Agroalimentare

Il Covid spinge in basso il fatturato delle imprese: cali per 6 aziende su 10

Cambiano le strategie degli imprenditori dopo il lockdown ma sarร  necessario un piano pluriennale che favorisca concentrazione, innovazione tecnologica, investimenti. Il โ€œpreโ€ e il โ€œpostโ€ emergenza nel rapporto Nomisma per Centromarca e Ibc E la Bellanova garantisce: โ€œLโ€™agroalimentare sarร  centrale nelle politiche di spesa legate al Recovery fundโ€.

  • 28 Settembre, 2020

A tre mesi dalla fine del 2020, lโ€™alimentare italiano prova a fare una stima piรน precisa rispetto ai mesi scorsi dellโ€™andamento economico del comparto. Lo fa in uno scenario inaspettato, particolare, unico nella storia dellโ€™industria nazionale. E lo fa in un anno che, da un lato, ha stravolto i piani delle imprese costrette a una chiusura forzata delle attivitร  e che, dallโ€™altro, si avvicina alla fine portandosi dietro molte incognite non solo economiche ma anche sanitarie nella lunga strada che dallโ€™autunno appena iniziato porta allโ€™inverno.

Lโ€™impatto sui ricavi

Non รจ il caso di nascondersi. Il 2020 si chiuderร  con un segno meno per il cosiddetto โ€œeffetto Covidโ€, che determinerร  un calo di fatturato per oltre 6 imprese su dieci (62%) e sarร  superiore al 15% per il 28% del campione. Lo dice chiaramente il rapporto Lโ€™industria alimentare italiana oltre il Covid-19, redatto da Nomisma per Centromarca e Ibc (Associazione industrie beni di consumo), presentato a Bologna. Il sondaggio realizzato su 200 imprese italiane del food & beverage (aprile-maggio) evidenzia come appena il 20% degli imprenditori preveda a fine 2020 un incremento del fatturato, tra Italia ed estero, a fronte di un 15% per i quali i ricavi saranno stabili rispetto allโ€™anno precedente. Il trend รจ confermato dai dati sul giro dโ€™affari rispetto allo stesso periodo 2019 che segnano -9,5% ad aprile, -5,8% a maggio e -1,1% sia a giugno sia a luglio.

Investimenti, vince la prudenza

Con i ricavi in calo, anche gli investimenti previsti stanno subendo, e subiranno, dei contraccolpi. Prima dellโ€™emergenza sanitaria, oltre otto aziende su dieci (82%) avevano messo a bilancio e previsto degli investimenti per questโ€™anno. Cosa รจ cambiato? Lโ€™effetto Covid qui รจ evidente, nel momento in cui lโ€™impresa ha assunto, giocoforza, un atteggiamento โ€œprudenteโ€: la mancanza di liquiditร , le difficoltร  di accesso al credito e la congiuntura negativa hanno spinto il 38% degli imprenditori a rimodulare gli investimenti e il 31% di esse a rinviarli del tutto. Cโ€™รจ, ovviamente, secondo il sondaggio Nomisma, un 31% che prevede di confermare gli investimenti, destinandoli soprattutto allโ€™acquisto di impianti e macchinari funzionali al ciclo produttivo (86%), ma anche alle nuove tecnologie (46%) e alla ricerca e sviluppo di nuovi prodotti (39%).

tastiera computer con tasto per comprare online

Apertura alle nuove tecnologie

Tra le novitร  emerse in questa fase emergenziale cโ€™รจ sicuramente lo sforzo in innovazione. Anche in questo caso, si puรฒ notare come il Covid-19 abbia determinato, allโ€™interno della filiera agroalimentare, uno sviluppo delle vendite online e una diffusione della digitalizzazione. I dati resi noti da Nielsen, in una recente indagine tra fine febbraio e metร  giugno, hanno testimoniano lโ€™importanza delle vendite online che, per il solo comparto cibo e bevande, sono cresciute del 152% rispetto a un anno prima, con un +132% registrato nella cosiddetta Fase 2 (inizio maggio-metร  luglio). โ€œNon si รจ trattato di un fuoco di pagliaโ€ commentano gli analisti di Nomisma, ricordando che โ€œi consumatori hanno compreso i vantaggi della spesa onlineโ€ e che, di fatto, โ€œindietro non si tornaโ€. Il risultato รจ che, nei prossimi mesi, il 33% delle imprese pensa di potenziare lโ€™e-commerce e la propria presenza sui social network.

I primi 7 mesi 2020

Lโ€™importanza dellโ€™industria di trasformazione alimentare si รจ confermata nei primi sette mesi del 2020. Le vendite alimentari al dettaglio (+3,3% rispetto al -17,6% degli altri prodotti relativamente al periodo gennaio-luglio 2019) hanno sostenuto anche lโ€™attivitร  della Grande distribuzione (+4,4% contro un valore delle vendite complessive nello stesso canale del -4%) e delle piccole superfici (+3,9%), un format, questโ€™ultimo, che negli ultimi cinque anni ha registrato cali di fatturato costanti.

Italia quinta potenza nellโ€™export food

A fine 2019, lโ€™industria alimentare italiana (che vale lโ€™11,5% del comparto manifatturiero, dopo macchinari e metalmeccanico) ha raggiunto importanti successi che ne hanno fatto la quinta potenza mondiale nellโ€™export del food&beverage (dopo colossi del calibro di Stati Uniti, Germania, Paesi Bassi e Francia), la terza a livello Ue per valore aggiunto prodotto (dopo Germania e Francia) e la seconda per produttivitร  (dopo la Francia). A tale risultato ha contribuito il posizionamento medio di prezzo di alcune categorie tipiche del Made in Italy che รจ tra i piรน alti, come formaggi, olio extravergine di oliva, prodotti da forno e derivati del pomodoro.

Punti deboli

Ma quali sono, allora, i punti deboli del sistema italiano? Nel rapporto presentato a Bologna, ed edito da Egea, emerge una fotografia di un comparto ancora โ€œpolverizzato, costituito essenzialmente da imprese di piccole dimensioni, che affrontano con difficoltร  il mercato globaleโ€. Meno di 8 mila aziende su 56 mila hanno piรน di nove addetti; mancano strategie di branding, piani per lโ€™internazionalizzazione, progetti per lโ€™integrazione delle tecnologie digitali: โ€œPer lโ€™industria alimentareโ€ commenta Alessandro dโ€™Este, presidente di Ibc โ€œla prioritร  รจ crescere dimensionalmente, senza perdere quelle caratteristiche di eccellenza che fanno la differenza sul piano competitivoโ€. Lo conferma, come rileva Ibc, il fatto che 49 realtร  produttive, con un giro dโ€™affari superiore ai 350 milioni di euro, sviluppano il 36% del fatturato italiano del settore, il 52% dellโ€™export, il 34% del valore aggiunto e concentrano il 23% degli occupati. โ€œPiccolo รจ belloโ€ osserva Francesco Mutti, presidente di Centromarca โ€œma รจ evidente che lโ€™impresa, che lavora con tempi lunghi, ha bisogno di certezze sul futuro e, ad esempio, di norme che agevolino la possibilitร  di fare rete con altre aziendeโ€.

Lโ€™ereditร  della pandemia

Per le imprese del food, la pandemia significa anche effetti a lungo termine. Secondo quanto emerso nel rapporto, il consumatore si รจ focalizzato maggiormente sullโ€™italianitร  delle produzioni. E un tale cambiamento dโ€™attenzione porterร  a un rafforzamento delle relazioni tra gli operatori lungo la filiera. Pertanto, gli obiettivi di sostenibilitร  ricercati dai consumatori ma anche imposti dalle politiche comunitarie (Green deal) โ€œfavoriranno gli investimenti green nelle imprese alimentariโ€ scrive Nomisma โ€œcosรฌ come la diffusione dello smart working peserร  necessariamente sulla spesa per consumi fuori casa. E, quindi, sul recupero e tenuta della ristorazione nelle grandi cittร โ€. E a preoccupare non รจ tanto lโ€™estero quanto il mercato interno: 7 imprese su 10 ritengono che occorreranno anni per recuperare quanto perso in termini di consumo sul fronte dei valori, anche alla luce della crisi economica e del calo di redditi che interesserร  gli italiani nei prossimi mesi.

Lโ€™export

I primi 7 mesi del 2020 sono stati positivi per lโ€™alimentare italiano (+3,5%) a fronte di un calo complessivo di tutte le esportazioni, pari a -14%, nonostante aprile e maggio abbiano registrato rispettivamente -1% e -12%. โ€œLe diverse modalitร  adottate nel mondo, nei tempi e nellโ€™applicazione del lockdown, hanno determinato performance differenti nellโ€™export dei nostri prodotti, penalizzando principalmente quelli venduti in Horecaโ€ afferma Denis Pantini, responsabile Agroalimentare di Nomisma e curatore del rapporto โ€œe si spiegano cosรฌ, per esempio, il -4% nellโ€™export di vino e, allโ€™opposto, il +25% della pasta italiana o il -7,8% dellโ€™export alimentare francese contro il +2,7% di quello spagnoloโ€.

Il sondaggio Nomisma sulle attese post-Covid allโ€™estero denota maggiore ottimismo rispetto alle stime sullโ€™Italia, anche se le incognite si chiamano Brexit senza accordo dal 1 gennaio 2021 (che vale 3,1 miliardi di euro) e lo spettro dei dazi negli Stati Uniti (per 4,5 miliardi di euro). Cโ€™รจ un 38% di imprese intervistate che teme una riduzione dellโ€™export alimentare italiano per il biennio 2020-2021 e un terzo delle aziende imputa un calo nel posizionamento dei nostri prodotti a un maggior protagonismo delle imprese locali nei mercati target.

Il ruolo del Mipaaf

รˆ Teresa Bellanova a illustrare gli obiettivi del Mipaaf in relazione al Covid-19: โ€œStiamo operando per il consolidamento e la ripresa del mercato internoโ€ spiega la Ministra per le politiche agricole nel suo intervento โ€œvogliamo rafforzare il posizionamento estero del nostro agroalimentare attraverso il Patto per lโ€™export firmato alla Farnesina, in quei mercati che possono permettersi il lusso del made in Italy. Inoltre, dobbiamo affrontare la crisi della ristorazione ed รจ per questo che punto a erogare entro fine anno i 600 milioni di euro stanziati. Dobbiamo, poi, investire in innovazione, nello sviluppo dellโ€™e-commerce e nella digitalizzazioneโ€. Tutto il sistema agroalimentare nazionale dovrร  essere โ€œcentrale nelle politiche di spesa relative ai miliardi previsti dal Recovery fund. Il settore primario e lโ€™industria alimentareโ€ per Bellanova โ€œnon potranno non essere protagonisti. Anzi, il Mipaaf si candida a essere uno dei ministeri in grado di operare una spesa altamente qualificataโ€. โ€œIl Recovery planโ€ conclude Paolo De Castro, europarlamentare e membro del Comitato scientifico di Nomisma โ€œรจ una straordinaria occasione per lโ€™Italia. Oggi che si parla di filiere e di capacitร  di mettere assieme la catena del valore dobbiamo farlo tutti con lo stesso obiettivo, che รจ quello di valorizzare il Made in Italy nel mondoโ€.

a cura di Gianluca Atzeni

Articolo uscito sul numero di Tre Bicchieri del 24 settembre 2020

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