È grazie a un’esperienza pluridecennale nella panificazione che i fratelli Quaglia – proprietari del panificio Panequaglia a Sant’Urbano, in provincia di Padova – si aggiudicano il premio Pane Tipico della Guida Pane e Panettieri d’Italia 2026 del Gambero Rosso. Qui resistono, sì, i formati della tradizione – piccoli e a pasta dura – ma è la rivisitazione di prodotti come la Ciopona e il pan biscotto a permettere a Massimo Quaglia (responsabile della produzione del pane) di dare una sferzata di aria fresca alle tradizioni, rispondendo prontamente all’evoluzione del mondo dei panificati senza rinunciare al valore storico dei prodotti della sua terra.
Massimo, può raccontarci la storia di Panequaglia?
L’attività è stata avviata da mio padre negli anni ‘60 ed era un panificio tradizionale, poi, dopo aver finito gli studi, sono entrato in laboratorio, diventando il responsabile della produzione. Quello è stato un periodo di cambiamento per l’impresa di famiglia perché ho introdotto dei metodi nuovi, tra cui l’uso del lievito madre e delle farine integrali con grani selezionati; ad oggi, oltre a produrre pane, siamo anche grissinificio, pasticceria, bakery e ci concentriamo molto pure sui lievitati dolci da ricorrenza.
La sua passione per il pane quando è nata?
Sono entrato in contatto con l’ambiente del laboratorio quando ero ancora giovanissimo, si può dire che ci sono cresciuto dentro. Procedendo col mio percorso di formazione, poi, ho deciso di studiare Scienze Politiche, ma appena conseguito la laurea sono subito tornato a dedicarmi all’attività di famiglia; ero convinto di voler fare questo lavoro.
Siete nella patria dei piccoli formati, la clientela cosa ricerca?
La verità è che il piccolo formato continua a sopravvivere solo nelle attività di ristorazione e noi continuiamo a produrlo soprattutto per loro, ma è sempre più vicino a scomparire anche lì; la clientela che acquista da noi ormai è “educata” e ha capito che comprare una pagnotta di grandi dimensioni offre dei vantaggi a livello di conservazione: il pane a lievito madre in formato grande mantiene le sue caratteristiche pressoché invariate per 3-4 giorni, mentre quello fatto con metodi più tradizionali se non si consuma in giornata è già da buttare.
Non si possono fare i piccoli formati con il lievito madre?
Sì, si possono fare, ma la resa non è ideale. Il lievito madre e le farine integrali rendono molto meglio nei grandi formati, per i pani piccoli è meglio utilizzare altri metodi di lievitazione.
Quindi la sua produzione ha subito una grande evoluzione negli anni?
Abbiamo visto molti panifici chiudere perché non sono stati in grado di adeguarsi e non hanno innovato i loro metodi di produzione. Parlando onestamente, il panificio contemporaneo deve essere in grado di dare un valore aggiunto al prodotto per poter far tornare i conti. Ad esempio la ricerca e l’introduzione di prodotti più particolari e di nicchia ci ha permesso di attirare una clientela più ampia, nella quale ci sono delle fasce che sono disposte a spendere di più. Facendo così siamo riusciti ad allargare molto il nostro “giro” e stiamo lavorando sempre di più, mentre i panifici che non si sono rinnovati hanno già chiuso.
Molto schiettamente, le scelte sono poche ma essenziali: l’uso del lievito madre, la selezione degli ingredienti e il rispetto dei tempi di fermentazione, che sono piuttosto lunghi. Per i prodotti più classici che produciamo quotidianamente – come pane semplice e grissini – usiamo farine locali, mentre per i prodotti più particolari usiamo farine di segale e grani duri provenienti da altre zone d’Italia, come nel caso del Senatore Cappelli, che invece proviene dai nostri terreni, che abbiamo “adottato” in Sicilia.
Vede dei trend nel mondo della panificazione?
Sicuramente una tendenza recente è quella che riguarda i pani fatti con farine di segale e lievito madre di segale; il pane inteso alla maniera nord-europea si è diffuso molto.
Un prodotto storico?
È interessante la storia del pan biscotto, pane tipico della zona, che siamo riusciti a far sopravvivere grazie a delle modifiche alla ricetta originale. Storicamente è un pane a bassissima idratazione, duro, il che presuppone un alto dispendio energetico per “togliere l’acqua” dall’impasto e di conseguenza un alto costo di produzione: se lo avessimo proposto nella versione classica, non lo avremmo mai venduto.
Come lo avete “salvato” dall’estinzione?
Per non eliminare il prodotto dalla nostra linea abbiamo deciso di reinterpretarlo in due modi: uno è quello biologico, caratterizzato da una grande ricerca delle materie prime e un forte controllo sulla filiera, e l’altro è quello che noi chiamiamo pan biscotto “duro”, fatto con farina di tipo 1 senza lievitazione e cotto su pietra. Queste scelte sicuramente lo hanno reso un prodotto di nicchia, ma garantiscono un’altissima qualità e rendono il cliente più incline ad accettare un prezzo elevato; senza questi accorgimenti il processo non sarebbe stato economicamente sostenibile, infatti la versione classica è ormai introvabile.
La Ciòpona invece cos’è?
La Ciòpona è il nostro pane più identitario; viene dalla parola “ciopa”, che in Veneto è un’unità di misura riferita alla dimensione del pane, anche se non è molto chiaro a quanto corrisponda. Noi l’abbiamo intesa come un pane da diverse pezzature, che vanno da 300 gr fino a 1,5 kg e anche 2 kg, fatta con farine integrali. Questo prodotto è emblematico per noi, lo produceva già mio padre quando il laboratorio era suo, usando farine tradizionali (farina 00, ndr) e la biga al posto del lievito madre, poi quando sono subentrato io ho rivoluzionato la ricetta. Rimane sempre molto apprezzato.
I suoi prodotti preferiti?
Io sono innamorato del pane a lievito madre, è sicuramente il mio prodotto preferito. Adesso ci siamo abbastanza affermati anche nella produzione di grissini, li commercializziamo sia in Italia che all’estero e ne produciamo 13 tipi, tutti diversi, con farine speciali; pur rimanendo un prodotto artigianale siamo riusciti a raggiungere una produzione su larga scala. E, per finire, ho una forte passione per i lievitati dolci, specialmente i panettoni, su cui faccio moltissima ricerca, selezionando ingredienti di grandissima qualità e cercando di migliorare ogni anno; fino ad ora mi hanno dato molte soddisfazioni.
Panequaglia – via Rottella Sinistra, 1 – Sant’Urbano (PD) – 0429 693247
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