In una metropoli in cui le mode gastronomiche cambiano continuamente, c’è un posto dove da quasi novant’anni non è cambiato quasi nulla. A Brooklyn, nel quartiere di Sheepshead Bay, il diner Brennan & Carr continua a servire lo stesso sandwich al roast beef dal 1938. Ma è nel modo in cui viene preparato, e nel lavoro di chi lo fa ogni giorno, che si custodisce il senso profondo di una tradizione. L’insegna in caratteri Tudor “Hot Beef” è visibile già da lontano, all’angolo tra la Nostrand Avenue e Avenue U. L’ambiente di mattoni rivestito di boiserie ospita una manciata di tavoli, sempre gli stessi e chiamati dallo staff non con numeri ma con i nomi delle posizioni del baseball. Il locale, fondato da due falegnami, appunto Brennan e Carr, è gestito dagli anni Settanta dalla famiglia Sullivan. Accoglie clienti abituali blue collar come vigili del fuoco e poliziotti, famiglie del quartiere e aficionados provenienti da Manhattan. Si paga solo in contanti, e i prezzi sono gli stessi, che si consumi al tavolo o per il takeaway; niente delivery, e il menù è cambiato pochissimo dal secondo dopoguerra.
foto Daniel Krieger
Burger, hot dog e poco altro. Il cuore dell’offerta qui è il roast beef sandwich: carne di manzo cotta al forno, affettata sottile al momento e servita su un morbido kaiser roll, optional una sottiletta di formaggio cheddar e cipolle caramellate. Le varianti sono tre, codificate con precisione. Il panino si può infatti personalizzare in una delle sue celebri versioni: “dingle dangle” cioè solo la carne immersa nel fondo di cottura, “double dipped”, ossia sia la carne che entrambe le parti del pane immerse nel brodo, e per i più estremi, il “KFJ” – acronimo di knife and fork job – da mangiare con coltello e forchetta per l’abbondanza di brodo aggiunto sul panino con un mestolo. Costo? Meno di 10 dollari. Il fondo di cottura brodoso è un elemento centrale: un liquido scuro, sapido e profondo, mantenuto caldo e “rinfrescato” ogni giorno con i succhi di cottura della carne. Storicamente la vasca del broth era posizionata sotto i vecchi spiedi che stavano all’esterno, per raccoglierne i preziosi succhi. Fino a sessant’anni fa, infatti, il manzo veniva arrostito all’aperto a fiamma viva sullo spiedo, e si sentiva il profumo a diversi isolati di distanza. Oggi la carne è cotta in forno, ma quel brodo resta parte integrante dell’identità del locale, più che un semplice accompagnamento.
Aperto fino all’una di notte e con una ricchezza unica per Brooklyn – un parcheggio custodito – il locale vanta un’altra grande particolarità: il suo cameriere più anziano. A servire i tavoli c’è Richie – difficile dare un’età a quella sua faccia da ragazzo – indossa un immacolato camice bianco e cravatta nera, e dal 1987 prepara i panini con gesti precisi, sempre uguali. È lui che gestisce la vasca del fondo di cottura, che dosa le intinte, che riconosce clienti abituali e ricorda la loro ordinazione prima ancora che si siedano a tavola. Richie chiama a voce le comande in cucina, ripetendole sempre due volte: un rituale immutato. La presenza di questo singolare maître è parte del fascino di questo luogo, tanto quanto il sandwich stesso.
Il locale è stato raccontato anche da trasmissioni come Man v. Food, guadagnandosi nel tempo nuovi visitatori, ma per chi lo frequenta da decenni resta soprattutto un punto fermo, uno di quei luoghi dove la continuità è un valore, non un limite.
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