È uno dei locali storici capitolini, riconosciuto dal ministero dei Beni Culturali, aperto nel 1886 da Beltram Moscardini, toscano di Siena naturalizzato romano. Si trova nel centro più centro di Roma, in una strada dello shopping tra piazza di Spagna e piazza Augusto Imperatore, a pochi metri da via del Corso. Si chiama Fiaschetteria Beltramme ma tutti lo conoscono come Cesaretto, il nome romanissimo di chi, dopo Moscardini, negli anni Trenta ha preso in gestione l’osteria, trasformandola in ristorante e soprattutto in punto di riferimento della vita mondana e intellettuale della Capitale. Una bella evoluzione per Cesare Guerra che, da garzone del locale, ne diventa oste.
In questa “piccola, modesta, economica, apparentemente anonima trattoria” – come la definì Mario Soldati, cliente storico della Fiaschetteria, in un suo articolo del 1980 pubblicato sulla terza pagina del Corriere della Sera – venivano (e vengono ancora) politici e teste coronate, artisti e scrittori, attori e registi, sportivi, giornalisti e turisti da tutto il mondo. Un romano ombelico del mondo.
Il locale è più o meno lo stesso, un rettangolo lungo e stretto di 55 metri quadrati tra cucina e sala, con 12 tavoli, 6 da una parte e 6 dall’altro, dove si sono seduti Prezzolini e Ungaretti, Calvino e Moravia, De Chirico e Guttuso, Luigi Einaudi e Napolitano, Sophia Loren e Vittorio Gassman, il re Gustavo di Svezia, Pasolini e Ruggero Orlando. Qui Ennio Flaiano e Federico Fellini hanno scritto la sceneggiatura di La Dolce Vita e di Otto e Mezzo, Mino Maccari disegnava sulla tovaglia di carta (alcuni suoi schizzi sono cimeli del locale), il fotografo Mario Dondero ci veniva a mangiare quando era di passaggio a Roma. In tempi recenti hanno varcato l’ingresso del civico 39 di via della Croce Monica Bellucci, Madonna, Panariello, Kim Rossi Stuard, il team Formula 1 della Scuderia Mercedes, tanto per citare alcuni nomi.
Anche il menu non è cambiato granché. «I classici primi della nostra tradizione, carciofi e saltimbocca alla romana, abbacchio al forno con le patate, pollo alla cacciatora, polpette al sugo, coda alla vaccinara, puntarelle in salsa di alici, cicoria ripassata – elenca Fabio Scorzafava, insieme al fratello Antonio l’attuale gestore del locale – i piatti che hanno fatto la storia della Fiaschetteria Beltramme e tuttora i più richiesti da turisti e residenti».
Ci si andava senza prenotare e ci si accomodava ai tavoli dove capitava, se c’era posto, anticipando la moda dei tavoli sociali nata negli anni ’90-2000. Uno stile che in parte ha conservato, anche se oggi si può chiamare (il telefono è un’acquisizione degli ultimi anni) e fissare un tavolo. Vip e persone comuni venivano qui non solo per mangiare. Da Cesaretto si è sempre respirata una rilassata atmosfera casalinga e informale: mentalmente lasciavi le scarpe fuori dalla porta e ti mettevi in pantofole lasciando fare per le comande all’oste di turno.
Diverse volte Cesaretto ha rischiato di chiudere i battenti o di trasferirsi per fare posto a un’agenzia immobiliare o a una delle tante jeanserie del centro storico. Nel 1980 fu salvato dallo sfratto dal citato articolo di Mario di Soldati e da una levata di scudi di clienti famosi, che fecero intervenire l’allora ministro dei Beni Culturali Oddo Biasini. Di nuovo sui carboni ardenti nel 2012, di nuovo la protesta dei più influenti tra gli affezionati avventori e articoli di solidarietà, tra i quali quello di Stefano Bonilli nel suo blog Papero Giallo.
Cesaretto è stata la nostra meta preferita per la pausa pranzo quando la sede del Gambero Rosso si trovava in via Ripetta, di fronte al Ferro di Cavallo, il palazzo che ospita da una parte il liceo artistico, dall’altra l’Accademia di Belle Arti. Quando non mangiavamo nella cucina della redazione o (di rado) nel McDonald’s di piazza di Spagna, ci andavamo talvolta il venerdì, per chiudere in bellezza la settimana lavorativa, e se non pioveva. Amavamo quell’atmosfera spensierata, informale ed empatica che era nel Dna del locale.
Mollavamo lo gnocco nello stomaco e ci facevamo coccolare da Luciano Guerra, subentrato al padre Cesaretto e alla guida della Fiaschetteria fino al 1993. Luciano era uno degli ultimi formidabili “osti” romani di cui si è perso lo stampo, impareggiabile nell’accogliere gli avventori. Amavamo quella cucina casalinga senza pretese gourmet e sempre uguale a se stessa: una certezza. Ci sfamava a prezzi umani e ci faceva trascorrere un’ora di relax e buon umore, condividendo il tavolo con chi capitava, talvolta persone famose che, come noi, venivano per una pasta cacio e pepe e una boccata di romanità.
Fiaschetteria Beltramme – via della Croce 39 – 0669797200 – fiaschetteriabeltramme.it
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