Nessuno si aspetta che Giulio Cesare si facesse due spaghetti aglio e olio, o una bella carbonara, ma forse qualche tipo di pasta era giร conosciuta al tempo dei romani. Gli autori che ne parlano sono davvero pochi e la questione รจ dibattuta ancora oggi.
Ciรฒ che sappiamo per certo รจ che il metodo piรน antico usato dai romani per consumare i cereali era la puls, una polenta piuttosto liquida che, a partire dalla fine dellโepoca repubblicana, venne sostituita gradualmente dal pane. Oltre alla cottura in forno, รจ certo che i romani usassero friggere gli impasti di acqua e farina, mentre non viene mai menzionata la lessatura in acqua.
Diverse fonti romane parlano di una specialitร chiamata โlaganaโ che รจ una diretta antenata dellโattuale lasagna. Viene descritta di solito come una sottile sfoglia di pasta cotta in forno e puรฒ essere assimilata a diverse specialitร odierne come, ad esempio, il pane carasau sardo.
Tra le rare ricette che citano esplicitamente le lagane nel mondo romano, due sono contenute nel De re coquinaria di Apicio (una raccolta di testi compresi tra i III e il IV secolo d.C.). Le preparazioni ricordano molto da vicino le odierne lasagne al forno che alternano una farcitura di carni, pesci, uova ed erbe aromatiche a sottili strati di pasta (le lagane, appunto). Dalla descrizione non รจ chiaro se le sfoglie venissero cotte in forno o fritte prima di essere utilizzate. Apicio consiglia di forare lโultimo strato del pasticcio con una cannuccia e questo particolare puรฒ suggerire che la pasta fosse cruda e, una volta in forno, si sarebbe lessata grazie al liquido contenuto nella farcitura.
Unโaltra citazione della lagana, questa volta letteraria, risale al I secolo a, C., quando il poeta Orazio mette a confronto la sua giornata con quella di un senatore. Il poeta confessa che non rinuncerebbe mai ai piaceri semplici della sua vita per gli agi e le ricchezze di una carica politica che comporta anche affanni e preoccupazioni. ร felice di essere libero di girovagare da solo per le piazze e i mercati della cittร , mentre a casa lo aspetta una cena modesta a base di porri, ceci e lagane.
Benchรฉ non entri nei particolari di cosa intenda per โinde domum me ad porri et ciceris refero laganique catinumโ, รจ chiaro che siamo di fronte a un piatto semplice, probabilmente conosciuto da tutti i lettori di Orazio.
Per noi invece, non รจ facile capire quale forma dovessero avere le lagane di Orazio e, soprattutto, se facessero parte del piatto stesso, come una sorta di pasta, oppure fossero delle comuni sfoglie di pane di accompagnamento.
Un indizio sulla forma -e la consistenza- delle lagane proviene da un testo particolare, il De Medicina di Aulo Cornelio Celso (I secolo d.C.) dove sono citate in due passi.
Le lagane vengono inserite, nel primo caso, tra i cibi delicati, morbidi e gelatinosi come โzuppa, lasagne, amido, pappa dโorzo, carne grassa e gelatinosa […] in particolare le zampe dei maiali, le teste di capretti, vitelli e agnelli, tutti i tipi di cervello; […] bulbi, il latte, il mosto cotto, lโuva passa e i pinoliโ.
La seconda citazione si trova invece nella sezione dedicata allโortopedia in cui Celso consiglia di consumare le lagane a chi ha subito la frattura della mandibola e puรฒ mangiare solo alimenti molto morbidi โcome le lasagneโ (lagano similibusque).
Celso, non cโรจ dubbio, aveva in mente un alimento dalla consistenza tenera e gelatinosa, compatibile con un sottile impasto di acqua e farina lessato in acqua e non le cialde di pane cotte in forno di cui parlano altri autori antichi come Ateneo, Cicerone e Plinio il Vecchio.
I due metodi di cottura delle lagane -al forno e lessate- dovevano probabilmente convivere in epoca romana e non รจ chiaro a quale tipo si riferisse Orazio per la sua cena, anche se la citazione lascia pensare a un unico piatto composto da tre ingredienti simile alle โlagane e ceciโ diffuse ancora oggi in Meridione.
Rimane un mistero il silenzio delle fonti antiche circa alla cottura in acqua che collocherebbe a tutti gli effetti lโinvenzione della pasta fresca in epoca romana. Si puรฒ solo supporre che fosse un tipo di preparazione non comune, oppure che si trattasse di un piatto modesto riservato alle classi popolari, come traspare anche dal passo oraziano, e pertanto non sia stata presa in considerazione dai cronisti e dai ricettari.
Come avrete capito, di questo piatto non esiste una vera e propria ricetta, per cui ci siamo limitati a ricostruire la cena di Orazio interpretando i suoi versi.
Per la sfoglia delle lagane abbiamo utilizzato il farro macinato a pietra, il cereale piรน usato in epoca romana, e la pasta รจ risultata particolarmente rustica, ma non spiacevole. Potete sostituirlo a piacimento con il grano tenero, ugualmente conosciuto e giร utilizzato in epoca romana.
Ingredienti (per 4 persone)
Lasciate a bagno i ceci per circa 12 ore e, dopo averli scolati e sciacquati, metteteli a lessare a fuoco basso coperti dโacqua per un paio dโore, salandoli verso fine cottura.
Nel frattempo tagliate a rondelle sottili un porro e fatelo stufare in un tegame capiente per circa mezzโora con 3 o 4 cucchiai dโolio, bagnandolo con poca acqua se necessario per mantenerlo morbido.
Una volta cotti i ceci, scolateli e aggiungeteli al porro, mescolando per insaporirli bene e, infine copriteli dโacqua portando di nuovo a bollore.
A parte preparate le lagane mettendo la farina a fontanella sulla spianatoia e aggiungete lโacqua calda aiutandovi a impastare con una forchetta, passando poi alle mani quando aumenta la consistenza. Una volta ottenuto un impasto liscio e omogeneo, lasciatelo riposare coperto da una pellicola per circa unโora.
Stendete la pasta con il matterello portandola a uno spessore di un millimetro circa. Una volta ottenuta la sfoglia, infarinate la superficie, arrotolatela e tagliatela a strisce larghe circa 3 dita che andrete ad allargare sul tagliere in modo che non si incollino tra loro. Buttate le lagane in acqua salata in leggero bollore e scolatele dopo un minuto circa, aggiungendole a ceci e porri. Mescolate delicatamente per non rompere le lagane e servite nelle scodelle in cui potete aggiungere una spolverata di pecorino grattugiato e pepe di mulinello, che non sono citati nei versi di Orazio, ma ci stanno benissimo.
a cura di Luca Cesari
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