In collaborazione con regione Marche
Costruita dai romani per collegare la capitale dell’Impero con il mar Adriatico, la Via Flaminia attraversa il cuore dell’Italia e, insinuandosi tra le gole selvagge dell’Appennino, giunge nelle Marche disegnando un percorso fatto di colline ondulate e fertili vallate. Il tracciato di questa arteria, che dal terzo secolo a.C. fu un nodo strategico per i traffici dei romani, si snoda attraverso borghi e città che portano impresse le tracce di civiltà millenarie, custodendo un inestimabile patrimonio fatto di storia e cultura, per poi puntare dritto verso il mare e raggiungere il suo sbocco naturale: l’antica Fanum Fortunae, dove la maestosa Porta d’Augusto segna l’ingresso in città della storica consolare.
Capolinea su mare della Via Flaminia, Fano è la terza città più grande delle Marche. Nota anche come la Città di Vitruvio (perché qui il grande architetto romano progettò una delle sue opere più imponenti) e teatro del Carnevale più antico d’Italia, il suo centro storico è un gioiello ammantato da fascino antico, che racchiude vestigia romane e un ricco patrimonio medievale e rinascimentale. È però il porto a rappresentare il cuore pulsante di questa città che svela un’anima marinara viva fin dall’epoca romana; ed è proprio qui che nasce uno dei piatti più rappresentativi della cucina marchigiana: il brodetto, una zuppa di pesce che affonda le sue radici nella cucina povera dei pescatori che usavano cuocere in un unico pentolone tutte le varietà di pesce meno pregiate, o rimaste invendute, insieme a pomodoro, aceto e a un po’ di pane.
Sono cinque – una per ognuna delle principali città costiere – le varianti di brodetto marchigiano: quella anconetana prevede l’uso parsimonioso del pomodoro e 13 varietà di pesce; a Porto Recanati il brodetto diventa giallo per l’aggiunta di un tocco di zafferano; in quel di Porto San Giorgio questo mix di pesci viene arricchito con i pomodori verdi locali, mentre nella versione sanbenedettese lu vrudètte è caratterizzato da un mix di peperoni e aceto (e niente pomodoro).
Nella città di Fano – che a questa specialità dedica un festival: il BrodettoFest in programma dal 30 maggio al 2 giugno prossimi – il brodetto si tinge di rosso, per l’aggiunta del concentrato di pomodoro, e sprigiona un sapore leggermente acidulo, conferito da un goccio di un vino quasi acetico. Sebbene il brodetto fanese non abbia una ricetta rigidamente codificata, la Confraternita del Brodetto stabilisce che solo 10 pesci (canocchie, gattucci, mazzole, pesci prete, rane pescatrici, razze, pesci San Pietro, scorfani, seppie e tracine) possano ribollire nel pentolone dedicato alla cottura di questa specialità da servire insieme a pane abbrustolito e a un calice di Bianchello del Metauro Doc.
Profumata, bollente e con un’anima forte è, invece, la Moretta fanese, un caffè robustamente corretto, originariamente solo dal rum e successivamente da un mix di rum, anice e cognac, con l’aggiunta di zucchero e una scorzetta di limone. Nata nei quartieri marinari come drink energizzante da consumare prima di salpare, la prima testimonianza della Moretta risale al 1908, quando il Caffè Cavour di Fano pubblicizzò una “Moretta eccellente al Rhum” al prezzo di 0,10 lire. Da lì in poi moltissimi bar fanesi iniziarono a miscelare questa bevanda servita in bicchiere di vetro seguendo l’arte della “versata a tre strati”: una base fatta dalla miscela alcolica, lo strato intermedio caratterizzato dal marrone del caffè ristretto bollente e in cima una soffice schiuma. La Moretta è ormai talmente entrata nella quotidianità dei fanesi da essere stata inserita, nel 2011, nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali delle Marche (PAT), mentre nel 2006 è stata riconosciuta come cocktail dall’AIBES (Associazione Italiana Barman e Sostenitori).
Proseguendo lungo la Via Flaminia alla scoperta dell’entroterra marchigiano, si arriva a Cartoceto, borgo incastonato tra le dolci colline marchigiane noto come la capitale dell’olio DOP delle
Marche: un’eccellenza che ha segnato l’economia e la vita di questo paese, ottenuta con olive provenienti prevalentemente dalle cultivar Raggiola, Frantoio e Leccino. È un territorio vocato, caratterizzato da colline ben esposte, e una tradizione secolare che prevede metodi di raccolta manuali e la molitura a freddo a rendere quest’olio dal profumo fruttato, e dal gusto delicatamente amaro e piccante, un prodotto riconosciuto a livello nazionale, celebrato dal “Cartoceto DOP, il Festival” che ogni anno va in scena tra fine ottobre e inizio novembre.
Ma Cartoceto non è solo olio. Passeggiando per il centro storico di questo borgo si possono scoprire scorci preziosi come il teatro del Trionfo, un piccolo gioiello dell’architettura teatrale ottocentesca, o la chiesa di Santa Maria del Soccorso che custodisce preziosi affreschi della scuola umbro-marchigiana.
Cantiano – ponte Grosso romano
Riprendendo la Via Flaminia e superata la cittadina di Fossombrone che ospita le spettacolari Marmitte dei Giganti (delle sorprendenti cavità circolari scavate dall’azione erosiva dell’acqua), si giunge a Cantiano, un borgo alle pendici del monte Catria celebre per il pane di Chiaserna, per la “turba”, una spettacolare rievocazione della passione di Cristo, oltre che per il maestoso ponte Grosso romano perfettamente conservato. Inoltre qui i terreni argillosi e calcarei offrono l’ambiente ideale per la crescita di un alberello i cui frutti sono utilizzati per produrre le celebri amarene di Cantiano. Per ottenerle, le amarene vengono selezionate a mano e cotte lentamente nel loro liquido di governo con l’aggiunta dello zucchero.
Marmitte dei Giganti
Sono, invece, le visciole, un tipo di amarena selvatica (Prunus cerasus), le protagoniste del vino di visciole: una bevanda storica marchigiana le cui origini risalgono al Medioevo, quando, per rendere più gradevole e durevole il vino rosso locale vi si aggiungevano frutti selvatici e zucchero. Da questa lenta fermentazione si ottiene un nettare – da degustazione o da dessert – dal colore rubino e dal profumo avvolgente che viene prodotto sia nella Vallesina che nel pesarese, in particolare, oltre che a Cantiano, nel comune di Pergola.
Qui – dove termina il nostro tour lungo la Via Flaminia – si possono ammirare i celebri Bronzi Dorati: l’unico gruppo scultoreo in bronzo dorato giunto fino a noi dall’età romana, che testimonia l’imponenza di un passato che ancora oggi definisce i tratti distintivi dell’identità marchigiana.
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