I locali sanno bene che Porto Maurizio e Oneglia, sebbene accorparti sotto il nome di Imperia, siano due identità ben definite e a sé stanti. Nella prima località spicca il promontorio del Parasio, il centro storico medievale della provincia ligure dove ancora oggi chiese, edifici e palazzi rispecchiano la tradizione architettonica locale. Le gite volte all’esplorazione di nuovi luoghi portano sempre all’aumento di quel senso di fame di scoperta che non esclude l’arte culinaria. Fra i carruggi di questa zona è possibile scoprire un angolo di contaminazione campano-ligure da non lasciarsi scappare.
Vincenzo Agrillo, chef e proprietario del ristorante Agrillo di Porto Maurizio, inizia la sua carriera in cucina all’età di 14 anni. Prima, la gavetta, salvo poi arrivare a lavorare in ristoranti stellati, come per esempio “L’Ampsley’s” by Heinz Beck a Londra, o “Sarri” a Imperia. «È in quest’ultimo ristorante che nel 2014 ci conosciamo e da lì inizia la nostra storia lavorativa e di vita insieme», dice al Gambero Rosso Gessica Vescera, compagna di Agrillo nonché sommelier e oste del ristorante. «Cominciamo un lungo girovagare che ci porta a collaborare con grandi chef e professionisti sala in Italia e oltre oceano. A inizio 2020 decidiamo di aprire la nostra attività e scegliamo Imperia perché ci era rimasta nel cuore dopo le esperienze passate». Il ristorante porta il nome della famiglia perché da sempre l’idea è quella di voler fare sentire il cliente come a casa. «In famiglia non ci sono altri cuochi a parte mio fratello cinque anni più grande di me, si può dire che ho iniziato a fare questo lavoro grazie a lui», continua lo chef Agrillo. «Ho la fortuna di essere cresciuto in una famiglia dove il cibo rivestiva un ruolo importante. Per esempio, la passione per la pianificazione inizia già quando da piccolo mia nonna impastava a mano il pane per tutta la famiglia che poi cuoceva nel forno a legna che tutt’ora è a casa di mia mamma».
Un ristorante piccolo, curato con un servizio accogliente e di qualità e una cucina che valorizza le materie prima anche meno nobili. «Penso che nello stilare un menù lo chef debba sempre tenere a mente tre cose: Da dove arriva, dove si trova e quale percorso lo ha portato fin lì», prosegue Vincenzo Agrillo. «Tenendo bene in mente questi tre punti mi risulta poi abbastanza facile tenere un filo conduttore tra le mie origini e il posto dove mi trovo, utilizzando però anche tecniche e prodotti conosciuti negli anni in cui sono stato lontano dall’Italia». La filosofia di Agrillo segue una cucina d’istinto, guidata luogo e dalle emozioni. «L’unico filo conduttore che unisce i miei menù è la stagionalità dei prodotti che cerco di seguire scrupolosamente, per il resto mi adeguo a cosa il mare mi offre così da riuscire ad avere una cucina sostenibile».
Il percorso gastronomico termina con una sorpresa che è anche un omaggio alla regione ospitante. «L’idea della Colazione alla ligure nasce appunto dalla voglia di omaggiare la terra che ci ha accolto. Mi intrigava l’idea di giocare con un accostamento così “normale” in Liguria, ma al quanto insolito per il resto di Italia. Ho creato così un finto cappuccino composto da un crumble alla base, gelato al latte affumicato e spuma bianca al caffè da degustare con la tipica focaccia alle cipolle genovese. Anche Gessica, da Pugliese, era titubante all’inizio ma poi dopo averlo assaggiato non abbiamo avuto dubbi». Agrillo predilige una cucina golosa, ma che sia leggera allo stesso tempo. Per questa ragione l’olio diventa un elemento fondamentale in quanto in grado di esaltare un piatto senza renderlo pesante. «Proprio per questo scegliamo di servirlo al tavolo in purezza, accompagnato dal nostro pane, per dargli la giusta importanza. Naturalmente prediligiamo un olio evo di oliva taggiasca, visto che abbiamo la fortuna di averlo qui».
«Quando seleziono i vini da mettere in carta, cerco di individuare piccole cantine che producono quantità limitate di vino. Questo mi permette di offrire ai nostri clienti vini unici e di alta qualità, che non si trovano facilmente ovunque». La carta dei vini è pensata per essere una scoperta continua, con etichette che cambiano stagionalmente per riflettere le migliori produzioni dell’annata. «Essendo in Liguria, credo che sia fondamentale offrire una selezione ampia e rappresentativa dei vini liguri. Pertanto, nella nostra carta, i vini autoctoni hanno una presenza significativa. Tuttavia, devo ammettere che trovare eccellenze enologiche in Liguria può essere una sfida. Nonostante queste difficoltà, sono costantemente alla ricerca di piccole cantine e produttori locali. Collaboro strettamente con questi produttori per selezionare i migliori vini che rappresentino al meglio la nostra regione». Gli imperiesi sono però clienti particolari. «La loro abitudinarietà e diffidenza possono rendere difficile conquistarli. Inoltre, essendo situati in una zona non particolarmente di passaggio, dobbiamo lavorare sodo per farci conoscere. La nostra passione per il lavoro è smisurata e cerchiamo di trasmetterla in ogni aspetto del nostro servizio». E questo amore viscerale che li lega alla loro missione è trasmesso nei piatti dove la mozzarella di bufala campana incontra le cime di rapa pugliesi e le acciughe liguri. Fusioni, incontri dove pescato, carne e verdure si combinano in modi che riescono sempre a stupire e incuriosire. Non si può fare a meno di tornare una volta provata l’esperienza Agrillo.
Ristorante Agrillo, via Carceri Vecchie, 19 Imperia, Instagram
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