La storia del barbecue affonda le radici nelle tecniche indigene, si mescola con le tradizioni africane e si ridefinisce nelle celebrazioni di emancipazione, trasformandosi così in un simbolo di libertà e resistenza. Il barbecue è una tecnica di cottura lenta, fatta di fumo, aromi e pazienza, ma è anche molto di più: è un rito collettivo, un’eredità culturale che attraversa secoli e continenti. L’evoluzione del barbecue ripercorre le vicende di popoli che, attraverso il cibo, hanno mantenuto viva la loro eredità culturale.
Molto prima che il barbecue diventasse un’icona statunitense, i nativi delle Americhe cucinavano la carne in profonde fosse scavate nella terra. Popolazioni come i Taino nei Caraibi, e i gruppi nativi Cherokee, Creek e Choctaw nel sud-est degli attuali Stati Uniti praticavano la cottura della carne su braci ardenti, spesso coprendola con foglie per mantenerne l’umidità e il sapore. Queste tecniche permettevano una cottura lenta che rendeva la carne tenera e saporita. Tecniche simili esistevano anche nelle culture dell’Africa occidentale e centrale, dove la cottura su fuoco vivo era pratica comune. Il popolo Hausa dell’Africa occidentale aveva un termine per questo tipo di cottura, babbake, che veniva usato per descrivere un complesso di parole che si riferiscono alla grigliatura, alla tostatura, alla costruzione di un grande fuoco, e alla cottura del cibo per un lungo periodo di tempo su un fuoco importante. Quando gli africani furono portati con la forza nelle Americhe, le loro conoscenze si sono fuse con quelle indigene, contribuendo alla creazione dell’attuale cultura del barbecue negli Stati Uniti.
Nel Sud degli Stati Uniti, il barbecue nelle piantagioni era un evento sociale di grande importanza. I proprietari terrieri organizzavano grandi banchetti per occasioni politiche e festività, durante i quali si cucinavano enormi quantità di carne sulle “pit”, fosse scavate nel terreno, piene di brace. Queste celebrazioni erano spesso contrassegnate da una netta separazione tra chi cucinava e chi mangiava: i bianchi godevano del pasto, mentre gli schiavi lavoravano per ore senza sosta. La preparazione della carne era infatti un lavoro lungo e laborioso. Bisognava sgombrare l’area, tagliare e bruciare la legna per la brace, e scavare la fossa la cui misura variava a seconda del numero di ospiti e quantitativo di carne. Carne che andava prima macellata, frollata, cotta e condita con salse e marinature che andavano preparate in anticipo; c’era da gestire il fuoco, e poi servire il cibo, intrattenere gli ospiti e pulire dopo. Date le dinamiche razziali del Sud prima della Guerra Civile, erano gli schiavi a svolgere quel lavoro. Questi momenti offrivano questi l’opportunità di ritagliarsi piccoli spazi di socialità e scambio culturale, di tramandare segreti culinari e di rafforzare il senso di comunità. Ma di mangiare, quello no. Gli schiavi erano spesso malnutriti e non gli era mai permesso di godere del frutto di tutta quella fatica.
Alcuni schiavi divennero rinomati per la loro abilità nella preparazione della carne e furono richiesti per eventi in piantagioni diverse. I pitmaster afroamericani erano maestri nell’uso del fumo e del calore per ottenere carni succulente e saporite, competenze che, in seguito, permisero ad alcuni di loro di aprire le prime attività di barbecue dopo la fine della schiavitù.
Le salse barbecue devono molto all’eredità africana. Gli schiavi hanno introdotto l’uso di spezie aromatiche e piccanti, integrate poi con gli ingredienti locali. Salse e marinate servivano per esaltare il sapore, aggiungere piccantezza e ammorbidire le carni. Ogni zona ha sviluppato una propria variante: la Carolina del Nord prediligeva una salsa a base di aceto, mentre la Carolina del Sud preferiva la senape grazie all’influenza dei coloni tedeschi. In Texas, il focus era sulla carne, spesso servita con marinate a base di pomodoro e melassa dalle note affumicate.
Dopo la Guerra Civile e l’abolizione della schiavitù, il barbecue ha assunto un nuovo significato. Sono 4 milioni gli afroamericani che sono stati liberati dalla schiavitù alla fine del conflitto. Per festeggiare la libertà appena conquistata, le piccole comunità hanno celebrato l’Emancipation Day preparando piatti tipici della tradizione afroamericana. Ma questo non accadeva nell’intero Sud: due mesi dopo la fine della guerra civile, nell’aprile 1865, i proprietari di schiavi di Galveston, in Texas, si rifiutarono di dire ai loro schiavi che la guerra civile era finita e che erano liberi. Il 19 giugno 1865, il generale di brigata degli Stati Uniti Gordon Granger e le sue truppe, arrivati a Galveston hanno emanato un ordine generale che dichiarava che gli schiavi in Texas erano finalmente liberi. Per celebrare la libertà, gli ex-schiavi di Galveston con altre comunità nere negli Stati del Sud, si sono riuniti in parchi pubblici per cuocere al barbecue (e poi mangiare, finalmente) carne e altri cibi rappresentativi. Un’altra usanza legata a questa occasione era mangiare cibi rossi che rappresentavano il colore della libertà: anguria, fragole, bevande rosse, e red velvet cake, torta simbolo della resilienza e orgoglio culturale della comunità Black. La celebrazione del 19 giugno, proseguita nei secoli, è chiamata Juneteenth, proclamata Festa nazionale sotto l’amministrazione Biden nel 2021. L’attuale presidente ha tolto questa importante ricorrenza dal calendario.
Oggi il barbecue è ovunque, ma le sue radici restano legate alle popolazioni che l’hanno creato e tramandato. I nativi americani, i discendenti degli schiavi africani e le comunità marginalizzate hanno fatto del fuoco e del fumo una forma di espressione culturale. In un’epoca in cui le loro storie vengono spesso dimenticate o distorte, il barbecue ci ricorda che il cibo è anche memoria, lotta e sopravvivenza. Ogni fiamma che arde in una griglia è una forma di resistenza e di identità che racconta un passato che non deve essere cancellato.
Per vedere un pitmaster all’opera alla cottura al barbecue low and slow, ma anche alla grigliatura veloce secondo la preparazione desiderata, il programma sul meglio della cucina a stelle e strisce Uazz’America dedica un’intera puntata a questo affascinante metodo di cottura.
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