Ci sono voluti 21 anni. E ora i marchi dei Vini Valpolicella sono nelle mani del Consorzio di tutela. La storica cessione è stata annunciata a Verona, venerdì 26 settembre, dal componente di giunta della Camera di Commercio di Verona, Carlo De Paoli (a destra nella foto) assieme al presidente dell’ente di tutela, Christian Marchesini (a sinistra, con il senatore Matteo Gelmetti). L’atto notarile è del 24 settembre ed è stato reso noto in una conferenza stampa alla Prefettura di Verona. In sostanza, viene riunita sotto un unico soggetto (il Consorzio) la gestione delle denominazioni di origine e quella dei marchi collettivi e di certificazione, strumenti indispensabili per la registrazione e la tutela sia in Italia che nei mercati internazionali, soprattutto extra Ue. La scelta è stata spinta dalla forte pressione delle imitazioni e delle contraffazioni che riguardano le denominazioni veronesi in tutti i mercati.
Il pacchetto comprende, per il Consorzio vini Valpolicella, la titolarità dei marchi collettivi e di certificazione Amarone, Amarone della Valpolicella, Recioto della Valpolicella, Valpolicella Ripasso, Valpolicella; inoltre, i due marchi d’impresa Vino di Ripasso e Ripasso e il marchio collettivo e di certificazione Recioto, cointestato alla Camera di commercio di Vicenza (che ne detiene il 50% assieme alla Camera di Commercio di Verona).
Finora, è stata la Camera di Commercio (su richiesta dello stesso Consorzio nel 2004) a sostenere le attività di tutela, tramite la registrazione dei marchi collettivi nei principali mercati esteri dei vini rossi della Valpolicella (dove è in corso la vendemmia). Funzione che, come ha spiegato lo tesso De Paoli, rientra nelle prerogative della Camera di Commercio. «Oggi, il contesto è profondamente mutato. A fronte di una crescente esigenza di sorveglianza e difesa, abbiamo deciso di cedere i marchi collettivi in portafoglio, assicurando al Consorzio un diretto, oltre che strategico, raggio di azione».
Christian Marchesini, presidente del Consorzio vini Valpolicella
Dal 2018 ad oggi, il Consorzio ha destinato oltre 1,2 milioni di euro per impedire la contraffazione e l’Italian sounding sia in Italia sia all’estero. Nel complesso, ha ricordato il presidente Marchesini, sono 176 vertenze, tra cause concluse e in corso. «La titolarità dei marchi collettivi ci consentirà di essere ancora più incisivi», ricordando alcuni casi di successo nei confronti dei marchi svedesi “Casa Marrone” e “Casa Marrone Appassimento”, oppure “Passorone” e “Ronepasso”, che hanno portato nelle casse dell’ente vitivinicolo «una somma a titolo transattivo di circa un milione di euro, che sarà investita in promozione».
Il Consorzio ha spiegato che entro fine 2025 la trascrizione dell’avvenuta cessione dei marchi porterà, di fatto, all’intestazione della titolarità su tutti i mercati coperti oggi dalla registrazione della Camera di Commercio. Saranno 41 i Paesi, di cui 27 in Ue (tra cui l’Italia) e 14 nell’extra-Ue.
Statisticamente, considerando le cause legali avviate in questi anni, è l’Amarone il più imitato. Sono 20 i casi nel solo 2024. La sorveglianza sui mercati ha sventato la registrazione e disposto il ritiro dal commercio di molti prodotti. in Cina, con le etichette di “A Ma Luo Ni” e “Annamarone”; “Emporio Amarone” in Brasile; “Amaronauta” in Italia; ma anche “San Vincenzo dell’Amarone”, “Sumarone”, “La Marone” e “Primarone” in territorio Ue. In Francia, l’occhio del Consorzio si è concentrato su etichette come “Gran Marone” e “Granmarone”; negli Stati Uniti, sono citati i casi di “Amarina” e “Calpolicella”. Infine, sono state vietate anche le referenze “Valpolicella Riposto” in Norvegia e “Shiraz Metode Ripasso” in Australia.
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