La storia dello chef di montagna che sta cercando di rivoluzionare il modo in cui mangiamo la selvaggina

5 Dic 2023, 16:21 | a cura di
Formazione dei cacciatori, dei macellai e dei cuochi: il lavoro per realizzare una filiera eco-alimentare della selvaggina della provincia del Verbano-Cusio-Ossola vede protagonista anche uno chef, Matteo Sormani di Locanda Walser Schtuba

Matteo Sormani ci lavora dal 2015, otto anni che si apprestano a diventare nove per costruire una Filiera eco-alimentare nella provincia del Verbano-Cusio-Ossola. Quell'angolo di Piemonte a un passo dalla Svizzera in cui si trova la sua Locanda Walser Schtuba. È qui che con tenacia ha inseguito il sogno di mettere a sistema la catena della carne selvatica. Lo ha raccontato ad Alba, nel corso di Food For Future Festival, quando – sul palco insieme a due grandi cantori della cucina di montagna come Alessandro Gilmozzi (El Molin) e Alessandro Gavagna (La Subida) - ha parlato delle sfide e delle opportunità che questa carne rappresenta e dei molti ostacoli che incontra. Alcuni di tipo emotivo: il momento cruento della morte dell'animale è impossibile da ignorare e spesso è uno scoglio insormontabile, altre di tipo pratico, poiché in Italia l'attività venatoria è relegata al livello di passatempo, non costituisce una professione, così organizzare una catena di approvvigionamento regolare, sicuro e tracciato risulta quasi impossibile.

Per questo molti ristoratori si riforniscono da grandi distributori con carni in arrivo da altri paesi. Peccato: «Non dobbiamo dimenticare una cosa: andiamo a lavorare un animale locale, nato libero, vissuto libero, morto libero», spiega Sormani, che aggiunge: «La caccia nel 2023 deve essere questa». Il che significa: carne di grande qualità, che – come dicevamo un paio di anni fa – risponde a dei requisiti di sostenibilità ed eticità ben più di tanti allevamenti, con tutto quel che comporta dal punto di vista organolettico. Così Sormani ha deciso di correre ai ripari e lavorare per registrare un marchio che possa far conoscere i valori di queste carni, promuovendone la conoscenza tra consumatori privati e ristoratori.

Caccia

La Filiera eco-alimentare

Il progetto nasce nel 2015 da una collaborazione tra Ars.Uni.Vco, l'Associazione per lo Sviluppo della Cultura degli Studi Universitari e della Ricerca nel Verbano Cusio Ossola, l'Università di Milano, Unione Montana Alta Ossola e grazie a un contributo della Fondazione Cariplo. «Prima di tutto c'è stato Roberto Viganò, un veterinario che in collaborazione con il parco ha fatto un monitoraggio sullo stato degli ungulati nella nostra zona», spiega Sormani. Ne è emerso che la proporzione tra cacciatori e animali - soprattutto cervi, caprioli, camosci e cinghiali - era di uno a tre: «Ogni cacciatore poteva cacciare tre capi. Ma alla fine in una famiglia media non si consuma più di un animale selvatico l'anno. Delle tre bestie quindi, uno veniva mangiata, una regalata e, di solito, la terza finiva in freezer fino all'anno successivo, e poi spesso finiva per essere buttata. Oppure» e qui fa una sosta «entrava in qualche ristorante, perché per queste attività è ammessa la commercializzazione entro i cinquemila euro, ma senza alcuna tracciabilità e senza certezza sul modo in cui la bestia veniva trattata». Obbligando così i cuochi a lavorare la carne con marinature robuste e lunghe cotture per abbattere possibili contaminazioni batteriche, come da tradizione. «Ma oggi sappiamo che l'uso migliore di questa carne ricca di ferro, vitamine, omega 3 è il consumo da cruda o con una cottura al rosa per non snaturarne la qualità». Il punto è che deve essere trattata nel modo corretto, a partire dal momento in cui viene abbattuta.

Walser Schtuba SPALLA DI CERVO MARINATA CON AGLIO ORSINO E LIMONE

Spalla di cervo marinata con aglio orsino e limone del Walser Schtuba

La formazione della filiera

Dopo una prima fase di studi e ricerche si è passato alla formazione e alla costituzione degli strumenti e i soggetti della filiera. «Abbiamo cominciato a fare formazione con un progetto finanziato da Cariplo. Formazione dei cacciatori, dei macellai e dei cuochi». Si parte da una caccia di selezione, «che permette di mantenere in equilibrio l'ecosistema: la catena naturale si è interrotta per mancanza di rapaci. Con questo tipo di caccia si ristabilisce l'ordine con un piano di abbattimento studiato sulla base di un censimento della nostra vallata, che è divisa in tre comparti. Il punto di riferimento è, appunto, Roberto Viganò, che vive sul territorio, insieme all'università e al parco, così che venga monitorato anche l'impatto ambientale».

I cacciatori sono stati istruiti su come abbattere l'animale in modo che le carni non vengano rovinate e siano il più sane possibile, «per esempio spiegando che è necessario sparare a vista e non in lontananza magari senza capire dove sta andando l'animale».

Walser Schtuba cinghiale in doppia cottura con il suo fondo e carotine

Cinghiale in doppia cottura con il suo fondo e carotine del Walser Schtuba

Poi è stata fatta formazione ai macellai, sono tre quelli della zona che hanno voluto investire in questa filiera: Berini, Maffeis, e Bernardini. Non è stato facile, ci sono delle regole precise che impongono diversi passaggi: «L'animale deve avere periodo di riposo con il pelo, per cui serve un'area di stazionamento adeguata alla selvaggina, dove viene portato l'animale appena abbattuto in attesa delle analisi della Asl veterinaria, che in genere si effettuano nel giro di qualche giorno, quando si hanno un po' di capi. Quando c'è l'ok la bestia viene trasportata con camion frigo al macello dove la selvaggina rimane separata fino alla macellazione. Dopo di questa viene lavorata la carne. Il cacciatore che è proprietario della bestia, può fare vendita diretta al ristorante o fare cessione al macellaio che la lavora».

Walser Schtuba millefoglie di patate lingua di cervo e ribes

Millefoglie di patate lingua di cervo e ribes di Walser Schtuba

Poi c'è la formazione ai ristoratori: «A loro abbiamo spiegato tutto sulla carne: la tipologia, la qualità e i vari tagli; con questa filiera oggi si può usare l'animale quasi completamente e non servono lunghe cotture e marinature come un tempo. Ma rompere i sistemi di lavoro è complicato, faccio una fatica bestiale a parlare con colleghi di questa cosa». Per ora sono in 5 nella provincia ad aver abbracciato questa visione: «Chi aveva voglia di mettersi in discussione e provare cose nuove ha recepito bene il progetto, ma anche chi è rimasto su lavorazioni tradizionali ora sa che può avere carni locali e di qualità».

Ovviamente questa filiera richiede un'organizzazione che parte dalla materia prima, non si programmano gli ordini ma si lavora quando c'è disponibilità del prodotto: «Per noi è più semplice, lavoriamo con questa modalità per tutto: gli agricoltori ci portano tutto quel che hanno quando è il momento migliore, con gli allevatori è lo stesso, ci chiamano loro quando macellano e arriva la bestia intera o la mezzena. Abbiamo spazi ampi, è nato prima il progetto e poi ci siamo adeguati. Così, in una zona prettamente stagionale riusciamo a essere aperti tutto l'anno. È un sistema di ristorazione che mi permette di avere i miei fornitori, la mia squadra, a tutti garantisco il sostentamento giusto. Certo, è diverso da ordinare un filetto a settimana e stop: è più complicato ma così ho tutto, anche le parti per i fondi, per i brodi, ho creato un sistema azienda che lavora così».

Walser Schtuba OSSOBUCO DI CERVO CON PATATE ALLO ZAFFERANO DI MONTAGNA E CAVOLO ROSSO

Ossobuco di cervo con patate allo zafferano e cavolo rosso del Walser Schtuba

Da parte sua Matteo Sormani oggi usa parti un tempo impensabili, come cervella, lingua, ossobuco, praticamente non ci sono tagli nobili: «Filetti e cosce tendenzialmente non le prendiamo, lavoriamo la parte anteriore». Ne fanno carpacci e tartare, la spalla viene marinata nel gin e servita con biete, aglio orsino e limone, c'è poi lo spaghetto quadrato mantecato al burro affumicato con bottarga di cuore di cervo, tra i secondi il cervo in quattro versioni: lingua al bbq con salsa all'aglio orsino, spiedino di cervella con cavolfiore, ossobuco con patata schiacciata, costina o noce del controfiletto «unica parte nobile», semplicemente scottata e finita con burro al larice.

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