
Come sono i vini del presidente degli Stati Uniti? «Alcuni decenti, altri non buoni, ma i visitatori in abiti rossi, bianchi e blu sembrano più interessati al marchio che ai vini», scrive Eric Asimov sul New York Times, raccontando della sua recente visita in azienda e raffigurando un’azienda che sembra quasi un tempio del Tycoon: grande, grossa e molto “statunitense”.
Già prima di entrare si respira un’aria di patriottismo. Sul viale di ingresso infatti, «centinaia di bandiere sventolano al vento, estendendosi per oltre un miglio (un chilometro e mezzo). Come una banda musicale in pieno corteo, annunciano a gran voce il tuo arrivo alla Trump Winery» scrive Asimov.
Nonostante Trump sia astemio l’azienda vitivinicola porta il suo nome. Il presidente degli Stati Uniti non possiede la cantina, sul sito web si afferma che la società «non è di proprietà, gestita o affiliata a Donald J. Trump o uno dei suoi affiliati». Il proprietario è infatti Eric Trump, ceo della Eric Trump Wine Manufacturing, una società a responsabilità limitata e figlio del presidente degli Stati Uniti.
La Trump Winery sorge a Charlottesville nel Virginia, dove si espande su più di 500 ettari, dove sono coltivati quasi 100 ettari di viti che rendono il patrimonio vitivinicolo di Trump «uno dei più grandi della costa orientale».
Una volta appartenenti alla storica tenuta di John e Patricia Kluge, una coppia di spicco negli anni ’80, molto presente sulle pagine della cronaca mondana dell’epoca. I Kluge costruirono Albemarle House, un sontuoso maniero in stile georgiano con 45 stanze. Dopo la separazione della coppia, Patricia Kluge mantenne la tenuta e, nel 1999, vi fondò la Kluge Estate Winery and Vineyard. A causa di una successiva bancarotta, la proprietà fu acquistata dai Trump nel 2011.
La struttura oggi, opera come location per eventi, ospitando ritiri aziendali, attività di team building e matrimoni. Tuttavia, la maggior parte dei visitatori arriva soprattutto per degustare il vino. «C’è sempre un gran viavai» ha detto un membro dello staff. «La gente arriva da tutto il mondo per visitare questo posto».
Le degustazioni si aggirano intorno ai 25-30 dollari. «Prezzi standard per le sale degustazione in Virginia, molto più economici rispetto alla Napa Valley, dove una degustazione può arrivare anche a 75 dollari a persona». Curioso il fatto che gli ospiti possono portare a casa il bicchiere di vino usato: un Riedel con il logo della cantina inciso sopra. Non tanto per l’omaggio in sé, ma quanto al fatto che «provengono dall’Austria o dalla Germania e, a causa dei dazi del 10%, il loro costo di sostituzione è destinato ad aumentare». Una condizione che tocca anche la cantina stessa, dove vengono usate barrique in rovere francese, per l’invecchiamento di diversi vini.
La cantina non nasconde affatto il legame con il patriarca Trump. Infatti è possibile acquistare gadget a tema Maga (Make America Great Again) in vendita nel negozio di souvenir e le bottiglie di spumante Presidential Reserve – Inaugural Edition, proposte in eleganti confezioni regalo a 245,47 dollari «un riferimento tutt’altro che velato al 45º e 47º presidente degli Stati Uniti» scrive Asimov.
«Se queste bottiglie sembrano troppo costose, ci sono anche altri articoli in vendita, come accappatoi, pigiami e magliette firmati Trump Winery, oltre a candele profumate da 35 dollari. «Profumano di soldi», ha commentato ironicamente un visitatore.
Ma come sono i vini? « Nel complesso, i vini non si distinguono molto da quelli di molte altre cantine americane tradizionali» dice Asimov. Un blanc de noirs del 2017, prodotto con pinot nero (52 euro), dolce e decisamente poco gradevole, uno chardonnay Reserve 2022 (35 euro) assolutamente credibile, ma piuttosto noiosa, con una forte nota di legno hanno lasciato perplesso il critico del New York Times.
Mentre il rosé 2024 (20 euro), a base prevalentemente di merlot, «è stato piacevole, con carattere e struttura» insieme al Meritage 2022 (35 euro), un blend di cabernet franc, merlot, malbec e petit verdot facile da bere e privo di pretese. Tuttavia, la qualità del vino «non sembrava importare ai numerosi visitatori, che parevano più interessati a sorseggiare il marchio Trump». Curiosi di assaggiarli? «Al momento non abbiamo contatti o collaborazioni per importare in Italia o nell’Europa continentale», fa sapere l’azienda. L’autarchica è già realtà.
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