La collina di Erbusco in Franciacorta è un gran bel posto dove fare vino. Qui ha sede San Cristoforo, la cantina fondata nel 1992 dalla famiglia Dotti, perfettamente integrata con il territorio. Alla guida troviamo Celeste Dotti, tra le più ispirate produttrici delle denominazione, che ha preso il testimone dai genitori Claudia e Bruno. L’intercettiamo per misurare il termometro della Franciacorta, che con i i suoi 20 milioni di bottiglie ogni anno si attesta come primo distretto del Metodo Classico in Italia.
Partiamo dagli esordi, cosa ti ha spinto a produrre vino in Franciacorta?
Beh, sono nata nel 1992, anno in cui i miei genitori hanno fondato la cantina, mi piace dire che è come fossimo sorelle. Ho sempre saputo che avrei lavorato nel mondo del vino, non ho mai preso in considerazione nessun’altra strada.
La tua filosofia produttiva in tre parole?
In realtà ho una sola parola che la riassume alla perfezione: Territorio, inteso sia come rispetto della storicità della nostra area di produzione, che come cura della terra in quanto ecosistema vivente.
E il produttore come lo esalta questo territorio?
In passato si tendeva a affidarsi a consulenti esterni. Il vignaiolo di oggi è un custode del territorio. Penso infatti che sia fondamentale stare in cantina e nei campi per avere una visione olistica della propria azienda.
Trovi ci siano delle differenze sostanziali tra la tua azienda e le aziende “storiche” della Franciacorta?
Sicuramente in Franciacorta c’è una grande spaccatura tra chi come me crede nell’artigianalità e chi invece nell’imprenditoria. Non distinguo basandomi sul numero di bottiglie, mi riferisco invece all’attenzione e alla qualità produttiva.
L’apartenenza al consorzio del Franciacorta è una questione delicata, diversi produttori giovani oggi non ne fanno parte o scelgono di lasciarlo, come mai?
Innanzitutto io credo fermente nel consorzio, inteso come unione di persone accomunate da un obiettivo e legato a un disciplinare ben preciso. Scrivere ‘Franciacorta’ sulla bottiglia è una sfida: rispettare le regole è fondamentale per avere risultati di eccellenza. Penso che oggi non essere nel consorzio sia visto come una moda per differenziarsi dagli altri ma non riesco a condividere questa scelta. Sicuramente noi giovani troviamo poco spazio rispetto alle aziende più grandi e storiche, tuttavia dobbiamo giustamente lottare per trovare il nostro posto.
Di sicuro, c’è stato un netto cambiamento di stile nei Franciacorta negli ultimi anni.
Sicuramente si è passati a dosaggi molto più bassi nelle liqueur, noi è dal 2004 che proponiamo un millesimato dosaggio zero. Penso sia stata una scelta azzeccata, non tanto a livello di percezione del gusto, ma per raccontare al meglio le nostre vocazioni territoriali. Ogni annata ha le sue peculiarità: ci sono annate perfette e altre meno, ed è giusto che ognuna venga espressa senza troppe costruzioni.
Il vino che più vi rappresenta?
È appunto il progetto nato nel 2004: il dosaggio zero millesimato, che produciamo solo nelle annate migliori: 100% di Chardonnay.
San Cirstoforo nel futuro: cosa si cambia e cosa si mantiene?
Innanzitutto il rispetto del nostro territorio: se c’è una zona con il bosco, lasciamola. È fondamentale preservare la biodiversità. In secondo luogo sperimentare: sono nata con l’idea di vinificazione in acciaio, ma negli ultimi anni ho deciso di provare a usare il legno. I risultati si vedranno tra qualche anno e, a quel punto, faremo le nostre valutazioni, tuttavia è importante continuare a evolvere e migliorare.
Il Franciacorta ND (non dosato), prodotto da sole uve chardonnay si è aggiudicato Tre Bicchieri nella Guida Vini d’Italia 2025. Il palato è armonico, cristallino, sapido e profondo con un perlage persistente e cremoso che dona vitalità al sorso. Il naso è intenso, elegante e sfaccettato nei toni di frutto bianco, erbe aromatiche e miele. Chiude lunghissimo, su note sapide e di grande piacevolezza. Il prezzo? Intorno ai 30 euro in enoteca.
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