
Il Qui e il Là come forzature della storia e della geografia. Crollano i muri, si abbassano le barriere e nuove alleanze crescono. Dove c’erano divisione e ostilità si stringono intese, si condividono progetti e nascono vini e birre di frontiera, ricette di confine in terre che sono un crocevia di culture e influenze mitteleuropee (italiana, slava, austriaca), ma a lungo separate dalla geopolitica quando l’Europa era divisa dalla cortina di ferro, fino alla caduta del Muro di Berlino (1989). Oggi e per tutto l’anno Gorizia e Nova Gorica (in Slovenia, ex Jugoslavia) condividono il titolo di Capitale Europea della Cultura 2025 e un lungo programma di eventi (anche enogastronomici) all’insegna di una ritrovata unione; uno spirito di collaborazione che aveva già messo a confronto in questi anni tanti produttori di vino, ristoratori, chef, operatori turistici italiani e sloveni. All’epoca non era possibile.
I confini diventano allora un brutto ricordo, la memoria da custodire e scongiurare. Al valico del Rafut, sul versante sloveno, nel piccolo Museo del Contrabbando, una raccolta di comuni oggetti quotidiani – scatolette vintage di cibo, dischi in vinile, cosmetici anni ’80 – ci riporta a un passato grigio e che per certi versi ci fa sorridere riascoltando i mille sotterfugi con cui si cercava di aggirare le guardie di frontiera. Sul lato italiano del Rafut a neanche cento passi sorge il Museo del Lasciapassare. Prepustnica era il permesso speciale che dava diritto a chi viveva entro una certa distanza di portare, al di là e al di qua, una quantità maggiore di merci come cibo, carne, formaggi, abbigliamento, oggetti per la casa.
I produttori della Bordeless: da sinistra, lo sloveno Andej Sluga e gli-italiani Alessandro Bilucaglia e Costantino Tosoratti
«Tutti facevamo contrabbando di sussistenza – ammette Costantino Tosoratti, uno dei quattro soci del birrificio agricolo Antica Contea, di Gorizia – Per esempio portavi dall’altra parte il caffè, che in Jugoslavia era un bene prezioso, e te ne tornavi con ottime carni e grappe». Antica Contea è uno dei protagonisti della collaborazione transfrontaliera tra i produttori delle comunità slovena e italiana. Insieme al mastro birraio Andej Sluga di Nova Gorica, proprietario di Reservoir Dogs, ha lanciato la prima Borderless, una golden ale in lattina: produzione condivisa in omaggio alla Capitale Europea della Cultura 2025, ma già sperimentata prima del Covid. Inoltre, proprio nel luogo simbolo delle celebrazioni di Gorizia e Nova Gorica – cioè la piazza Transalpina (trg Evrope) – i due birrifici organizzano da un quinquennio il Borderless beer, un lungo banco di spine da 18 rubinetti collocati sulla linea di frontiera: 9 spine in Italia, 9 in Slovenia e 2 casse distinte, con un regime di accise e Iva diversi. Un salto e ci si trova in un altro regime fiscale. Simpatica provocazione.
Da sx sul cippo di confine lo sloveno Matjaz? C?etrtic? di cantina Ferdinand e l’italiano Robert Princip di Gradis’ciutta
Sulla ricerca di alleanze e collaborazioni si misurano da anni soprattutto i vigneron del Collio Brda, la principale attrazione enoturistica di questa terra di frontiera: grandi vini bianchi e ribolla gialla (rebula nel Brda) a go go. Dal 2017, un gruppetto di cantine slovene e italiane organizza il Brda Home of Rebula per valorizzare questo territorio omogeneo, diviso soltanto dalla linea geografica disegnata con il Trattato di Parigi del ’47 che non ci andò troppo per il sottile.
Un’altra collaborazione transfrontaliera è il tandem enologico tra l’italiano Robert Princip di cantina Gradis’ciutta e lo sloveno Matjaz Cetrtic, di cantina Ferdinand. I due producono insieme il metodo classico Sinefinis: 25mila bottiglie da un assemblaggio di due basi spumanti di ribolla/rebula con 36-60 mesi d’affinamento sui lieviti.
«Abbiamo la stessa età, siamo cresciuti a 20 case di distanza, ma non ci saremmo mai incontrati se non fossero caduti i muri che dividevano i due Paesi – racconta Princip – Ci siamo conosciuti durante un master in winebusiness al MIB Trieste, è nata un’amicizia e insieme abbiamo concretizzato un progetto di studio: fare un vino europeo che travalica il concetto di denominazione, con le nostre ribolla o rebula, il vitigno di un territorio geograficamente omogeneo, unico, indivisibile, ma separato dalla storia».
Un altro progetto di frontiera coinvolge 8 paesi del Collio Brda per il riconoscimento Unesco delle tecniche tradizionali di costruzione dei terrazzamenti, realizzati per intero con materiali presenti sul campo e null’altro. Molto più diffuse sul versante sloveno, queste terrazze vitate si allungano sui crinali e sui terreni di ponca (marne e arenarie che si sfaldano nella parte superficiale, più esposta all’azione erosiva degli agenti atmosferici). Un terroir spiccatamente minerale che segna il carattere dei bianchi locali. «Tutto ciò che facciamo è transfrontaliero e rispecchia un nostro modo d’essere e di vivere – afferma Tina Novak Samec, la direttrice dell’ente turistico del Brda – L’obiettivo è di riunire sotto tante forme un territorio che è sempre stato insieme ma diviso dopo la guerra».
Tra i progetti enoculturali c’è Art Circle, iniziativa che coinvolge la diplomazia internazionale, le cantine e la ricettività. Gli artisti sono ospitati da una struttura che diventa “ambasciata culturale” e che esporrà in modo permanente le opere realizzate in situ durante il soggiorno: quadri, botti dipinte, piatti, arredi d’autore. Sono coinvolti 17 Paesi, l’Italia con la cantina Edi Keber in veste di ambasciatrice culturale della Slovenia. A Dobrovo, appena oltre confine, per “l’ambasciata culturale del Giappone” incontriamo invece Ales Kristancic e la moglie Vesna di cantina Movia, la prima a puntare sul biodinamico e tra le prime a esportare i vini sloveni. Kristancic è un wine creator di lungo corso e oggi sperimenta l’utilizzo di botti personalizzate, con una base molto larga e un’altezza ridotta: sembrano “schiacciate” e sono progettate per ampliare la superficie di contatto del vino con i sedimenti che si depositano sul fondo. Una visione… upside down.
Matej Fiegl sulla Panchina Arancione dell’Associazione Produttori Ribolla di Oslavia davanti a un grande blocco di Ponca
Nel dopoguerra il 70% del Collio Brda ricadeva in ex Jugoslavia. Se da una parte il diverso modello economico socialista ostacolò la libera impresa, dall’altra permise di preservare un’agricoltura promiscua fatta di vigne, frutteti, orti e oliveti. «Fino agli anni ‘90 era tutto fermo. I primi vignaioli del Brda, a parte Movia che già produceva privatamente, furono 6 piccoli viticoltori di Medana che nel ‘91 uscirono con le prime bottiglie – ricorda Sebastian Mauric, produttore con cantina Belica e ristoratore con la taverna Hiša Marica nell’incantevole borgo di Šmartno – Grazie a un ritardo storico, questa eterogeneità del paesaggio con colture promiscue di frutta e uliveti è diventata un punto di forza. Il vino è stato il motore, ripartito subito grazie alla tecnologia italiana. E così se nel ‘91 nel Brda avevamo appena 50 posti letto, oggi è una destinazione ben frequentata».
Dalle vespe gialle a disposizione degli enoturisti del Collio, alle panchine gialle nel Brda e a quelle arancioni dei sette produttori di Ribolla di Oslavia, la promozione gioca proprio facile con la bellezza di queste terre “periferiche”. Se non ci credete salite al Ronco dei Tassi (Tre Bicchieri al loro Collio Bianco Fosarin 2021), fra i vigneti scoscesi nella riserva di Plessiva per una degustazione panoramica sui luoghi della Grande Guerra: il Sabotino, il Monte Santo, il Korada, vette oggi slovene. Oppure andate a Dolegna del Collio, dove lungo i cippi di confine il produttore italiano Roberto Snidarcig di cantina Tiare produce i suoi vini di punta, il Sauvignon (Tre Bicchieri da 11 anni consecutivi) e il Masserè, un Pinot Grigio macerato nato quasi per caso dopo un imprevisto fermo delle presse: «Un vino ramato, color buccia di cipolla, che mi ha subito colpito e convinto a produrlo stabilmente», ricorda Snidarcig.
Prima del 1915-‘18 l’attuale Brda era l’oliveto dell’Impero Austroungarico, poi conquistato dal nostro esercito e formalmente annesso al Regno d’Italia nel 1920 col Trattato di Rapallo. Ma nel ’29 si verificò una gelata distruttiva: l’olivo subì un duro colpo e il regime fascista ne scoraggiò la ripresa a favore di altre colture, visto che di olivicoltura abbondava il nostro Sud. Una forte rinascita è avvenuta dopo il ‘90, inizialmente con il consumo domestico, poi attraverso piccole iniziative d’impresa come Villa Eva dei fratelli Kris e Timon Brataševec che hanno scommesso sull’extravergine d’oliva 15 anni fa, espiantando il vigneto di famiglia per far posto a 1.200 piante di cultivar autoctone Drobnica e Cernica; e di Pendolino, Frantoio, Bianchera e Buga. Producono un blend e 4-5 monovarietali. «Puntiamo alla qualità – racconta Timon – e in questa zona dove si fanno tante degustazioni di vino anche l’olio può essere una scoperta piacevole».
Zuppa di fagioli, rosa di Gorizia e ciccioli del bistrot Chincaglieria
Di pausa in pausa si torna dunque a tavola davanti al “pentolone” di cucina mitteleuropea, in cui confluiscono le tre culture gastronomiche austriaca, italiana e slava. Dalla Jota triestina agli Štrukly sloveni è un ribollire di ricette ed eventi, come Gusti Senza Frontiera, a Gorizia in settembre. «La cucina del territorio era già contaminata sotto l’influenza mitteleuropea – ricorda la giovane chef Chiara Canzoneri del nuovo Chincaglieria, bistrot e bottega gastronomica – Non c’è un confine tra un piatto di qua e uno di là, a volte c’è solo un modo leggermente diverso di prepararlo per raggiungere lo stesso risultato».
Un esempio? La sua saporita Zuppa di fagioli, rosa di Gorizia e ciccioli: peccato però che per riassaggiare la rosa (varietà locale di radicchio) bisognerà attendere gennaio. «Dopo la semina con la pulitura delle foglie evitiamo di far sviluppare il radicchio in altezza per mantenere la sua forma a rosa – ci spiega il giovane coltivatore Fabio Brumat – Lo raccogliamo con le prime brine dell’inverno e lo portiamo in camere buie, stalle o cantine, per sottoporle a due settimane di sbiancamento, poggiati a gruppi in verticale su trucioli di legno e terriccio. La costa comincia a diventare bianca e croccante, il colore si ingentilisce e assume un tono rosso brillante. Il gusto dall’amaro vira sul dolce».
Nell’attesa della prossima fioritura ci consoliamo allora con un assaggio di trota dell’Isonzo, alias fiume Soca per gli sloveni. Così, passato il confine, ci lasciamo alle spalle le architetture razionaliste di Nova Gorica, la sorella giovane di Gorizia, progettata ex novo nel ’47, per addentrarci nella valle del Vipavo, più a sud. Ci attende una cena al ristorante Termika: nuvolette di gambero con tartare di trota dell’Isonzo marinata in succo di barbabietola, extravergine, limone, succo d’arancia e semi di sesamo. In chiusura, una delicata trota salmonata al sale con patate e verza. Un omaggio al «fiume che scorre e all’acqua ricca d’ossigeno», spiega chef Alexander Mladovan. In un mondo senza divisioni la gentilezza è un plusvalore.
Ecco in una ventina di indirizzi il vademecum per riscoprire i valori condivisi lungo una linea di confine che ora si punta a superare con unamiriade di collaborazioni tra prosuttori, artigiani, chef, operatori turistici…
via Oberdan, 13
0481530374
trattoriaallaluna.com
loc. Groina
via Vallone delle Acque, 2
0481 534428
alpontedelcalvario.it
via IV Novembre. 5c
351 982 0448
anticaconteabirrificio.it
via Rastello, 62
320 6755285
milleottocentoquarantotto.it
via Duca d’Aosta 96
0481 522700
rosenbar.it
loc. Piuma, 56
0481 33242
@fbrumat
Gonia?e, 1s
+386(0) 4151 0636
ferdinand.si
Šmartno, 33
+386 (0) 5304 1039
marica.si
loc. Lenzuolo Bianco, 1
328 251 9405
fieglvini.it
Giasbana, 32
0481 390237
gradisciutta.eu
Ceglo, 18
+386 (0) 51 304 580
movia.si
Kozana, 28
+386(0)31 342 604
villaeva-oliveoil.com
Industrijska Cesta, 1h
+386 (0) 8201 8375
reservoir-dogs.beer
loc. Montona, 19
0481 60155
roncodeitassi.it
Ozeljan, 6a
386 530 88557
gostilna-termika.si
loc. Sant’Elena, 3a
0481 62491
tiaredoc.com
Art Circle – artcircle.si
Collezione Museale Pristava/Museo del Contrabbando – valico Rafut (lato sloveno) – +386 (0) 5902 3847 – goriskimuzej.si/it
Museo del Lasciapassare – via del Rafut, 32 – Gorizia – 0481 383456 – museionline.info
No results available
ResetNo results available
ResetNo results available
Reset© Gambero Rosso SPA 2025
P.lva 06051141007 Codice SDI: RWB54P8 Gambero Rosso registrazione n. 94/2021 Tribunale di Roma
Modifica impostazioni cookie
Privacy: Responsabile della Protezione dei dati personali – Gambero Rosso S.p.A. – via Ottavio Gasparri 13/17 – 00152, Roma, email: [email protected]
Resta aggiornato sulle novità del mondo dell’enogastronomia! Iscriviti alle newsletter di Gambero Rosso.
© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati.
Made with love by Programmatic Advertising Ltd
Made with love by Programmatic Advertising Ltd
© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati
La ristorazione italiana sta dando prova di grande vitalità e maturità (antispreco e sostenibilità sono ormai voci “fisse” dei menu, crescono le proposte vegane e salutari di alto profilo). Per questo dopo l’anno zero della pandemia, la guida torna con voti e classifiche. Oltre 2000 indirizzi e tante novità fra ristoranti, trattorie, wine bar e locali etnici (segnalati, rispettivamente, con il simbolo delle forchette, dei gamberi, delle bottiglie e dei mappamondi) per consentire a ciascuno di trovare l’indirizzo giusto.