Nel panorama enologico internazionale non mancano storie capaci di sorprendere. Una di queste è quella di Steven McDonald, capo sommelier del Pappas Bros. Steakhouse in Texas e primo sommelier texano a ricevere il Sommelier Award dalla Guida Michelin durante la sua prima edizione nello Stato, nel 2024. Ciò che rende McDonald davvero unico, però, non sono i suoi riconoscimenti, ma il fatto che, da qualche anno, è allergico proprio al prodotto che ha reso grande la sua carriera: il vino.
Un percorso e una passione, come riportato da Eater, che lo hanno portato a gestire oltre 14.000 etichette distribuite su tre ristoranti. Dopo aver lavorato come direttore di una banda scolastica, si trasferisce a New York con la moglie e inizia a lavorare nella ristorazione. È in questo contesto che il vino diventa la sua passione: prima attraverso uno stage al Tribeca Grill, poi con ruoli sempre più rilevanti, fino a ottenere l’incarico da sommelier presso il ristorante stellato Ai Fiori.
Il ritorno in Texas, in seguito alla nascita della figlia, coincide con l’ingresso a Pappas Bros. e con una rapida ascesa professionale. Ma nel frattempo accade un imprevisto per nulla prevedibile: è colpito da eruzioni cutanee, rossori improvvisi, soprattutto mentre svolge il suo lavoro. Gli specialisti non hanno trovato una causa definitiva, ma McDonald ha identificato il colpevole più probabile nei lieviti utilizzati nella fermentazione. La soluzione? Antistaminici quotidiani e un Benadryl sempre in tasca. «A volte basta avvicinare il bicchiere alle labbra perché compaiano i sintomi», racconta. «Non è legato all’alcol o alla quantità. È qualcosa che il mio corpo riconosce subito».
Nonostante l’allergia, McDonald continua a degustare, valutare e raccontare il vino con passione. Ogni sorso può comportare un rischio, ma anche un’opportunità per trasmettere la sua conoscenza. «Sono diventato più selettivo. A volte riesco a degustare senza problemi, altre volte devo ricorrere ai farmaci. Ma non rinuncio, perché questo è il mio mondo». Il suo approccio, oggi più che mai, è improntato all’ascolto: dei clienti, dei produttori, dei giovani appassionati. «C’è un’intera generazione che si sta avvicinando al vino con curiosità, cultura e desiderio di esperienze autentiche. Vogliono sapere da dove viene un vino, chi lo produce, come nasce. Questo, per chi fa il mio lavoro, è il cambiamento più entusiasmante».
McDonald osserva con interesse l’evoluzione del mercato: cresce l’attenzione per i vini non alcolici, lo Champagne è in ascesa, e si registra un ritorno al vino europeo, con un boom di interesse per la Borgogna, il Piemonte e i vini italiani in generale. «A Houston noto un grande amore per la Francia. A Dallas, invece, c’è una sorprendente familiarità con i vini italiani».Sui vini naturali è più cauto: «Abbiamo superato il momento in cui si bevevano prodotti oggettivamente difettosi in nome di una filosofia produttiva. Ora c’è maggiore equilibrio: si cercano vini naturali, ma anche ben fatti». E sul futuro? «La California è in crisi. I vini di fascia alta non si vendono più come una volta. Alcuni produttori stanno lasciando i grappoli sulle viti. Forse è il momento di una correzione dei prezzi. Forse vedremo i vigneti trasformarsi in coltivazioni di cannabis. Il settore si sta riconfigurando».
Il vino secondo McDonald
Nonostante tutto, Steven McDonald non ha perso l’entusiasmo per il suo lavoro e ha ben chiaro quale deve essere il ruolo di un sommelier. «Il vino non dovrebbe essere una cosa ‘preziosa’. È una bevanda da pasto, è un piacere quotidiano. Il nostro lavoro dovrebbe concentrarsi sull’abbattere l’alone intimidatorio che aleggia e far sentire tutti a proprio agio».
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