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Viticoltura sperimentale

In Mosella Nicola Biasi rivoluziona il modo di fare vino: “Il vitigno può cambiare ogni anno, è il territorio a restare”

Al centro del progetto Piwi, droni e blend inediti. In un laboratorio a cielo aperto, lontano dai vincoli legislativi italiani

  • 26 Giugno, 2025

«Un vino della Mosella è un concetto. Mi piacciono i vini progettati, pensati.» Nicola Biasi ha l’aria di chi non si lascia intimidire dai confini geografici, né da quelli culturali. Dopo aver riscritto le regole della viticoltura sostenibile in Italia con la rete Resistenti, l’enologo friulano sbarca in Germania con un’idea chiara: il vitigno è solo un pezzo del puzzle. È il territorio che comanda.
Il suo nuovo capitolo si chiama Progetto Mosella e nasce nel tratto alto del fiume, a Briedel, a pochi chilometri dal Belgio. Qui, insieme alla biologa Martina Casagrande, Biasi ha acquisito nel 2023 un piccolo vigneto di 3.000 metri quadri piantato a Kerner e Riesling. Le due varietà sono state vinificate separatamente, ma è stato il Riesling – secco, dritto, più vicino allo stile del Rheingau che alla tradizione dolce della Mosella – a segnare l’identità del progetto.

Una sola vendemmia

Un vino solo, una sola vendemmia, un solo racconto. Dopo la raccolta, infatti, il vigneto è stato completamente estirpato e reimpiantato. Il risultato è una bottiglia irripetibile, capace di racchiudere la storia di un luogo e di un momento: quello in cui anche la Mosella ha cominciato a fare i conti con il cambiamento climatico.
«È più facile fare un grande bianco qui, oggi. Le condizioni ci sono. E un grande vino bianco ha bisogno di visione, non solo di storia.»

Non sempre sarà Riesling

Il nuovo impianto vedrà convivere due anime: metà Riesling, metà Johanniter (un vitigno resistente). Una scelta che apre la strada a blend inediti, dove la classicità del primo incontra la resistenza del secondo. Ma Progetto Mosella non è solo una questione di varietà: è soprattutto un laboratorio a cielo aperto. Qui Biasi può sperimentare tecniche che in Italia restano spesso vincolate da normative e burocrazia. Vedi alla voce Piwi.

«Dobbiamo rispondere a tanti cambiamenti: può darsi che tra qualche anno il Riesling non sia più adatto. Io voglio fare il miglior vino possibile per quel territorio, sempre.»

Il territorio resta, il vitigno cambia

Non è solo una provocazione, è un piano preciso. In Mosella è possibile usare strumenti come i droni per monitorare la vigna e intervenire con precisione millimetrica. È possibile testare nuovi impianti, nuove densità, nuovi portinnesti, con maggiore libertà tecnica rispetto all’Italia. Ed è anche un terreno fertile per introdurre varietà poco note e verificarne l’adattabilità in condizioni estreme. In questo senso, il progetto diventa un avamposto della viticoltura del futuro, in un luogo che per molti resta simbolo del passato.
«Credo più nel territorio che nel vitigno. Il vitigno può cambiare. Quello che conta è la risposta che diamo al clima, alla terra, alla possibilità di sperimentare. Mi piacciono i vini pensati, progettati»

Quella che sembrava una sfida romantica – un italiano che vuole dire la sua in uno dei territori più codificati del vino europeo – si rivela in realtà una strategia lucida e radicale. Progetto Mosella è la dimostrazione che anche nei luoghi dove tutto sembra già scritto, c’è ancora spazio per una scrittura nuova.

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