"Non sapevo fare nulla, ora guido il trattore per salvare l’olio di mio suocero". L'incredibile storia di Alba Guarini e della sua masseria

1 Mag 2024, 15:32 | a cura di
Ha imparato a far tutto da zero, con gli operai come insegnanti, senza rinunciare a orecchini e rossetto mentre lavora la terra. Poi suo figlio è tornato in Puglia per aiutarla. Ecco come la masseria Pezze Galere è riuscita a ritagliarsi uno spazio tra le migliori produzioni olearie

«Il giorno che ho deciso di occuparmi della Masseria ero seduta su un muretto a secco così scomodo e duro come l'imminente futuro, carico di tutte le estenuanti discussioni con mio marito spaventato dal cambiamento». Quando Alba Guarini, appassionata titolare dell'agriturismo Pezze Galere, comincia a parlare della sua azienda e di come sia riuscita ad arrivare a questi risultati non riesce a mettere da parte le emozioni. Questo perché, come succede in molte storie, il successo è legato a sacrifici, ostinazione e a una passione totalizzante verso la propria terra. Una passione e una perseveranza che quest'anno l'hanno portata a ricevere il premio Olio & Turismo nella guida Oli d'Italia 2024 del Gambero Rosso.

Il lavoro della masseria sulle orme del suocero

«Era il 2004, mio suocero se ne era andato da poco e dovevamo decidere se prenderci cura della terra oppure vendere tutto. Ero combattuta. Da una parte non avevo alcuna competenza come agricoltore, se non la cura dei fiori sul balcone di casa. D'altro canto avevo una fiamma in petto: la famiglia di mio marito aveva costruito una storia su questa terra, in mezzo agli ulivi. E così, su quel muretto, abbiamo deciso: la masseria sarebbe cresciuta, sulle colonne all'ingresso sarebbe rimasto scritto il nome di mio suocero, Giacomo Semeraro. Lui, agronomo, negli anni sessanta aveva già trasformato questa azienda, impiantando centinaia di alberi di coratina, frantoio, leccino e picholine. La storia non sarebbe finita lì», ci racconta Alba.

Agricoltrice autodidatta

«Non avendo nessuno da cui imparare se non dai miei operai ho cominciato a lavorare con loro tirando le lunghe e pesanti reti cariche di olive. Ho imparato a portare il trattore, a capire di meccanica, di cernitrici, scuotitori, potature, monitoraggi, arature, fioriture. Ero tanto abituata alla cura di me stessa che mi mettevo, e indosso ancora, gli orecchini e il rossetto per andare a lavorare nella terra. Oggi i nostri tremila ulivi li chiamo per nome e non so nemmeno io come ho fatto. Sono stati anni di duro lavoro e anche un po' di rischio. Come quello di arricchire la produzione aggiungendo al blend 'Il Classico' anche i monovarietali. Oggi ne produciamo quattro, uno per ciascuna delle cultivar della masseria. E a ognuno di loro diamo un nome di famiglia: Alba (monocultivar picholine), Giacomì (monocultivar coratina), Frà (monocultivar frantoio) e Fede (monocultivar leccino). In fondo per noi gli oli sono un po’ come le persone, ognuno con il proprio carattere. Per questo la scelta di chiamarli per nome ci sembrava la più naturale».

Il figlio Giacomo

«In piena pandemia mio figlio Giacomo, dopo vent’anni di lavoro da giornalista a Roma, dove nel frattempo aveva messo su famiglia, ha deciso di scompigliarsi la vita e tornare in Puglia per scrivere ancora una volta la parola "avanti" nella storia di Pezze Galere. Una scelta non facile, ma che a lui aveva già preso da tempo. Gran parte degli ulivi della masseria furono piantati lo stesso anno in cui lui è nato, per cui è letteralmente cresciuto insieme a queste piante. Non mi stupisce abbia sentito il richiamo della masseria mentre era a Roma. Lui dice sempre che non siamo noi a possedere l’uliveto, ma è vero il contrario: è la nostra famiglia ad essere posseduta dagli ulivi».

La scommessa dell'oleoturismo

È un fiume in piena Alba mentre ci racconta i progetti futuri legati alla masseria. Perché se con emozione rivolge uno sguardo al passato, al futuro approccia con la forza di chi sa di aver fatto la scelta giusta. Con questo spirito ci ha parlato anche di come sta valorizzando la cultura dell'olio attraverso la sua splendida struttura. «Con Giacomo abbiamo deciso di puntare tutto sull’oleoturismo. Prima abbiamo ristrutturato l’antica casa del guardiano della masseria, ‘La Casina’, trasformando la vecchia vasca dove mio suocero raccoglieva il concime prodotto dalle vacche in una piscina a sfioro da sogno, capace di lasciare gli ospiti ogni volta a bocca aperta.

Due anni fa è stata la volta del vecchio pollaio, che oggi abbiamo ribattezzato ‘La Casa del Fico’: un appartamento circondato da alberi da frutto con una seconda piscina che affaccia direttamente sull’uliveto. Nonostante non ci siano più le vacche abbiamo fatto in modo di preservare tutti gli elementi architettonici del passato. Le galline invece ci sono ancora, anche se hanno traslocato. Le loro uova e la frutta della masseria sono la base delle colazioni che preparo personalmente per gli ospiti. Oltre all’attività di accoglienza, inoltre, da tre anni organizziamo per i visitatori assaggi guidati. Non si tratta di semplici degustazioni, ma di veri e propri assaggi alla cieca in cui Giacomo inserisce anche oli difettati, approfittandone per spiegare ai partecipanti come riconoscere pregi e difetti di un olio. Il riscontro è stato sorprendente, tanto è vero che in autunno inizieranno i lavori per ristrutturare un altro locale che diventerà una sala degustazioni. Se all’inizio a partecipare erano soprattutto visitatori stranieri, pian piano abbiamo visto crescere l’interesse da parte di tanti italiani e la cosa ovviamente ci fa ben sperare. C’è gente che, mesi dopo aver partecipato ad una degustazione, manda a Giacomo fotografie in cui mostra come in un ristorante abbia chiesto un bicchierino per assaggiare l’olio. Magari alcuni ristoratori non saranno contenti, ma noi pensiamo davvero che il miglior souvenir che un viaggiatore possa riportare a casa dalla Puglia non sia una bottiglietta d’olio (tantomeno il nostro), ma un po’ di consapevolezza in più su quello che mette in tavola ogni giorno».

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