodisce la memoria e il gusto di Lisbona, forse ancora per poco. È la Ginjinha Sem Rival, una delle botteghe più antiche della città, che da quattro generazioni porta avanti l’arte del tradizionale liquore all’amarena tipico di queste terre. Oggi questo piccolo bar di soli 10 mq rischia di chiudere a causa della decisione di un investitore tedesco di trasformare l’edificio che lo ospita in un hotel. Una minaccia contro cui i proprietari hanno giurato battaglia, impugnando l’ordine di sfratto arrivato il mese scorso e decidendo di restare aperti pur di preservare l’anima di un centro storico ormai dominato da negozi di souvenir e catene di caffetterie.
L’edificio che ospita la storica Ginjinha è stato acquistato nel 2023 dal gruppo tedesco Europe Hotels International, che lo ha trasformato nell’”O Artista Suite By Europe”. L’obiettivo dichiarato è rinnovare e ampliare lo spazio, trasformandolo in un hotel di fascia alta con servizi su misura per turisti internazionali. Per realizzare questo progetto, l’attuale proprietario dell’edificio, Axel Gassmann, ha però deciso di rescindere il contratto di locazione del centenario negozio, che a fine giugno ha ricevuto l’ordine di chiudere. Una richiesta di sfratto su cui Nuno Gonçalves, pronipote del fondatore, promette di combattere fino alla fine, anche se ciò significa arrivare in tribunale.
«Basta con i soprusi! La Ginjinha è nostra, è della città!» si legge nell’appello social dei gestori, che manifestano contro la chiusura non solo di una bottega ma di un simbolo identitario di Lisbona. «Vogliamo una Lisbona con i lisboeti e con i vecchi negozi tradizionali. Ne abbiamo abbastanza di vedere la nostra città svenduta, scambiata, chiusa, distrutta, rubata, plastificata e disneyficata». Ed è proprio in quest’ultima parola che si nasconde la paura più profonda: vedere la città trasformarsi in un parco divertimenti.
È il paradosso dell’overtourism e di una città che si consegna a partner finanziari per diventare “experience”, finendo per privare i propri cittadini dei suoi luoghi di autentici. E il caso della Ginjinha Sem Rival rappresenta solo l’ultimo esempio dell’impatto di questa dinamica sul tessuto storico e sociale della capitale portoghese. Nel giro di un decennio, il turismo ha raggiunto numeri record: 6,8 milioni di visitatori nel 2010, oltre 18 milioni nel 2016, con ricavi che nel 2023 hanno superato i 25 miliardi di euro, secondo l’Instituto Nacional de Estatística. Eppure, malgrado la crescita economica, sono proprio le famiglie di Lisbona a pagare il prezzo più alto. Quasi 20mila abitazioni sono state convertite in affitti brevi per turisti, mentre i prezzi di affitti e case, come riportato dal quotidiano britannico The Times, sono saliti dal 2015 rispettivamente del 94% e del 186%, costringendo i residenti storici a lasciare i quartieri centrali. La stessa sorte che oggi minaccia la famiglia Gonçalves.
Nonostante il locale sia, infatti, riconosciuto come “loja com história” – status che Lisbona assegna alle botteghe storiche per tentare di frenare l’ondata di sfratti – il programma comunale non offre protezione legale in caso di scadenza o risoluzione del contratto d’affitto. La liberalizzazione delle locazioni commerciali del 2012 ha lasciato centinaia di antichi esercizi in balia delle decisioni dei nuovi proprietari, in particolare imprenditori stranieri. È proprio in seguito a quella riforma che il bar si è trovato costretto a firmare un nuovo contratto, scaduto il quale il gruppo alberghiero tedesco ha deciso di procedere allo sfratto, rifiutando ogni trattativa.
La questione è ora affidata ai giudici, che lavoreranno per individuare una soluzione, mentre i titolari della Ginjinha restano fermamente determinati a non arrendersi. Tuttavia il problema persiste in tutto il Portogallo, dove la diffusione di negozi di souvenir e la speculazione sugli immobili storici stanno diventando fenomeni sempre più evidenti e difficili da ignorare. I simboli di un circolo vizioso che rischia di svuotare di significato il turismo stesso, riducendolo a una semplice fila davanti al prossimo locale dove il liquore all’amarena arriva direttamente dal supermercato.
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