Se c’è una professione difficile da svolgere negli Usa in questo preciso momento storico – tra Dazi e calo dei consumi – è quella del sommelier. In generale chi lavora nel settore del fine dining sta facendo scelte, a volte difficili, per venire incontro a una clientela che sta cambiando fin troppo velocemente, sia per cause geopolitiche come le guerre commerciali di Trump, sia per effetto di un cambiamento generazionale che sta modificando i gusti dei più giovani. A darci una panoramica sul tipo di difficoltà legate all’alta ristorazione è Yumi Ortiz, sommelier a New York con una formazione sul vino che va dal lavoro in varie cantine in Italia ed Europa, alle consulenze a ristoranti, passando per progetti editoriali legati al vino.
«Per quanto riguarda i prezzi oggi sono ancora stabili, ma sicuramente cominceremo a vedere gli aumenti intorno al mese di settembre. Dobbiamo vedere come va l’estate». La notizia delle cosiddette “tariffs” al 30% sui prodotti europei non ha particolarmente sorpreso Ortiz, ma la preoccupazione c’è e si capisce anche telefonicamente a quasi 7mila chilometri di distanza. «Il problema c’è nel settore vino così come in tutto il fine dining. Questi dazi stanno diventando un problema per noi in primis», ci confessa la sommelier che aggiunge «Nei ristoranti vediamo sempre meno persone nel fine settimana e stiamo tenendo botta con i business lunch dal lunedì al venerdì». Il problema, ci dice, è che la crisi del vino al ristorante si inserisce in un contesto più ampio di crisi della ristorazione di fascia alta: arrivano sempre meno persone in grado di spendere cifre importanti per una cena e di conseguenza sono pochi quelli che possono concedersi un calice di bianco importante a 30-40 dollari o una buona bottiglia a un centinaio di dollari.
Uno degli effetti di questa crisi è il riflesso che ha sui lavoratori dipendenti dei ristoranti, in particolar modo di chi si occupa del servizio di sala. Negli Usa i camerieri e sommelier possono arrotondare i loro stipendi, spesso non particolarmente alti, con le mance (che sono praticamente obbligatorie). Le cosiddette “tips”, infatti, sono una pratica comune e storicamente consolidata nell’uso e costume statunitense. Una pratica che a quanto pare comincia a vacillare in un periodo storico come questo: «Da un po’ di tempo capita che i clienti lascino meno mance. Siamo preoccupati perché questo si ripercuote ovviamente anche sui nostri stipendi che senza “tips” sarebbero esigui. Io stessa devo lavorare di più», ci dice Ortiz.
Per quanto riguarda il trend di clienti che prediligono vini “freschi” come bianchi, rosati e bollicine Ortiz conferma questa tendenza che però associa a varie cause: «Se si analizza la cosiddetta generazione Z posso dire che preferiscono senza dubbio i cocktail a un bicchiere di vino», ci confessa la sommelier. «Tendenzialmente la maggior parte dei clienti preferiscono bere Sauvignon Blanc e Pinot Grigio. Questa tendenza di bere vini più leggeri sta andando avanti da circa tre anni». Il fattore economico però, anche per quanto riguarda i rossi, sta incidendo parecchio sulle scelte al ristorante. «A parte il discorso della leggerezza, il problema che invece si sta riscontrando sui rossi, nell’ultimo anno, è che i migliori costano molto e anche chi è altospendente spesso preferisce ordinare un Chianti piuttosto che un Brunello di Montalcino».
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