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La verticale

Duca Enrico, in 8 annate la storia di un grande rosso nella Terra dei Contrasti

Il vino di punta di Duca di Salaparuta nasce dalla lungimiranza della cantina siciliana che diede vita ad alcuni dei più innovativi vini dell’Isola

  • 09 Giugno, 2025

Solo lo scorso anno la Duca di Salaparuta festeggiava i suoi duecento anni di storia, compleanno che la pone di diritto tra le aziende vitivinicole più antiche d’Italia. Certo questi due secoli di storia hanno visto succedersi alla testa della cantina realtà familiari, industriali e persino politiche; ciò che però è rimasto fortunatamente inalterato nel corso delle diverse gestioni è la volontà di portare avanti un’immagine reale della Sicilia vinicola e dei suoi territori, con tutti i suoi contrasti. E di seguire il vento della innovazione che da allora ancora non si è spento.

In apertura Tenuta Suor Marchesa, a Riesi (CL) dove nasce il nero d’Avola per Duca Enrico. Le foto sono di Benedetto Tarantino

Salaparuta: dalle origini al Duca Enrico

Le origini ci riportano alla famiglia Alliata, una delle più antiche dell’aristocrazia siciliana, e più precisamente a Giuseppe Alliata VII Principe di Villafranca e VII Duca di Salaparuta. La sua passione lo spinse quindi a creare nel 1824 la casa vinicola Corvo del Duca di Salaparuta con i vigneti di Casteldaccia, non distante da Bagheria e dalla Villa Valguarnera. Edoardo Alliata, 10° Duca di Salaparuta, diede all’azienda una nuova dimensione imprenditoriale. Ma fu poi il nipote, il giovanissimo Enrico Alliata, a meritarsi l’appellativo di “Signore dei vini”: portò la Corvo a essere la prima azienda vinicola siciliana grazie a continue innovazioni. Con lui la cantina di Casteldaccia moltiplica prodotti ed etichette, i suoi vini crescono in qualità e si diffondono a livello internazionale: fornisce le ambasciate straniere e la Santa Sede, colleziona premi e riconoscimenti in tutto il mondo. Il Duca Enrico, spaziò nei suoi interessi dal vino alla filosofia, tanto da scrivere un Manuale di Gastrosofia, libro pioniere della cucina vegetariana e crudista.

Topazia: l’ultima Alliata in cantina

Degna figlia di Enrico Alliata fu Topazia: pittrice, scrittrice e gallerista sposò un intellettuale fiorentino: Fosco Maraini. Da loro nacque la scrittrice Dacia. Nel difficile periodo del dopoguerra, Topazia Alliata tenta di risollevare le sorti della Corvo: fu lei a battezzare la famosa Colomba Platino, un bianco da uve Inzolia molto innovativo per i suoi tempi. Con Topazia, però, si interrompe il lungo legame tra la famiglia Alliata e la sua cantina che nel 1961 passa in proprietà alla Regione Sicilia che alla fine degli anni ’70 la portò a produrre 7 milioni di bottiglie l’anno.

Rivella e Giacosa:  la nuova vita di Salaparuta

Ma in quegli anni un altro spirito innovativo entra in azienda: Ezio Rivella, giovane enologo piemontese che capisce le potenzialità della cantina e dei vini dell’isola.Nei primi ‘80 sarà Franco Giacosa a guidare l’azienda: è lui che viene incaricato di creare un nuovo rosso ricco di personalità in grado di competere con i mostri sacri dell’enologia mondiale. Lavoro arduo, ma lui, coraggioso e testardo come gli Alliata, cominciò a sperimentare e in pochi anni diede alla luce il nuovo rosso. Allora i vigneti non c’erano più e Giacosa non chiese ai fornitori di piantare uve internazionali, ma punto sugli autoctoni e cercò le uve e le vigne più vocate: un progetto innovativo e sperimentale che richiedeva un lungo lavoro e l’aiuto di molti collaboratori. La Duca di Salaparuta confermò anche in quella occasione modernità e spirito innovativo sostenendo l’enologo nella miriade di selezioni e microvinificazioni necessarie per arrivare all’obiettivo e 5 anni dopo (e dopo 120 vinificazioni sperimentali l’anno con le tecniche più svariate) nasce il nuovo vino: Duca Enrico, in onore di colui che aveva dato la vera svolta all’impresa degli Alliata. Nel panorama vinicolo siciliano dei primi anni ’80, irrompe così questo rosso potente e raffinato: prodotto da sole uve Nero d’Avola, raccontava tutto il carattere dell’isola e della sua gente. Con la vendemmia 1987, vide la luce anche il Bianca di Valguarnera, un complesso Insolia vinificato in barrique. Erano i due fuoriclasse della Duca di Salaparuta: ottennero ampi riconoscimenti di critica e di mercato e sono il vero punto di partenza della moderna enologia siciliana.

Il nuovo Gruppo con Ilva Saronno e le tre tenute siciliane

Oggi la cantina è passata nel portfolio della Ilva di Saronno controllato dalla famiglia Reina e che ha anche le Cantine Florio di Marsala: ora Corvo, Duca di Salaparuta e Florio si ritrovano riuniti in un’unica realtà, il Gruppo Duca di Salaparuta, primo gruppo vitivinicolo privato dell’isola. Per legare indissolubilmente i vini più prestigiosi del gruppo alla Sicilia, la famiglia Reina acquista nel 2001 tre diverse tenute vitivinicole con forti peculiarità territoriali al fine di soddisfare al meglio le esigenze pedoclimatiche dei vitigni scelti per le sue etichette. La Tenuta Risignolo che occupa 35 ettari vitati a Salemi (Trapani): qui i vitigni che si esprimono meglio sono Insolia e Grillo. Buoni anche i vini a base Zibibbo. Provengono da qui le uve da cui nasce il Bianca di Valguarnera. La Tenuta Suor Marchesa con 127 ettari di cui 93 vitati a Riesi (Caltanissetta): su queste colline ventilate e con buona escursione termica il Nero d’Avola trova da sempre il suo habitat ideale e qui gli sono dedicati ben 52 ettari di cui 5,5 coltivati ad alberello (a 350 metri sul livello del mare); da loro nasce il famoso Duca Enrico, affinato per 14-18 mesi in barrique di rovere francese. La Tenuta Vajasindi che occupa 21 ettari sul versante Nord dell’Etna a Castiglione di Sicilia in frazione Passopisciaro: qui prosperano gli indigeni Nerello Mascalese e Carricante a fianco al Pinot Nero.

La verticale: Duca Enrico in 8 annate

In occasione dei suoi 200 anni di vita – che la pongono ai vertici della classifica delle più antiche aziende italiane – abbiamo degustato in verticale 8 annate del rosso di punta di Duca di Salaparuta, figlio della innovazione tecnologica e agronomica tra gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso.

90
Duca Enrico 1984

Duca di Salaparuta
Casteldaccia (PA)
Prima annata di Duca Enrico. La veste ha una bella tonalità granato ancora di buona vitalità per i suoi anni. Il naso offre sensazioni ampie e intense con aromi di carattere che vanno dal cuoio al sottobosco, passando da bei aromi di funghi secchi. Al palato ha corpo discreto e tannini completamente risolti: un bel vino che ha ormai raggiunto la piena maturità.

94
Duca Enrico 1985

Duca di Salaparuta
Casteldaccia (PA)

Una spiccata brillantezza lo conserva più giovane del precedente. L’olfatto è un tripudio di aromi: note fresche (bacche rosse) e più complesse (cuoio) si rincorrono. La bocca non ha cedimenti: tannino ben presente e morbido, persistenza invidiabile. Ma ciò che lo issa di diritto tra i grandi rossi italiani è la freschezza gustativa che caratterizza il Duca Enrico.

94
Duca Enrico 1997

Duca di Salaparuta
Casteldaccia (PA)

Il colore non si discosta molto dai vini precedenti; il naso invece sfoggia incredibile gioventù con una nitida e intensa base fruttata su cui si innestano raffinati sentori di pepe nero. La bocca classica e austera, con una trama tannica fitta e profonda e una persistenza da fuoriclasse, è molto distante dall’idea comune che vuole i Nero d’Avola pesanti e opulenti.

90
Duca Enrico 2004

Duca di Salaparuta
Casteldaccia (PA)

La veste è molto profonda e ancora giovane, con tonalità rubino e cenni granato. Le note tostate (caffè) ci fanno pensare che forse la percentuale di legno nuovo superasse la quota solita del 50%. Al palato la ricchezza e la polpa fruttata si fanno notare dando maggior volume a un insieme di grande vitalità che i tannini e l’acidità induriscono un po’.

94
Duca Enrico 2008

Duca di Salaparuta
Casteldaccia (PA)

Al naso vince la parte fruttata con belle note di bacche nere e leggeri cenni di prugna rilanciati da sentori di tabacco e pepe; la bocca, aristocratica ed elegante, mette in avanti invece la proverbiale acidità di Duca Enrico, senza però dimenticare la sua raffinata impalcatura tannica. Si tratta di un vino costruito per il lungo invecchiamento in bottiglia.

92
Duca Enrico 2016

Duca di Salaparuta
Casteldaccia (PA)

Si oppone alla raffinata severità del 2008 con un naso intenso con nitidi aromi di bacche rosse e nere toccati da sentori di rabarbaro e tabacco. La bocca è ricca e possente, ma la bella polpa fruttata, insieme alla morbidezza dei tannini e alla leggera sensazione avvolgente dell’alcol, riescono ad equilibrare il vino, che alla fine rimane immediatamente piacevole.

96
Sicilia Nero d’Avola Duca Enrico 2020

Duca di Salaparuta
Casteldaccia (PA)

Il colore rubino è intenso e particolarmente brillante. Il naso, intenso e raffinato, offre belle note di frutta rossa seguite da sfaccettati sentori di grafite e tabacco, senza mai perdere il ricordo di pepe. La bocca è straordinaria, con tannini educati e polpa di alta levatura, che regalano piacevoli sensazioni aggraziate e un persistente finale di grande classe.

93
Sicilia Nero d’Avola Duca Enrico 2021

Duca di Salaparuta
Casteldaccia (PA)

Il rubino intenso e brillante indica un imbottigliamento recente e anche il naso, ricco di sentori freschi di bacche rosse e nere e di toni fumé, appare molto giovane, sebbene già elegante e complesso. La bocca, già morbida ed equilibrata, si mostra ancora molto giovane. Un grande vino che non ha ancora il tocco magico del 2020.

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