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"Momento difficile per i vini rossi: il codice della strada ha avuto il suo peso". L'allarme (e i progetti) del Consorzio di Montefalco

Il presidente Paolo Bartoloni racconta le novità del disciplinare del Trebbiano Spoletino e lancia l'idea di un Sagrantino Day a novembre

  • 19 Giugno, 2025

«Il 2024 è stato un anno positivo. Abbiamo chiuso con un aumento delle vendite del 21 per cento rispetto al 2023, a dimostrazione dei progressi della nostra piccola ma valorosa denominazione». Paolo Bartoloni, titolare dell’azienda Le Cimate e presidente del consorzio di Montefalco, inaugura così l’ultima edizione di “A Montefalco”, la presentazione annuale alla stampa della nuova annata 2021 di Sagrantino (che ricade sotto la docg Montefalco Sagrantino) e delle annate correnti della doc Montefalco, nelle versioni bianco e rosso, e della doc Spoleto, focalizzata sul trebbiano spoletino. La crescita dei volumi della denominazione è leggermente bilanciata al ribasso dalla diminuzione del prezzo medio delle bottiglie che tuttavia non ha inciso più di tanto sui profitti delle cantine aderenti al consorzio.

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La crisi delle vendite arriva pure a Montefalco

Tuttavia, Bartoloni lancia l’allarme per il 2025. «È un momento di grande difficoltà per tutto il mondo del vino italiano. Le vendite – avvisa – scendono ovunque. La crisi tocca in modo particolare le denominazioni rossiste, ma se si pensa che perfino il Prosecco, che in questi anni ha tirato la volata delle bollicine italiane, registra un segno positivo pari appena allo 0,4% riusciamo a comprendere bene l’arretramento in cui ci muoviamo. Anche la nostra denominazione, ovviamente, è colpita dal calo delle vendite, ma è ancora troppo presto per fare un bilancio per il quale attendiamo il quadro definitivo alla fine dell’anno».

In attesa dei dati generali finali, i produttori dell’areale umbro cominciano a fare i calcoli sul primo trimestre 2025: confrontato con lo stesso periodo dell’anno scorso il calo medio potrebbe aggirarsi intorno a un quarto delle vendite.

Pesano le norme del codice della strada

Sulle responsabilità della crisi Bartoloni non ha dubbi: «Il calo delle vendite all’estero è modesto, frutto delle crisi internazionali (guerre e dazi). Il nostro problema principale è il mercato italiano. Abbiamo aperto l’anno 2025 con la demonizzazione delle bevande alcoliche, vini inclusi, su qualsiasi canale di comunicazione: social, televisione e giornali cartacei hanno scatenato una campagna di terrorismo mediatico sull’alcol con conseguente riduzione del consumo del vino e calo delle vendite di cui sta risentendo il mercato».

Sotto accusa è l’iniziativa del governo. «Non c’è dubbio che la paura scatenata dalle nuove norme del codice della strada – assicura Bartoloni – abbia fatto la sua parte. Il nuovo codice non ha modificato i limiti di alcol consentiti (0,5 grammi di tasso alcolemico per litro di sangue), ma ha inasprito le sanzioni. E soprattutto la campagna del ministero dei Trasporti contro l’alcol ha creato molti timori nei consumatori, molti dei quali rinunciano al loro calice di vino quando escono la sera». Proprio Bartoloni nel febbraio scorso era stato l’estensore materiale della lettera firmata da quattro Consorzi di tutela dei vini umbri (Montefalco, Orvieto, Torgiano e Trasimeno, ai quali si sono aggiunti poi il Chianti e Montalcino) e inviata al ministro dei Trasporti con l’obiettivo di chiarire i contenuti delle norme, sdrammatizzare i rischi di infrazione e fornire le informazioni di base per conciliare consumo di vino e sicurezza.

Trebbiano spoletino: novità nel disciplinare

Ma la presentazione delle nuove annate alla stampa è anche l’occasione per raccontare le novità della denominazione. Che riguardano soprattutto il trebbiano spoletino. «A partire dal 22 maggio sono in opera le modifiche richieste dal consorzio e approvate dal ministero. Abbiamo eliminato l’obbligo del tappo di sughero e l’obbligo di utilizzare la bottiglia di tipo bordolese. Saranno ammesse le macerazioni fino al primo giugno. Per la nuova versione riserva saranno necessari 18 mesi di affinamento. Per lo spumante metodo classico non sarà possibile usare il tappo corona».

Ma, si sa, l’appetito vien mangiando e adesso il consorzio ha in serbo un’altra riforma da formalizzare entro la fine di giugno. «Ad oggi i comuni di Giano dell’Umbria, Gualdo Cattaneo e Bevagna – spiega Paolo Bartoloni – sono fuori dalla doc Spoleto che comprende attualmente i comuni di Campello sul Clitunno, Castel Ritaldi, Foligno, Montefalco, Spoleto e Trevi. Pertanto le cantine che si trovano in quei comuni e producono trebbiano spoletino sono costrette a imbottigliarlo sotto la denominazione Montefalco doc. Il nostro obiettivo è quello di ampliare l’areale previsto dal disciplinare ai comuni finora esclusi. Ci auguriamo di raggiungerlo entro un anno».

Un bianco in cerca di identità

L’iniziativa del consorzio dimostra che, in una fase storica di crisi dei vini rossi, l’opportunità di allargare il proprio portafoglio ampelografico e produttivo con un vino bianco di riferimento costituisce per la provincia di Perugia una grande occasione di mercato. Allo stesso tempo, la tipologia trebbiano spoletino soffre ancora le incertezze della gioventù. Gli assaggi della stampa specializzata rilevano ancora grandi differenze nella vinificazione e negli affinamenti, con una varietà di prodotti forse troppo ampia per una realtà così piccola. Insomma, la strada per raggiungere una identità condivisa sul versante bianchista della denominazione sembra ancora lunga.

«Il Trebbiano Spoletino è diventato doc solo dal 2011, pertanto è del tutto normale che in questi primi anni di produzione ciascuna cantina abbia cercato la sua specifica strada», osserva il presidente. Tuttavia, continua, «a me pare siano già emerse bene tre tipologie con una chiara connotazione: la prima è caratterizzata da una stilistica minerale e acida che offre vini pronti e freschi, l’altra è la versione superiore con un affinamento più lungo e l’uso dei contenitori di legno, l’ultima è la versione caratterizzata dalle macerazioni lunghe che danno vini più ricchi e strutturati».

La certezza del Montefalco Rosso

Nella piccola ma varia famiglia di Montefalco, invece, il Montefalco Rosso è il classico ‘figlio che non dà problemi’. «Sul Montefalco Rosso raccogliamo i frutti dell’innovazione apportata al disciplinare alla fine dello scorso decennio con il passaggio del sangiovese dal 60 all’80 per cento della massa totale, sempre ovviamente con l’aggiunta del sagrantino come da consuetudine. Il Montefalco rosso resta il vino di riferimento delle famiglie umbre e la nostra tipologia di maggior successo economico. Basti pensare che, nel 2024, ad ogni bottiglia venduta di Montefalco Sagrantino ne corrispondono tre di Montefalco Rosso».

Obiettivo: investire sul Sagrantino

Ad oggi, pertanto, il compito più oneroso per il consorzio resta la valorizzazione del Montefalco Sagrantino, una vera e propria nicchia che, con le sue 900 mila bottiglie, fatica ancora a farsi largo in una ragnatela di vitigni e denominazioni, legate tanto ai vini rossi quanto ai bianchi, che rende la mappa della viticoltura perugina più intrigante ma anche più complessa. Per realizzare questo compito, Bartoloni ha due sogni nel cassetto.

Il primo riguarda il disciplinare: «Me lo chiedo da 10 anni: come mai non abbiamo la riserva del sagrantino quando abbiamo già la riserva del Montefalco Rosso, prodotta da ben 17 cantine? Anche tanti produttori di altre denominazioni me lo chiedono. A livello di marketing sarebbe certamente un passo in avanti. Ne abbiamo cominciato a parlare un anno fa: l’obiettivo è quello di arrivare a 6-7 anni di affinamento, cinque dei quali in botte e il resto in bottiglia». E il secondo sogno? «L’anteprima generale per la stampa va benissimo, però mi piacerebbe fare il “Sagrantino Day”, completamente focalizzato sul nostro vitigno più identitario, magari a metà novembre, un periodo perfetto per il consumo dei rossi e per il mercato che si prepara alle feste natalizie».

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<<<< Questo articolo è stato pubblicato su Trebicchieri, il settimanale economico di Gambero Rosso.

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