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Taralli pugliesi e napoletani. Storia, caratteristiche e differenze

Non potrebbero essere piรน diversi. Unici elementi in comune: la tipica forma ad anello, le origini popolari e il gusto saporito. Per fugare ogni dubbio, abbiamo parlato direttamente con gli storici produttori di taralli pugliesi e campani, che qui mettono a confronto le loro ricette. Senza rivalitร : finirร  tutto a tarallucci e vino.

  • 23 Novembre, 2020

Di buoni motivi per sgranocchiare taralli, piuttosto che crackers o patatine, potremmo elencarne unโ€™infinitร . Queste sfiziose ciambelline salate Made in Sud ci ricordano che anche lo snack piรน semplice puรฒ regalare immense soddisfazioni (e creare una sana dipendenza). Del resto, la breve lista di ingredienti e le tecniche di lavorazione artigianali sono un ottimo pretesto per cedere alla golositร  (se poi volete provare a farli in casa, qui trovate sia la ricetta salata che quella dolce con glassa di zucchero). Bisogna perรฒ distinguere i taralli pugliesi da quelli napoletani, perchรฉ ciascun prodotto ha delle caratteristiche specifiche. Andiamo a scoprirle con lโ€™aiuto degli esperti.

La storia dei taralli: qual รจ il piรน antico?

Pugliesi o napoletani, i taralli nascono dall’inventiva della cucina popolare, capace di sfruttare a proprio vantaggio le necessitร  quotidiane per creare ricette sempre nuove. Ma in quale regione sono nati? Probabilmente la tradizione piรน antica รจ quella dei taralli pugliesi, che giร  dal 1400 venivano preparati nelle dimore contadine con pochi ingredienti facilmente reperibili (oggi, invece, li realizzano molti panifici di qualitร ); un’ipotesi plausibile, se consideriamo che hanno un impasto molto meno ricco rispetto ai cugini napoletani. Qui le scarse testimonianze storiche si intrecciano con le leggende, come quella di una mamma costretta ad aguzzare lโ€™ingegno in tempo di carestia, cui venne in mente di prepararli con i pochi prodotti che aveva in casa per sfamare i figli.

Taralli pugliesi

I primi taralli napoletani

E in Campania? Secondo Matilde Serao – autrice de Il Ventre di Napoli- si diffusero alla fine del ‘700 come stratagemma dei panifici per recuperare lo “sfriddo”, avanzo di pasta lievitata che non bastava per formare dei panini; i fornai lo condivano quindi con strutto e pepe e modellavano le striscioline ottenute a forma di anello; poi, una volta cotti, i taralli venivano venduti alle osterie o ai passanti in strada in modo da ricavarne qualche soldo. L’aggiunta delle mandorle -che, come vedremo, รจ prerogativa del tarallo napoletano- risale invece all’inizio dellโ€™800.

In entrambi i casi i taralli erano serviti perlopiรน con il vino, sia dai contadini pugliesi (che li offrivano ai loro ospiti come modesto benvenuto) sia dagli osti napoletani, per stimolare la sete degli avventori (proprio in questo contesto nasce l’espressione “finire a tarallucci e vino”, metodo sempre valido per risolvere le controversie di chi esagerava con l’alcool). Ma quali sono le differenze fra i due?

Taralli napoletani e cantucci

Lโ€™antica preparazione dei taralli pugliesi

Per definizione il tarallo รจ un biscotto salato e, in quanto tale, dev’essere sottoposto a una doppia cottura, prima in pentola e poi al forno“, spiega Roberta Genghi, proprietaria dello storico tarallificio Genghi’s di Bari. “Cosรฌ facevano le nostre nonne: bollivano l’impasto il pomeriggio e mettevano i cerchietti dorati a riposare coperti da un canovaccio per tutta la notte. La mattina seguente li facevano cuocere “a primo forno”, quindi prestissimo, verso le 6.ย  Purtroppo, oggi sono poche le attivitร  che rispettano la tradizione, perchรฉ la fase di bollitura richiede tempo e fatica; serve perรฒ a ottenere un tarallo della giusta consistenza. Per compensare, le aziende industriali ricorrono spesso alla cottura a vapore nei forni moderni, ottenendo un biscotto molto meno croccante“.

Produzione taralli Genghi's

Taralli pugliesi Genghi’s

Caratteristiche dei taralli pugliesi

Oltre al metodo, anche la ricetta varia a seconda del produttore e della cittร  d’origine,ย ma si possono individuare alcuni tratti comuni. “Anzitutto, gli ingredienti base sono 4: acqua, olio extravergine, farina e sale. Noi utilizziamo una farina di grano tenero di tipo 0 e un olio monocultivar Coratina dal gusto molto intenso, che ci permette di non aggiungere vino. Confrontando numerose ricette locali e fonti storiche, siamo giunti alla conclusione che il vino bianco si impiega solo nei casi in cui l’olio scelto ha un sapore neutro e un aroma tenue, oppure quando ne vengono miscelati diversi tipi (fra cui, purtroppo, rientra spesso anche la sansa)โ€. E le spezie? Si sa, i pugliesi amano preparare i taralli con i semi di finocchietto. โ€œNoi siamo piuttosto legati alla tradizione, quindi o li facciamo cosรฌ, o aggiungiamo all’impasto prodotti regionali come la Cipolla rossa di Acquaviva o il Cece nero della Murgia Carsicaโ€, conclude Roberta.

Taralli Genghi's

Prodotti del tarallificio barese Genghi’s

Taralli napoletani. Le differenze rispetto ai cugini pugliesi

Il tarallo napoletano differisce da quello pugliese per ricetta e tecniche di cottura: la prima vede lโ€™impiego di strutto- grasso animale alternativo allโ€™olio di oliva- e lievito, mentre la seconda avviene direttamente in forno, senza bollitura. Ad accomunare le due specialitร  regionali, invece, รจ la lavorazione dellโ€™impasto, che una volta raggiunto il giusto grado di elasticitร  viene suddiviso in panetti, da cui si ricavano dei cordoncini lisci. Infine, tramite la giunzione delle estremitร  si ottiene la tipica forma a ciambella. Tornando ai taralli napoletani, il gusto dipende soprattutto dalle proporzioni fra gli ingredienti. โ€œรˆ il quantitativo di strutto a determinare il risultato finaleโ€, ci spiega Massimiliano Malafronte, proprietario dellโ€™omonimo panificio di Gragnano, attivitร  storica giunta alla terza generazione. โ€œUn tarallo napoletano che si rispetti ne contiene almeno il 40%, ma noi preferiamo arrivare al 50%. La versione tradizionale รจ quella โ€œsugna, pepe e mandorlaโ€, in cui la frutta secca -sia intera che tritata- arricchisce di sapore il prodottoโ€.

Taralli napoletani Malafronte

Taralli napoletani del panificio Malafronte a Gragnano

Taralli napoletani: dalla cottura allโ€™assaggio

Come dicevamo, i taralli partenopei vengono infornati subito dopo la preparazione dellโ€™impasto, saltando il passaggio in acqua bollente. Ma la cottura prevede due step: โ€œuna prima fase a temperatura standard, fino a doratura, e una seconda fase di asciugatura (intorno ai 110 ยฐC) che serve a eliminare ogni residuo di umiditร  dallโ€™impasto e a rendere il biscotto croccante. Questo piccolo stratagemma fa sรฌ che il prodotto si conservi a lungo, anche fino a 4-5 mesi. Teoricamente anche di piรน, ma dobbiamo considerare che il tarallo napoletano contiene i grassi dello strutto e delle mandorle, che con il passare del tempo tendono a irrancidireโ€, osserva Massimiliano. Ovviamente lโ€™abbondante quantitร  di lipidi incide anche sulla consistenza delle ciambelline, che sono โ€œsimili alla pasta frolla, piรน friabili e meno croccanti di quelle pugliesi. E di grandezza maggiore, per via del lievito che le fa gonfiare leggermente in cotturaโ€.

In entrambi i casi, uno snack tradizionale di cui andare fieri (e da mangiare a volontร ).

Panificio Malafronte- Via Castellammare 146- 80054, Gragnano (NA)- www.malafronte.org

Tarallificio Genghiโ€™s- Cassano delle Murge Km 1,5- 70021 Acquaviva delle Fonti (BA)- www.taralligenghi.it

a cura di Lucia Facchini

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