Invece di esaminare aspetti come l’incredibile dipendenza del settore da manodopera sottopagata e sottovalutata, composta da cuochi immigrati che non vedono mai il proprio nome sulle recensioni dei ristoranti, o da stagisti che pelano patate gratis, la quarta stagione della fortunata serie The Bear si concentra più sui personaggi e poco sulla cucina (era già successo nella terza stagione). Nessuno critica questa scelta. Ma anziché fare interessanti riff sulla tradizione culinaria italo-americana alla base del racconto della famiglia dei titolari, cucina che ha un suo perché, la quarta stagione si focalizza su pietanze sinceramente poco entusiasmanti. Una di queste è un piatto di cavatelli al pomodoro.
Oltreoceano, l’ultimo grido è cimentarsi a replicare i piatti della fortunata serie distribuita in Italia su Disney+. È stato cosi fin dalla prima stagione, quando tutta la rete sembrava ossessionata dalla frittata al Boursin con chips sbriciolate ed erba cipollina. Arrivati alla quarta stagione, i fan della serie emulano ancora una volta le preparazioni, nello specifico una pasta al pomodoro dal colore scarico. Una pozzanghera color salmone nella quale affogano dei cavatelli, completati al pass da una sudata sfoglia di Parmigiano e una fogliolina di basilico. Questa è la sfida di Tina, saucier della brigata.
Per tutta la durata della quarta stagione di The Bear, che secondo il conto alla rovescia che campeggia nella cucina del ristorante, dura 60 giorni, Tina ha un unico obiettivo: preparare un piatto di pasta in meno di tre minuti. Ogni membro della brigata infatti fa la propria parte per cercare di aiutare il ristorante a sopravvivere dopo che una tiepida recensione sul Chicago Tribune aggiunge ulteriore urgenza ai loro già gravi problemi finanziari. Due mesi per salvare tutto. Per Tina, questo significa ridurre il tempo necessario per preparare e impiattare un piatto di pasta del menu, in modo che il locale possa servire più rapidamente e accogliere più ospiti ogni sera. Ma la storyline ripetitiva di Tina dedicata alla preparazione del piatto di cavatelli è debole perché non si tratta di un piatto degno di tanta attenzione. Pallida e brodosa, la salsa ha più l’aspetto di una bisque. Peggio, ricorda le pennette alla vodka d’antan. Condimento nel quale nuota un cavatello industriale, neanche fatto a mano.
Di puntata in puntata seguiamo la lotta di Tina col cavatello. E chi attende una rivoluzione culinaria, o un arco narrativo in crescendo, resta a bocca asciutta. Perchè finché sarà schiava del timer, l’ingranaggio di Tina s’incepperà sempre. Mentre la sous chef Sydney, interpretata da Ayo Edebiri, si danna con schiume e capesante (ancora?), Tina proprio non riesce ad azzeccare il piatto nei tempi giusti. Prove su prove, per l’intera serie cerca spasmodicamente la perfezione, senza mai raggiungerla. Sydney, chiamata per un emergenza alla postazione di Tina nella puntata 3, completa il piatto in 2:39, ma il risultato visivo del piatto non è molto diverso dai tentativi precedenti.
Quando nell’episodio 8 un collega chiede a Tina un piatto di cavatelli solo per sé, fuori orario di servizio, e nessuna pressione da timer, Tina riesce. Bastava uscire dalla propria testa e incanalare la pressione, anziché combatterla. Bene, prova timer superata, ma il piatto? Ahimé malgrado la mantecatura, resta sempre una pallida brodaglia.
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