
Non è con immagini stereotipate che si conquista la Cina. Parola del Master of Wine cinese Xing Wei, secondo cui troppe aziende, nel tentativo di “parlare” al pubblico locale, finiscono per scivolare in una semplificazione folkloristica che le porta ad ottenere l’effetto opposto.
Secondo l’esperto, solo due aziende si salvano da questa banalizzazione: Penfolds e Lafite, che sono riuscite a consolidare la loro presenza nel mercato cinese con delle strategie ben mirate.
É stato durante l’ultima edizione di ProWine Hong Kong che il MW ha lanciato un messaggio chiaro ai produttori internazionali che cercano di entrare o consolidarsi nel mercato cinese. «Comunicare con il pubblico cinese non vuol dire appiccicare un drago sull’etichetta» ha detto Wing Wei a Drinks Business.
Wei, che ha conseguito il prestigioso titolo di MW nel 2024, ha evidenziato come molti marchi occidentali si affidano a immagini o simboli stereotipati nel tentativo di incuriosire il pubblico cinese, ma con scarsi risultati. «Ogni anno vediamo etichette con l’animale zodiacale del momento. Il Drago, il Coniglio, il Serpente… È una scelta pigra e inefficace» ha dichiarato. «Non basta usare un simbolo riconoscibile per dire di aver compreso il consumatore cinese».
Secondo Wei, solo due marchi internazionali possono vantare un vero successo commerciale in Cina: Penfolds e Lafite. Due approcci diversi, ma accomunati da una strategia culturale ben realizzata. Penfolds ha infatti puntato sul colore rosso per quanto riguarda il confezionamento dei vini, che nella cultura cinese è associato a una tinta benaugurante. A questo hanno aggiunto un nome che in mandarino suona come “correre verso la ricchezza”. Lafite ha invece inserito il carattere cinese del numero 8 (simbolo di fortuna) sull’etichetta del millesimo 2008.
Il messaggio di Wei è chiaro: l’integrazione culturale deve essere autentica, non superficiale. Immagini come draghi o panda rischiano di trasformarsi in stereotipi stanchi e controproducenti. «Il rispetto non si improvvisa. Serve uno sforzo reale per capire la cultura locale».
Dalla sua ricerca svolta per il titolo di MW, Wei ha individuato due leve fondamentali per orientare le scelte d’acquisto dei consumatori cinesi. Da una parte l‘importanza del Paese d’origine, che rappresenta una sorta di “soft brand” che veicola qualità e fiducia. La Francia, ad esempio, gode di un’aura di prestigio che facilita la vendita, anche quando la qualità effettiva non è sempre all’altezza.
Dall’altro l’uso di un linguaggio adattato al mercato cinese: i descrittori comunemente usati in Occidente – come ribes nero o cassis – sono poco noti in Cina. È quindi necessario utilizzare nelle schede tecniche e nelle degustazioni, un immaginario sensoriale familiare ai consumatori locali. «Il rischio è che il consumatore si senta inadeguato e smetta di bere vino del tutto» ha detto Wei.
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