Un Primitivo targato Sicilia? Non รจ unโipotesi realistica. Non lo consentirebbero le leggi che regolano il vino italiano; non lo consentirebbe il Comitato nazionale vini del Mipaaf allโatto di approvare un eventuale disciplinare Dop o Igp. E, forse, nemmeno gli stessi produttori siciliani desiderano investire su un vitigno che oggi piรน che mai coincide con lโimmagine della Puglia vitivinicola, un brand affermato sia in Italia (miglior performance in Gdo in valore con +12% a 22 milioni di euro nel 2019) sia in gran parte dei mercati esteri, dove il Primitivo รจ tra i piรน imitati. La Sicilia, del resto, sta lavorando con successo a valorizzare i suoi autoctoni, dal Grillo al Nero dโAvola. Mentre la Puglia sta raccogliendo i frutti del lungo impegno per questo grande rosso mediterraneo, che trova a Manduria e Gioia del Colle le migliori espressioni.
Il vento delle polemiche si รจ alzato molto forte nei giorni scorsi, dopo che dal tacco dello Stivale ci si รจ resi conto, con imbarazzante ritardo, che la Regione Sicilia, ai primi di agosto 2019, dopo anni di sperimentazione aveva autorizzato la coltivazione del vitigno Primitivo (clone I-Ampelos Vcp Vl 1, individuato a Manduria e inserito dal 2008 nel Registro nazionale delle varietร di vite). Un vitigno che attualmente รจ giร coltivato in altre sei regioni del Centro-Sud, come Abruzzo, Umbria, Sardegna, Lazio, Campania e Basilicata.
Lโingresso della Sicilia, grande produttore assieme a Veneto, Puglia ed Emilia Romagna, ha evidentemente delineato scenari foschi agli occhi dei pugliesi, che ci hanno visto il primo passo verso unโinvasione di grandi quantitativi di Primitivo a costi esigui per mano di imbottigliatori con pochi scrupoli e desiderosi di agganciare il trend di mercato. Lโinterrogazione parlamentare del senatore pugliese del Pd, Dario Stefร no, che per la sua regione รจ da sempre molto vigile, ha lanciato ufficialmente lโallarme. Seguito a ruota da una levata di scudi corale di consorzi di tutela e associazioni di categoria che hanno parlato di โscippo del Primitivoโ, supportati dal governatore della Puglia, Michele Emiliano: โSiamo pronti a difendere in ogni sede lโunicitร dei nostri viniโ.
Lโintervento di Teresa Bellanova, ministra pugliese per le Politiche agricole che ha tirato le orecchie al senatore Stefร no (e non solo) parlando di โallarme ingiustificatoโ, รจ servito a rassicurare tutti: โNon si puรฒ impedire in Sicilia lโimpianto di viti Primitivo ma i vini Dop e Igp ottenuti non potranno mai avere in etichetta lโindicazione del nome del vitigno Primitivoโ, come recita il Dm del 13 agosto 2012 in materia di etichettatura di Dop e Igp. E, soprattutto, dโaccordo con la Bellanova si รจ detto lo stesso Edy Bandiera, assessore allโAgricoltura della Regione Sicilia, intervenuto a difendere le imprese: โAbbiamo agito in maniera regolare ma non si metta in discussione la serietร del mondo vitivinicolo sicilianoโ.
I regolamenti europei proteggono i riferimenti territoriali, le cosiddette Indicazioni geografiche, ma non creano la protezione giuridica delle varietร e non impediscono che possano essere coltivate anche altrove. In Italia, il Dm 13 agosto 2012, allegato 2, prevede che la varietร di uva Primitivo possa essere usata nellโetichetta di vini Dop o Igp di sole 7 regioni: Puglia, Basilicata, Campania, Abruzzo, Umbria, Lazio e Sardegna. Solo in queste si puรฒ usare il termine varietale sulla bottiglia di Primitivo.
Un gran polverone, quindi, che a qualcosa sembra essere servito: rinsaldare i legami, spesso labili e complicati, nella filiera pugliese e salentina, in particolare, e accelerare il necessario processo di valorizzazione delle Dop territoriali. Ovvero, la nascita della Docg Manduria e della Docg di Gioia del Colle, i due distretti del Primitivo che hanno ripreso in questi giorni a discutere intensamente, e in modo proficuo oltre i campanilismi, su come costruire una piรน solida piramide per vini locali, per il bene della viticoltura regionale e italiana.
a cura di Gianluca Atzeni
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