Dapprima fu una una cucina di tradizione italiana con importanti influenze orientali. D’altra parte Masaki Kuroda è chef nato a Kumamoto, sull’isola Kyushu, che con la Sicilia ha in comune il calore dei luoghi a sud. Oggi il cerchio si chiude e il cuoco torna ad abbracciare la cultura da cui proviene, quella giapponese. Masaki e Sabrina Falconi hanno infatti consegnato le chiavi del Serendepico, il ristorante che dal 2015 gestivano a Gragnano, sulle colline di Lucca.
D’ora in poi si dedicheranno al Nida, la creatura nata tre anni fa. «Eravamo in piena pandemia, offrivamo solo specialità giapponesi da asporto», spiega Sabrina Falconi, arrivata al Serendepico nel 2012 quando ai fornelli ancora c’era Damiano Donati, dopodiché Oscar Severini e infine Masaki Kuroda. Il cuoco nipponico aveva rinunciato a un futuro da architetto in nome della folgorazione per il gusto italiano, trasferendosi in Toscana una quindicina di anni fa, per imparare alla Scuola di Cucina di Gianluca Pardini, dopodiché sono arrivati gli stage da Uliassi, Cogo, La Locanda del Pilone ad Alba, Butterfly da Fabrizio Girasoli e infine il Serendepico con Donati, dove finirà per mettere radici e fare famiglia. «Inizialmente il Nida ci ha permesso di sopravvivere alla pandemia – prosegue la “rouge” Falconi, accogliente anima della sala – dopodiché il successo è andato crescendo, tanto da imporci una scelta».
Così dallo scorso lunedì eccoli qua, cuoco e maître, puntare su sashimi, ramen, manzo wagyu in un piccolo spazio che a malapena raggiunge i trenta coperti quando il casolare in cui era nato Serendepico offriva un ampio giardino dalla macchia mediterranea, perfetto per le fughe dalla calura estiva. «Stiamo valutando una nuova gestione per l’anno nuovo», dice Alessandro Ciomei, il proprietario del “Relais del Lago", la bella struttura ricettiva che si accompagna al Serendepico e che tanto negli anni ha creduto nelle sue potenzialità. D’ora in poi niente più risotto al bisque di crostacei e crema di scampi per Masaki Kuroda, e neppure capelli d’angelo con carpaccio di tonno e gazpacho, bensì i capisaldi della cultura del Sol Levante in cui non fare mancare il tocco personale dello chef. Quindi via libera al sashimi di cui i giovedì giappo al Serendepico avevano eletto Masaki un grande maestro.
E poi il ramen di cui è espressione l’ottimo Miso Tantan, un ramen piccante, ma anche il Tonkotsu Eby. Una cinquantina le voci in carta al Nida, con un menù degustazione di dodici portate attraverso il quale vengono toccate tutte le cotture: la griglia, il fritto, il vapore, il crudo. Un viaggio che gioca molto sulle contaminazioni, liberando la vena creativa dello chef. E tra gli ingredienti del viaggio c’è anche il tipico manzo giapponese, il wagyu, risultato della fusione degli ideogrammi “wa” (Giappone) e “gyu” (manzo) in cui si riconoscono le quattro razze Kuroge, Akage, Tankaku e Mukaku. Ne sono espressione lo spiedino Yakitori con pomodorino scottato e bisque di crostacei al basilico, ma anche il katsu-sando ossia un sandwich con pane in cassetta fritto in cui la tradizione nipponica include una cotoletta di maiale, mentre al Nida si trasforma in uno street food di eccellenza grazie all’inserimento del wagyu. Ci sono poi il wagyu don con uovo, il maguro don, il wagyu simple: una bistecca leggermente scottata servita con un pizzico di sale e le sue salse, ma talmente buona da degustare al meglio senza fronzoli.
Nida ha un triplice significato: in giapponese significa “terreno fertile”, mentre in slang lucchese identifica qualcuno che prosegue senza timore. Infine è il frutto della fusione delle ultime sillabe dei cognomi dei due soci: la bresciana Sabrina Falconi, sommelier di vino ma anche di sakè, e il giapponese Masaki Kuroda. Dove li trovate? In via Nicola Barbantini 338 (tel 375.6486320, si prenota al link https://nida.superbexperience.com), nei pressi dello stadio di Lucca, proprio di fronte alla curva della tifoseria ospite, aperti dal martedì (il martedì solo a cena) al sabato per pranzo, cena e asporti. Quest’ultima: la loro grande forza.