La sterzata

La Toscana dei vini rossi adesso è alla ricerca di un grande bianco capace di conquistare i palati internazionali

Al via il tavolo di lavoro all'Enoteca di Siena che mette assieme imprese, enologi, sommelier e mondo della ricerca. Si guarda al vitigno trebbiano nelle sue varianti provinciali

  • 23 Luglio, 2025

Una terra di grandi rossi alla ricerca di un grande bianco che la rappresenti. Accade anche questo in un terzo millennio in cui il vino, come altre dimensioni della società, sta subendo profonde trasformazioni. E la Toscana, tra le principali regioni produttrici italiane, alle prese con giacenze troppo alte alla vigilia della vendemmia 2025, ha messo in piedi un progetto che punta alla creazione dei un vino che sia simbolo delle aree interne, storicamente legate a grandi denominazioni rosse, dal Brunello di Montalcino al Nobile di Montepulciano, dal Chianti all’Orcia. Attorno al tavolo di lavoro, ospitato da Enoteca italiana di Siena, si sono seduti, venerdì 18 luglio, l’Accademia italiana della vite e del vino, l’Ais Toscana, l’associazione Donne del vino, il Consorzio vino Toscana.

Il vitigno trebbiano osservato speciale

Il momento è delicato: da un lato, il rischio dell’effetto dazi nel primo mercato di destinazione, gli Stati Uniti (dove il vino toscano fattura ben 400 milioni di euro, dati 2024) e, dall’altro lato, il calo della domanda sul fronte interno ed estero. L’approccio per trovare il giusto vino è sia scientifico sia economico. L’osservato speciale è il trebbiano, vitigno che ha dimostrato capacità di adattamento e caratteristiche tecniche ideali. In un’Italia in cui si è osservata, al nord, una crescita delle coltivazioni di vini bianchi, nel centro «l’unico vitigno tra i bianchi autoctoni che è riuscito a resistere è il trebbiano, che in Toscana – ha ricordato la delegata delle Donne del vino della Toscana, Donatella Cinelli Colombini – ha delle varianti autoctone che potrebbero essere prese in considerazione», come brucanico, bobiano, biancone, albano.

Le imprese verso le aree appenniniche interne

Valorizzare il patrimonio di vitigni bianchi rappresenterebbe per la Toscana un’azione a lungo termine per incontrare i nuovi stili di consumo. «Investire le proprie energie, non solo economiche, ma anche tecniche e organizzative, per esplorare aree meno consuete rende più resiliente l’intera filiera e capace di guardare al futuro con fiducia», ha osservato Gennaro Giliberti, dirigente della Direzione agricoltura e sviluppo rurale della Regione Toscana. Di fronte alle sfide del cambiamento climatico e del cambiamento dei consumi, specie nei giovani, stanno «spingendo l’interesse delle imprese toscane sulle aree appenniniche interne: dalla Lunigiana alla Garfagnana, fino all’Amiata, passando dal Mugello e dal Casentino».

L’interesse per i bianchi autoctoni

Rosario Di Lorenzo, presidente dell’Accademia italiana della vite e del vino, ha parlato di «fermento» nella ricerca degli autoctoni a bacca bianca. «Ci sono già degli studi compiuti sui vitigni bianchi autoctoni di queste terre – ha sottolineato – che confermano una naturale predisposizione a diventare grandi vini, ma dal punto di vista agronomico sono più resistenti ad attacchi fungini, di quanto non lo siano i vitigni rossi». Altre conferme sulla bontà del progetto sono arrivate da Claudio D’Onofrio (Università di Pisa), Giovan Battista Mattii (Università di Firenze), Paolo Storchi (Crea viticoltura ed enologia Arezzo) e Angela Zinnai (Università di Pisa e Donna del Vino). Così come dal Consorzio vino Toscana: «Per il sistema vino toscano – ha dichiarato il presidente Cesare Cecchi – è un’opportunità importante che va sviluppata in sinergia tra istituzioni, università, Crea e produttori».

© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati.

Made with love by Programmatic Advertising Ltd