Italia vs Australia, la battaglia nel nome del Prosecco

25 Mag 2023, 19:15 | a cura di
Se la Nuova Zelanda riconosce il Prosecco Doc e blocca le importazioni australiane, l’Australia va dritta per la sua strada. Il tour del Gambero Rosso ha portato le bollicine del triveneto in Oceania, spiegando ai buyer aussie l’importanza della tutela. Ecco com’è andata.

Degustare vini italiani a quasi 20mila chilometri dai nostri confini ha un sapore diverso. Se poi si tratta di andare in Oceania, portando il meglio del Prosecco Doc, proprio lì dove da anni il Prosecco è al centro del dibattito, diventa ancora più stimolante.

Il Worldtour del Gambero Rosso questa volta ha fatto tappa in Nuova Zelanda e Australia: due isole vicine, ma distanti nel loro approccio al vino. E lo dimostra anche il loro atteggiamento nei confronti del caso Prosecco. L’Australia non riconosce la Doc italiana e continua a produrre, noncurante, il proprio Prosecco; la Nuova Zelanda pochi mesi fa ha riconosciuto la denominazione italiana, decidendo di bloccare nei prossimi anni le importazioni di Prosecco australiano, già bandite da anni all’interno dell’Unione Europea.

prosecco uva

“Il Prosecco è il nome di una varietà”. Il punto di vista australiano

Nei giorni del tour, abbiamo provato a capire perché il Governo australiano continui a non riconoscere il Prosecco Doc come una denominazione di origine geografica protetta. La motivazione è nella produzione locale di Prosecco, sospinta soprattutto da italiani di prima, seconda e terza generazione, per un giro di affari oltre i 200 milioni di dollari. Viceversa, le importazioni in Australia di Prosecco italiano hanno toccato nel 2022 i 9 milioni di bottiglie.

Le negoziazioni tra Unione Europea e Australia vanno ormai avanti da cinque anni, al centro del Free Trade Agreement ci sono anche altri nodi, come la feta greca, il prosciutto di Auvergne o il Queso Castellano. Secondo le fonti ufficiali, il trattato dovrebbe essere siglato entro la fine del 2023, le parti sono ancora distanti.

Nel 2009, con l’istituzione della Doc Prosecco, è stata riscritta la storia di punto in bianco. Prosecco è stato sempre il nome della varietà, già dal 1700 e la città di Prosecco non ha nulla a che vedere con la produzione del vino. Ci sono tante ricerche che confermano questo percorso, non vedo perché i produttori australiani debbano stravolgere il loro modo di lavorare sulla base di tutto questo”, ci dice in maniera perentoria Michael Tierny del portale di wine finder Awesomme, durante la masterclass di Melbourne.

In questa direzione la ricerca condotta dalla Monash e Macquarie University. “L’evidenza è lampante, il termine Prosecco è stato per secoli il nome per la varietà. Proteggere la parola come un indicatore geografico è uno sforzo cinico di evitare la competizione da parte dei produttori australiani”, sostiene il professore Mark Davison della Monash University.

Se il Governo australiano rinuncerà al nostro diritto di chiamare la varietà con il suo nome, ci sarà un impatto devastante per i viticoltori e produttori in più di 20 regioni dell’Australia. In questo momento non stiamo prendendo in considerazione nessuno scenario di questo tipo”, rincara Lee McLean dell’Australian Grape & Wine Association, nella recente intervista della giornalista italiana Francesca Valdinoci.

Il Consorzio Prosecco Doc: “Meglio nessun accordo che un accordo cattivo”

Il tour del Gambero Rosso è stata anche l’occasione per il Consorzio di spiegare perché il Prosecco è solo quello italiano, regolarmente riconosciuto come denominazione di origine protetta.

Nel 2009 si è posta una pietra miliare nella storia del Prosecco” spiega direttamente da Auckland il presidente del Consorzio Prosecco Doc Stefano ZanetteUna storia che, spiace deludere gli amici australiani, trova il suo fondamento scritto in un documento del 1715. Un testo che può essere considerato una sorta di paleo-disciplinare, che non parla di varietà e che testimonia come, quel vino, con quel nome, che riferiva ad un particolare territorio, godeva di una notorietà tale da spingere altri ad appropriarsi impropriamente di quella che la legislazione moderna identifica, in oltre 60 Paesi nel mondo, come un’indicazione geografica”.

La posizione del Consorzio è, quindi, chiara: nessun compromesso che possa in qualche modo contrarre o limitare i risultati raggiunti: “Meglio non si giunga ad un accordo piuttosto che si ceda ad un cattivo accordo”. D’altro canto, dopo che Cina e Nuova Zelanda hanno riconosciuto il Prosecco Doc, l’Australia rimane l’unico grande Paese a restare sulle sue posizioni. “Avremmo ritenuto assolutamente ragionevole una soluzione non dissimile da quella neozelandese, che desse loro modo di individuare come valorizzare le loro produzioni nell’ambito delle loro denominazioni” continua Zanette, che poi affonda: “Per gran parte dei consumatori il Prosecco è quello che nasce in Italia. Cosa che gli australiani sanno bene, tanto da utilizzare molto spesso, in modo parassitario, riferimenti al nostro Paese.

a cura di Lorenzo Ruggeri

L'articolo completo è stato pubblicato sul Settimanale Tre Bicchieri del 25 maggio 2023
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