Una delle migliori pizze d’America la prepara una giovane ragazza in un paesino sperduto del Mississippi. Marisol Doyle è nata in Messico, ma vive negli Stati Uniti da diversi anni. E la cittadina dove ora abita non è “sperduta” per modo di dire, lo è per davvero: Cleveland, a mezzoretta di auto dall’imponente Delta del fiume Mississippi (il Big River cantato da Johnny Cash), conta sì e no 12mila abitanti e non è una meta particolarmente attraente. Arrivi e tutto sembra dilatato, le distese di campi di mais e soia alle porte della città sono ipnotiche, poi la strada principale si contorna di piccole case in legno senza recinzioni e più la si percorre e più somiglia a un’austera via di provincia. Scendi dall’auto, ti guardi intorno dubbioso, destra sinistra, sei a Cleveland ma non ne sei poi così certo, i soliti punti di riferimento delle città europee non esistono, niente piazze, niente quartieri, è tutto enorme, uno spazio che disorienta il turista italiano in particolare. I semafori spezzano infinite strade verticali e Cleveland si sviluppa intorno a una di queste. È una città sì, ma sembra un’enorme periferia. Eppure qui, incredibilmente, si mangia una delle pizze migliori degli Stati Uniti.
Tramonto sul Delta del Mississippi
Insomma, Cleveland è un piccolo sobborgo con negozi, pompe di benzina, supermercati giganteschi – dentro Walmart ci si perde facilmente – motel austeri con camere per fumatori, frequentati da quegli stessi fumatori che a volte preferiscono appoggiarsi sui ballatoi, qui il salutismo delle metropoli come New York non esiste, e poi il diluvio delle sei del pomeriggio che trasforma la piccola destinazione in un indirizzo tropicale. Vale la pena arrivarci, perché Cleveland come altre piccole cittadine del Delta esprime l’autentica soul, l’anima, del Sud degli Stati Uniti. Brutale nella sua semplicità , dignitosamente povera, piena di farm guidate da contadini trumpiani, quelli che i democratici chiamano con il dispregiativo di redneck.
A sinistra una pompa di benzina a Cleveland, a destra un pick up tipico del Sud degli Stati Uniti
È innegabilmente questo contesto che rende ancora più assurda l’iniziativa di questa giovane pizzaiola che, insieme a suo marito Rory Doyle, bravissimo fotoreport che tra gli altri collabora con New York Times, Washington Post e National Geographic (vincitore di un James Beard Award, l’Oscar della gastronomia statunitense, con un reportage incredibile su un diner sommerso da un’alluvione), ha aperto una pizzeria moderna in the middle of nowhere, dove i ristoranti più quotati sono le catene di fast food. E i risultati sono sorprendenti. Fragrante, leggera e ben cotta; una generosa dose di pepperoni come da tradizione. Marisol, che ha studiato a Napoli, si è addirittura fatta spedire un forno a legna dall’Italia in una delle zone rurali più povere degli Stati Uniti pur di sfornare un prodotto come si deve. Una rarità .
Al tavolo insieme alla pizza arriva anche un piccolo contenitore pieno di salsa color ambra. «È hot honey, potete metterlo sulla la pizza o pucciare direttamente il cornicione», spiega una delle ragazze sorridenti che lavora da Lena a Cleveland. Nonostante la diffidenza iniziale, seguiamo il consiglio. Mangi il primo spicchio e pensi: che sballo. E ancora e ancora. Poi finisci al mega Walmart incrociato all’arrivo a chiedere in quale delle migliaia di scaffali puoi trovare il miele piccante di Mike’s, come consigliato dalla gentilissima cameriera. È il souvenir più autentico da riportare a casa.
Marisol è sempre lì davanti al forno, tutti i santissimi giorni, stende e cuoce con l’aiuto di qualche collega. Pure questa è una rarità se si pensa ai pizzaioli di grido che stanno più fuori che dentro le pizzerie. E poi la componente femminile che lascia stupiti: che bello vedere così tante donne lavorare nello stesso locale, com’è bello vedere una donna con la pala in mano che riesce a fare lo stesso lavoro degli omologhi maschi senza per questo essere considerata un’eroina, che bello se anche qui la pizza non venisse più considerata un affare soprattutto da uomini. Fortunatamente degli esempi ci sono, ma siamo ancora troppo timide.
A sinistra l’entrata di Lena, a destra il bagel artigianali con salmone e creme fresh di Marisol
Lena è un posto speciale, chi abita a Cleveland ci va per molte ragioni, tra cui i bagel che vengono serviti solo il sabato mattina. Ed è forse questo il miglior momento per uno studio antropologico della piccola città americana, così come è il miglior momento per capire la piccola rivoluzione di Marisol. Decine di famiglie si radunano qui, fanno mezz’ora di fila, a volte anche di più, per poter assaggiare dei fantastici bagel artigianali. Forma perfetta, gommosità elastica, superficie liscia e dorata. Piccoli capolavori. I ripieni sono tanti, così come le tipologie di ciambelle, classiche, con i semi, integrali. Meritano la versione classica con bacon e uova (s-t-r-e-p-i-t-o-s-a) e quella più nordica con salmone, cipolle e capperi. Very good.
Una delle famiglie in fila da Lena
Dicevamo delle file. C’è un po’ di tutto. Il cliente medio è lo statunitense di provincia che vive nelle grandi case in legno, le famiglie con figli, i single con i capelli colorati, agricoltori della zona in cerca di un momento di riposo. Amici e amiche. I turisti sono pochissimi, impercettibili, ed è probabilmente questo che rende questo luogo così speciale, autentico nel suo essere ignorato delle masse. Lena li accoglie tutti, si chiude quando i bagel finiscono, quindi arrivare di buon mattino assicura di potersene accaparrare uno.
Il sabato mattina qui è speciale, c’è un’energia che è impossibile trovare altrove. I dialoghi in inglese con accento locale diventano una melodia affascinante seppur incomprensibile. Prima di mettersi in fila c’è chi si fa un giro nel piccolo parco di fronte, composto da qualche quercia, un quadrilatero di erba rigogliosa e un paio di tavoli in legno. Di lato, sia a destra sia a sinistra, piccoli negozi di vicinato, una libreria che apre tre ore al giorno, qualche boutique non raffinata, un negozio di giocattoli.
Alcune delle bancarelle del mercato del sabato di Cleveland
Ma è proprio davanti al locale di Marisol che va in scena un tipico mercato americano, capitarci è una fortuna. Poche bancarelle, dislocale a una certa distanza l’una dall’altra, lo spazio non manca mai, c’è chi vende confetture, chi saponi costosissimi e candele profumate, altri portano qualche ortaggio raccolto lì intorno, conserve prodotte dalle aziende agricole della zona. Cocomeri giganti, pesce che sembrano arance. E poi musica, tanta musica, come nel resto del Mississippi, anzi come in moltissime altre parti del South degli Stati Uniti. I classici di Eric Clapton sono quelli che vanno per la maggiore, ma ogni tanto qualcuno intona il Bruce Springsteen,. il Boss come lo chiamano da queste parti, ed è subito festa. In questa cornice remota, una giovane donna con la sua pizza ha dimostrato coraggio da vendere. Ci torno.
Foto dell’autrice
Foto di copertina e quella della Pepperoni pizza Rory DoyleÂ
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