Tre mesi dopo aver chiuso la ventennale esperienza di Magorabin, Marcello Trentini è di nuovo davanti ai fornelli. Poche centinaia di metri separano la sede del ristorante stellato di corso San Maurizio – ha abbassato definitivamente le serrande a febbraio – da Brace Pura dove il 54enne chef torinese ha raccolto la sfida di Valerio Lo Russo e Monica Parola, che guidano il locale conosciuto soprattutto dagli appassionati di carne alla brace. Ecco cosa ci ha raccontato.
È un addio alla cucina stellata? Un nuovo inizio?
Non voglio entrare nel merito della polemica sulla crisi o meno del fine dining. Di certo, mi sono allontanato da tempo da quel mondo e con l’apertura di Casa Mago (l’appendice bistrot del compianto Magorabin, ndr) avevo già tentato di proporre una cucina più divertente, semplice ma non banale, fatta di contaminazioni ma leggibile e disinvolta.
Com’è nata l’opportunità di collaborare con Brace Pura?
Conosco Valerio e Monica da trent’anni. Proprio nelle settimane in cui si è chiusa l’esperienza di Magorabin loro avevano perso lo storico chef asador Johnny Mazzarino e tutta la brigata. C’era voglia di cambiare il profilo di Brace Pura, trasformarla da una steak house in purezza, dove solo la carne era protagonista, in un posto dove si fa una proposta di cucina a tutto tondo, sempre con le cotture alla brace al centro del progetto. Che mi è piaciuto subito, perché mi dà la possibilità di mettere a frutto tante idee, tanti stimoli dati dai viaggi in giro per il mondo, da Etxebarri in Spagna a Peter Luger a Brooklyn, da certi miei soggiorni a Londra o a Hong Kong.
Entriamo nel merito. Qual è la nuova filosofia che anima la cucina di Brace Pura?
Il forno Josper, affiancato da uno Yakitori, è ancora protagonista di un locale la cui proposta che si fonda sul concetto di cottura su brace di carbone. Non solo carne di bovino, non solo lombate: metto di tutto, dal piccione all’anatra, dai funghi alle lumache, dal rognone alle altre frattaglie, senza dimenticare le verdure e la frutta. Non proponiamo più tagli provenienti da ogni parte del mondo con varie marezzature e lunghe, forse eccessive, frollature. La moda ha portato a proporre bistecche troppo estremizzate, dal gusto burroso e, a mio parere, non eccessivamente digeribili. Puntiamo su un unico fornitore piemontese: animali che crescono il più possibile liberi e vengono ingrassati solo negli ultimi sei mesi, con un’alimentazione controllata. La marezzatura deve essere golosa, infiltrata il giusto di grasso, ma la carne in questo momento parla piemontese e deve essere sana.
Qualcuno ha parlato di cucina brutalista, accostandola al movimento architettonico che ha valorizzato il béton brut, il cemento a vista, come elemento principale di uno stile costruttivo senza orpelli. Il nuovo menu che avete messo a punto dopo un paio di mesi di rodaggio si può riconoscere in questa idea di brutalismo?
Se brutalismo significa l’opposto di barocchismo, certamente sì. Quel che è certo è che mi ispiro a una logica ben precisa, ovvero alla costruzione di piatti sulla base di soli tre elementi: una proteina, un vegetale e una salsa, senza altre aggiunte. È una dimensione che mi affascina: ripensare a cotture ancestrali. L’obiettivo è tornare a preparazioni arcaiche – crudo, marinato, sotto sale, brace – e lavorare la materia prima nella sua forma più pura, senza mascherarla.
Vogliamo provare a commentare qualche piatto che compare nella carta di Brace Pura proposta in questi giorni ai clienti, la prima interamente pensata da Marcello Trentini?
Si può iniziare con i fichi alla brace accompagnati da prosciutto crudo Sant’Ilario 36 mesi. Oppure con l’ananas al carbone abbinato al capocollo di Martina Franca. Poi un piatto che ritengo molto goloso: la tartare di coscia di cervo con bottarga di muggine e chips di scalogno e una maionese leggera. Le contaminazioni non mancano, si può scegliere in libertà: c’è il diaframma, abbinato ai friggitelli e al bagnetto verde, lo spiedino di animelle con pak-choi, la testina, salsa rossa e porri o la classica costata di Giovenca.
C’è un’abitudine che Marcello Trentini non ha perso, quella di collaborare con altri protagonisti della scena gastronomica torinese e di frequentare il martedì e il venerdì il mercato di Porta Palazzo per scegliere direttamente fra i banchi le verdure più fresche. Adesso lo fa in compagnia del giovane Andrea Lo Russo che a Brace Pura segue la carta dei vini, sempre più indirizzata verso quelli naturali.
Utilizziamo il pane di Enrico Murdocco, per me uno dei più bravi lievitisti della sua generazione. Il suo pane di farro monococco passato nel forno Josper con le alici e accompagnato dal burro è una delle proposte in menu. E presto arriverà anche il nostro primo gelato – gusto Brace Pura – realizzato in collaborazione con la gelateria Aria, che sarà disponibile sia da noi sia nei loro due punti vendita. A completare l’offerta dei dolci c’è la pesca al Josper con cioccolato al caramello, un incontro tra dolcezza naturale e note tostate; la banana al carbone con burro di arachidi e maritozzo tostato gioca invece sulle consistenze e sugli aromi affumicati. E infine un’insolita, ma golosa, uva alla griglia con robiola di capra, che esalta la frutta con il calore della brace e la cremosità del formaggio.
Brace Pura – via Roero di Cortanze, 2 – 011 8600124 – bracepura.it
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