Non possiamo piรน permetterci vendemmie da 50 milioni di ettolitri. Messaggio forte e chiaro quello arrivato dallโassemblea capitolina di Unione italiana vini, che ha chiamato a raccolta il settore, invitandolo ad una presa di coscienza. Per sopravvivere allโattuale congiuntura bisognerebbe mantenere le vendemmie in un range massimo di 40-43 milioni di ettolitri.
Secondo le stime dellโOsservatorio, infatti, una vendemmia da 50 milioni in carenza di domanda determinerebbe un quantitativo in cantina al prossimo ottobre da circa 90 milioni di ettolitri, lโequivalente di quasi due raccolti. Una condizione insostenibile in questo momento storico. Non รจ, infatti, producendo di piรน che si guadagna di piรน. La conseguenza? Un abbassamento del valore, con un prezzo medio della produzione in ribasso in doppia cifra. Circa mezzo miliardo di euro di saldo negativo tra 2025 e 2024.
Lโesempio viene da due vendemmie abbondanti dell’ultimo decennio: la 2023 e la 2018 che, con quantitativi sopra i 50 milioni di ettolitri, hanno immediatamente visto una riduzione dei prezzi. Si aggiunga che questa non รจ di certo una fase espansiva per il vino tra dazi Usa, crollo dei consumi nel mondo ed export in calo.
Il problema ovviamente parte dalle alte giacenze in cantina, conseguenza, a loro volta, del calo della domanda a livello mondiale. Secondo il report dellโOsservatorio, alla luce degli andamenti negativi in termini di consumo il fabbisogno mensile delle cantine italiane รจ andato progressivamente riducendosi: da una media vicina ai 4 milioni di ettolitri mantenuta fino a dicembre, grazie soprattutto alle anticipazioni di prodotto richieste dagli importatori americani, si รจ passati a 2,5-3 milioni da gennaio. Ma con il mercato a stelle e strisce in standby e gli altri in affanno, bisogna trovare delle soluzioni a monte. ยซI problemi cโerano anche prima โ รจ il commento del presidente Uiv Lamberto Frescobaldi (appena riconfermato alla guida dell’associazione) – ma siamo stati โsalvatiโ da due vendemmie eccezionalmente contenute rispetto alle medie; ora serve un bagno di umiltร , produrre 7-8 milioni di ettolitri in meno per mantenere il timone di uno degli asset italiani piรน remunerativi della nostra bilancia commercialeยป.
Una lettura che, perรฒ, non piace molto al ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida che, intervenendo all’Assemblea Uiv prova a rilanciare con gli ultimi record export (quelli dello scorso anno): ยซMi permetto di dire che il depressionismo non avvantaggia nessuno. Ragionare sulla base dei dati รจ necessario, ma devono essere letti, a mio avviso, con contezza. ร innegabile che il vino lo scorso anno abbia toccato il suo record, cosรฌ come รจย innegabile che il vino traina l’economia dell’Italia. I dati Ismea, รจ vero, parlano di una riduzione congiunturale ma con una tendenziale crescita anche sul mercato statunitense che arriva fino al 13%. E io lo giudico un dato positivo per evitare che ci si deprima. Le cose non stanno andando male. L’ allarmismo costante e continuo credo sia il primo nemico delle imprese. Ci sono criticitร che dobbiamo affrontare e risolvere, ma il crollo dei consumi nel mercato Usa non credo che sia legato ai dazi in assoluto (qui Lollobrigida spiega le ragioni di Trump). La diminuzione รจ dovuta ala criminalizzazione del prodotto ed รจ questo il nemico che dobbiamo affrontareยป.
ยซAnche nei momenti difficili ci sono sempre opportunitร da cogliere – รจ la risposta di Frescobaldi – ed รจ quello che ciย dicono le analisi di Mediobanca e dell’Osservatorio Uiv. Se ci si organizza si puรฒ ancora crescere, ma bisogna avere il cruscotto come in macchina per capire se c’รจ abbastanza carburante, se c’รจ l’acqua e se la temperatura รจ quella giusta. L’importante รจ sapere le cose, avere i dati, che poi ognuno analizzerร come crede meglio. Ma questo รจ il momento di fare scelte importanti e avere il coraggio di cambiareยป. Ma come?
Uiv indica la strada in un piano di revisione del Testo unico del vino, in coerenza con lโattuale situazione di mercato. ยซLโobiettivo โ spiega Frescobaldi – รจ attualizzare la legge e i suoi decreti attuativi entro il 2026, a 10 anni dalla sua entrata in vigoreยป. Dove intervenire? In primis, nella sfera della gestione domanda offerta della filiera. A partire dallโabbassamento rese delle uve per ettaro anche con la fine delle deroghe per i vini generici, lโallineamento delle rese dei disciplinari con quelle reali sulla media degli ultimi 5 anni, non piรน di 30 tonnellate per ettaro, con una contestuale revisione del meccanismo che consente gli esuberi per le Dop (riduzione o eliminazione del 20%), la revisione dei meccanismi di riclassificazione, lโaggiornamento delle tempistiche di adozione degli strumenti di gestione delle produzioni (a dicembreย e non piรน a gennaio), lo stop alle nuove autorizzazioni allโimpianto per un anno.
Sulle autorizzazioni Uiv sottolinea un’anomalia: lโItalia รจ lโunico Paese produttore che dal 2016 (anno di introduzione del sistema delle autorizzazioni) non ha mai smesso di crescere in termini di superfici vitate, vedendo cosรฌ aumentare il proprio potenziale.ย Una scelta che stride con la linea tenuta dai competitor che, nello stesso periodo, hanno visto decrescere in maniera regolare il vigneto. ยซTutti gli altri paesi riducono il potenziale tranne l’Italia. Siamo piรน furbi noi o forse stiamo sbagliano di calcoli?ยป, si chiede il responsabile dell’Osservatorio Carlo Flamini.
Oggi in Italia il totale destinato al vigneto รจ sopra i 680mila ettari ma, come sottolinealo stessoย Flamini, ยซdi questo potenziale, sono ignoti alcuni parametri vitali per prendere decisioni coerenti ed efficaci in termini di gestione: il reale quantitativo di vigneto in produzione, lโammontare annuo degli espianti definitivi, lโammontare degli espianti con successivo reimpianto, lโammontare degli ettari autorizzati e non ancora piantatiยป.
Da qui la richiesta avanzata da Unione Italiana Vini di sospendere per un anno lโerogazione dellโ1% di autorizzazioni a nuovi impianti per fermarsi a raccogliere tutte le informazioni a disposizione sulla situazione reale del potenziale, in modo da poter operare le scelte strategiche piรน corrette per i prossimi anni.
Inoltre, per Uiv รจ anche necessario riorganizzare il sistema delle denominazioni, in linea con quanto proposta da Valoritalia. Le prime 20 Dop, infatti, rappresentano lโ80% del volume del vino italiano: un numero sproporzionato. ยซOccorre risolvere lโanomalia mediante un sistema di accorpamento e riorganizzazione territoriale per singola regione โ รจ la proposta del segretario generale Paolo Castelletti โUn processo che dovrebbe certamente essere sviluppato dai singoli territori, ma che a nostro avviso potrebbe essere incoraggiato e coordinato a livello nazionale dal Comitato nazionale vini le cui competenze, fissate per legge, andrebbero attualizzate nello stesso Testo Unicoยป.
Ma non finisce qua. Accanto al problema quantitativo, non รจ da sottovalutare il fattore qualitร . Non รจ vero che il vino italiano รจ per lo piรน premium. Ce lo dicono i dati dellโOsservatorio: nellโultima vendemmia, la 2024, la produzione รจ stata suddivisa tra 7,5 milioni di ettolitri di spumante e 21,5 di vini fermi e frizzanti. Tolto lo spumante che ha una perfetta corrispondenza tra quantitร prodotte e consumate, il problema รจ che dei 21,5 milioni di ettolitri prodotti, il 35%, ovvero 7-8 milioni di ettolitri, dimora nella fascia โlow priceโ, sotto i 4 euro alla bottiglia a scaffale. Una fascia che fa sempre piรน fatica a trovare corretta collocazione sul mercato.
Secondo le elaborazioni Osservatorio Uiv su dati Iwsr, nel 2029 i consumi globali di vino italiano low price scenderanno per la prima volta sotto quota 110 milioni di casse, contro i 150 del 2020 e i 170 del 2009. Un declino per certi versi ormai inesorabile. Di contro, i vini premium e icon sono previsti salire a una share del 20%, 7 punti in piรน rispetto al 2015. Vini โ quelli di fascia alta e altissima โ che ancora sono una piccola fetta del totale italiano: solo il 16%.
ยซContinuare pervicacemente a produrre vini di bassa remunerazione โ รจ la conclusione del responsabile dellโOsservatorio Carlo Flaminiย – non solo pone problemi di tenuta delle aziende, esposte a concorrenza fortissima da parte di competitors piรน strutturati (esempio i vini californiani o quelli tedeschi), ma anche di pressione negativa sulle pulsioni โpremiumizzantiโ del resto della produzione italiana, la quale necessiterebbe di salire di livello a scaffale ma che vede questo sforzo vanificato in larga parte dalla zavorra dellโiperproduzione di basso valore. Il mondo sta dicendo, datemi un poโ meno vino, ma datemelo premiumยป.
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