Celebrata da secoli con riti e usanze di origine pagana, la notte fra il 23 e il 24 giugno รจ da sempre rischiarata dalle fiamme dei fuochi di San Giovanni a cui, neanche a dirlo, si uniscono i piaceri della gastronomia.
Quella a cavallo tra il 23 e il 24 giugno รจ conosciuta come โNotte delle stregheโ, ma anche dei falรฒ, che un tempo gli anziani accendevano per purificare la terra e scacciare le forze occulte della natura.
L’iperico
Cosรฌ, la rugiada che inumidisce i prati, pare abbia miracolose facoltร rigenerative: rotolarsi durante questa magica notte sullโerba bagnata fa guarire quanti soffrono di reumatismi, dicevano un tempo. E questa rugiada sembrerebbe miracolosa anche quando si poggia su alcune erbe, come la ruta, l’artemisia, la salvia, la menta o l’iperico, noto anche come โerba di San Giovanniโ e un tempo ritenuto potentissimo contro i malefici e il malocchio.
In questa magica notte entra in gioco anche l’aglio: famoso il proverbio โChi non compra aglio a San Giovanni, รจ povero tutto lโannoโ, che ricorda pure Giovanni Pascoli in una poesia dedicata proprio al Santo (la si trova ne โLe canzoni di Re Enzioโ). Anche nel libro โSanta pietanzaโ di Lydia Capasso e Giovanna Esposito c’รจ un passaggio che sottolinea il ruolo dell’aglio: โLa festa di San Giovanni a Roma e nel Lazio รจ antichissima โ si legge – Innestatasi sulla precedente festa della mietitura, consacrata a Cerere, si caricรฒ poi di tutti i significati esoterici che accompagnano il giorno del Battista, e soprattutto la notte precedente, in tante culture. Si credeva che le streghe, in viaggio sulle loro scope verso il famigerato noce di Benevento, si divertissero a inscenare una scatenata sarabanda nel cielo sopra la basilica di San Giovanni in Laterano; cosรฌ nella piazza, centro dei festeggiamenti per il popolo romano, la gente portava con sรฉ corone d’aglio, erbe magiche e tutto quanto potesse essere utile ad allontanarleโ.
Ma le usanze legate a questa ricorrenza sono tantissime. Il nocino, per esempio, รจ un prodotto da preparare obbligatoriamente con le noci acerbe raccolte nella notte precedente di San Giovanni, dal mallo tenero e โcolte dalle mani di fanciulle a piedi nudi quando la preziosa e benefica rugiada le ha bagnateโ. Si legge sempre in โSanta pietanzaโ, dove le autrici aggiungono: โPerchรฉ il nocino, o nocillo, sviluppi nell’infusione il suo potere, i frutti devono essere in numero dispariโ. Una tradizione senza etร e apparentemente senza senso che nonostante tutto รจ stata tramandata nel tempo.
Poi ci sono le lumache. A Roma e in generale nel Lazio, il 24 giugno si pranzava a base di lumache (lo si fa tuttora!) nonostante avessero un significato discrepante: da un lato le loro corna ne facevano un simbolo di discordia, che bisognava seppellire nello stomaco, dall’altro erano un segno di buon augurio che andava consumato in abbondanza per scongiurare ogni disgrazia.
a cura di Annalisa Zordan
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