«Il 2024 non passerà alla storia come un anno memorabile. L’ultimo quinquennio ha visto un susseguirsi di “cigni neri” che hanno incrinato tutte le certezze: prima l’epidemia di Covid, poi due guerre, infine i dazi. Ne deriva un’incertezza che non vivevamo dal grande shock petrolifero degli anni ’70 del secolo scorso. Ciò nonostante definirei il 2024 come un anno di consolidamento». A parlare è Francesco Liantonio, presidente di Valoritalia. Lo abbiamo ascoltato a margine della presentazione del rapporto annuale a Roma.
Nel 2024 le denominazioni certificate da Valoritalia registrano una lieve contrazione degli imbottigliamenti.
Le bottiglie immesse sul mercato lo scorso anno sono state, nel complesso, pari a 2,019 miliardi, un numero inferiore dello 0,46% ai 2,028 miliardi dell’anno precedente, ma superiore dell’1,4% alla media del periodo 2019-2023. L’uscita dall’emergenza Covid ha comportato un rientro dei consumi, ma il ritorno alla normalità ha consentito al vino italiano di posizionarsi stabilmente su un livello quantitativo più elevato rispetto all’era pre-Covid. Gli imbottigliamenti del 2024 vantano quasi 110 milioni di bottiglie in più rispetto al 2019.
Ma il calo dei consumi è sotto gli occhi di tutti…
Nel confronto con l’anno precedente le denominazioni con una prevalenza totale o parziale di vini rossi hanno subito una contrazione del 6,8%, anche se delle 128 denominazioni rossiste ben 38 hanno chiuso l’anno con valori positivi. Tra queste alcune importanti denominazioni come Barolo, Brunello di Montalcino, Bolgheri e Maremma Toscana.
E i bianchi?
Le denominazioni di vini bianchi perdono il 5%, con l’eccezione del Pinot Grigio delle Venezie che guadagna un 3% dei volumi. In crescita (+5%) sono gli spumanti da uve bianche, guidati da tre campioni della viticultura italiana come Prosecco Doc (+7%), Asolo Prosecco Docg (+50%) e Alta Langa (+9,1%).
Quali sono le ragioni dell’arretramento dei consumi?
Il problema principale è la riduzione del potere di acquisto. Ma c’è anche un attacco mediatico evidente: servono delle campagne per promuovere il consumo moderato e dire no all’abuso. Tuttavia il vino italiano regge. Nonostante tutti i problemi, il 2024 segna un consolidamento rispetto al 2019: +1,4% rispetto al 2019, era pre Covid.
Anche le certificazioni sono in calo…
Non proprio. Nel 2024 calano soprattutto gli Igt, con una contrazione del 6,3%, anche se i volumi totali restano ancora superiori al livello toccato nel 2022. Anche i vini Docg subiscono una perdita (-2,3%), dovuta soprattutto alla crisi dei vini rossi: un andamento che preoccupa. Per fortuna, i vini Doc salgono del 2,7%, compensando quasi completamente le perdite di Igt e Docg. Ma i dati del 2024 evidenziano ancora un altra criticità.
Quale?
La variabilità dei volumi di imbottigliato tende a ridursi man mano che cresce la dimensione della denominazione. In sostanza, più una denominazione è grande, maggiore è la sua stabilità sul mercato.
Lei dice in pratica che ci sono troppe Doc? In tempo di sovrapproduzione è un tema allarmante…
Noi non siamo contro le denominazioni minori, le vogliamo valorizzare. Penso che 526 denominazioni siano il numero giusto per le eccellenze che abbiamo in Italia. Il problema è che bisogna dar loro vita. Devono arrivare sul mercato. Adesso non riescono a rivendicare il necessario. Non è immaginabile che, nell’anno 2024, le prime 20 denominazioni siano pari all’84% della produzione certificata complessiva. Che le prime 40, insieme, facciano poco più del 90% del vino italiano. E che le ultime 138 rappresentino appena il 2% della produzione certificata di vino italiano. Ciò significa che tante denominazioni sono presenti solo sulla carta.
Come si rivolve questo problema?
Ci sono denominazioni che contano su una buona struttura. Altre che rischiano di scomparire. Ma siamo in un momento di ‘globalizzazione al contrario’ e nelle denominazioni c’è il patrimonio della nostra cultura: pertanto bisognerebbe creare le aggregazioni necessarie. Si dovrebbe procedere a un accorpamento per vitigno o per territorio con l’obiettivo di creare massa critica per coprire le opportunità del mercato. I consorzi di tutela che rappresentano queste denominazioni ultimamente hanno anche aumentato le loro competenze: ora hanno bisogno di risorse strutturali e finanziarie. Alle istituzioni chiedo pertanto un’alleanza volta al rafforzamento dei consorzi.
Come si reagisce ai dazi americani minacciati da Donald Trump?
I dazi sono una pazzia. Non ricordo una crisi simile dai tempi della crisi del petrolio negli anni ’70. Finora i dazi hanno portato solo danni a tutti. Paga qualche prodotto in particolare. Ma gli americani sono più arrabbiati di noi. Dobbiamo creare alleanze commerciali, non barriere.
Nella sua relazione fa un cenno alle opportunità mancate dal sistema del vino italiano. È una critica velata al governo sulla questione dei dealcolati?
Ma si rende conto? Sui dealcolati gli altri paesi cubano 4 miliardi di euro di fatturato, noi a malapena, appoggiandoci finora ad altri paesi, facciamo qualche milioncino di euro. È un business cruciale che lasciamo ad altri a causa di cavilli ideologici e burocratici. Viceversa dobbiamo legiferare per promuovere questa opportunità. I dealcolati sono anche uno strumento per mobilizzare le giacenze che ci sono nelle cantine.
Ben 15 consorzi piemontesi, in una lettera indirizzata alla Regione, hanno chiesto la distillazione straordinaria per fronteggiare l’enorme invenduto. Che ne pensa?
La distillazione è un toccasana momentaneo. Gli interventi devono essere strutturali, perché dopo la distillazione le cantine tornano comunque a produrre. Bisogna ridurre uva e vino sul territorio con rese diverse, blocco agli impianti, al limite pure espianti, anche se quest’ultima ipotesi non mi affascina. Allo stesso tempo segnalo che ci sono regioni con i vigneti abusivi e il catasto è ancora in ritardo.
Siamo già a metà dell’anno e la crisi morde: possiamo tracciare un primo bilancio?
Il 2025 mi preoccupa: nei primi tre mesi dell’anno registriamo già un -3,3% dell’imbottigliato. Vedremo cosa ci riserva il secondo semestre. Abbiamo il compito di intervenire e di agire sulle rese massime. Rinunciamo tutti a qualcosa e discipliniamo con urgenza e chiarezza i nuovi prodotti come i dealcolati.
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