Notizie / Vino / “Vini dealcolati in Sicilia? Una pagina ancora da scrivere”. Intervista alla presidente di Assovini Mariangela Cambria

L'intervista

"Vini dealcolati in Sicilia? Una pagina ancora da scrivere". Intervista alla presidente di Assovini Mariangela Cambria

Al termine di Sicilia en Primeur, la produttrice interviene anche sulle parole del MW Andrea Lonardi: "Non c'è solo il Grillo. Puntiamo anche sugli altri vini dell'isola", ma glissa sul fallimento delle cantine sociali

  • 22 Maggio, 2025

«Di fronte alle sfide globali che vedono il vino al centro di un acceso dibattito, è fondamentale tornare alle nostre radici per riflettere e rispondere alle sfide future». A parlare è Mariangela Cambria, presidente di Assovini Sicilia, l’associazione che promuove Sicilia en Primeur, l’anteprima dei vini siciliani che quest’anno si è svolta a Modica dal 6 al 10 giugno al Castello dei Conti. «La prossima sfida per Assovini Sicilia – continua Cambria – non è solo mantenere alta la qualità della produzione vinicola e investire in sostenibilità, ma anche tutelare il valore culturale contro dinamiche internazionali restrittive, contro un pensiero che criminalizza un prodotto di civiltà, conoscenza, bellezza e tradizione». 

A questo scopo avete lanciato a Modica un manifesto della cultura del vino. Di che cosa si tratta?

Tempo fa ero a cena a casa di amici e, come faccio in questi casi, ho portato le mie bottiglie di vino. Un amico dice che non lo possiamo bere perché il vino fa male. È vero, tutti gli alcolici alcolici fanno male, ma perché viene criminalizzato solo il vino? E perché non si parla mai di evitare la carne arrosto o l’acqua nella plastica? Il vino, poi, è cultura. La tavola è fatta dalla bottiglia di vino, è cruciale nella dimensione conviviale. È un pezzo di cultura, è rappresentato in tutte le forme di arte cultura: perché criminalizzarlo?

Mariangela Cambria, presidente di Assovini Sicilia

Vi spaventa la diminuzione dei consumi di vino?

Penso che la polemica sul danno alla salute andrà a scemare. Mi preoccupano di più i dazi. La crisi c’è, non si può nascondere: è un momento complicato, ma bisogna trovare la via di uscita per andare avanti. Non è la prima né l’ultima crisi che dovremo affrontare. Sono fiduciosa.

Il futuro dei dealcolati?

È una pagina ancora in divenire, da scrivere. Per ora siamo nella fase di sperimentazione e ricerca. Ogni aziena sarà libera di decidere se produrre o meno vino dealcoalto. Dealcolare implica anche un processo speso poco sostenibile perché richiede un dispendio di energia. Ed è qui che la scienza, la ricerca, la sperimentazione devono intervenire per trovare un equilibrio tra il processo produttivo, le esigenze di mercato, l’ambiente e i gusti dei consumatori. Certo bisognerà parlarne. Ma il fenomeno riguarda soprattutto le aziende che fanno milioni di bottiglie. Le aziende di Assovini Sicilia sono in generale di qualità medio-alta e, tranne rari casi, parliamo di aziende che lavorano prevalentemente con l’horeca.

Però Assovini ha lanciato proprio di recente il progetto InnoNDA. Lo abbiamo già raccontato sul Gambero Rosso

Fare dei progetti di ricerca sulla riduzione dell’alcol è importante. Questo progetto rappresenta una sperimentazione per capire che cosa succede quando il vino è sottoposto a determinati processi.Come produttrice, non ho alcun interesse a fare vino dealcolato ma come presidente di Assovini Sicilia, con il progetto InnoNDA, vogliamo mettere a disposizione delle aziende un progetto di sperimentazione mettendo le stesse aziende nelle condizioni di poter fare ricerca. Sarà la singola azienda a valute l’opportunità della produzione del vino dealcolato. Ci sono vari aspetti da tenere in considerazione. In primis il fatto che la legge sui dealcolati non riguarda le DOC e le DOCG al momento. Quattro aziende che hanno aderito al progetto InnonNDA si sono rese disponibili per lavorare con Daniela Fracassetti, docente dell’Università di Milano e responsabile scientifico del progetto. Poi ci saranno dei panel per fare le valutazioni e saranno le aziende a decidere autonomamente sulla base dei risultati.  Come dicevo, in Sicilia ci sono pochi industriali e molti artigiani, ma è giusto capire che cosa succede.

Il progetto di Assovini Sicilia ha suscitato qualche polemica…

Sì, qualcuno ha fatto polemica ricordando che non è possibile fare dealcolati che ricadano sotto la doc Sicilia. Ma il nostro progetto riguarda solo la sperimentazione sul vitigno nero d’Avola, non c’è nessuna bottiglia prodotta da classificare, men che meno sotto una denominazione. Evidentemente alcuni produttori non hanno capito.

Quali sono gli areali che potrebbero decollare in futuro?

Ce ne sono tantissimi. La Sicilia non è una regione ma un “continente” vitivinicolo. C’è la zona del Barocco, quella di Marsala, quella di Monreale.

Ha fatto rumore il richiamo di Andrea Lonardi, Master of Wine, sulle cantine sociali: hanno fallito, troppa politica e poca remunerazione dell’uva. Che cosa bisogna fare?

Siamo ancora in un work in progress. Non ci abbiamo ancora riflettuto. 

Andrea Lonardi, Master of Wine

Il grillo può diventare la bandiera della Sicilia, come dice Lonardi?

E perché non anche il nero d’Avola? Più di parlare di un solo vitigno, mi piacerebbe pensare a tante Sicilie. Qui ogni zona ha il suo vitigno di riferimento: è questo che va comunicato. Sono scettica: non si può omologare la Sicilia a un solo vitigno. Il grillo è sicuramente un grande vitigno e rappresenta bene la Sicilia, ma ogni territorio ha il suo.

Finora l’Etna la fa da padrone. C’è il rischio che il resto della Sicilia vitivinicola resti indietro?

Forse questo problema esiste, ma tocca ai produttori lavorare bene sul proprio territorio. E poi l’Etna ha un suo fascino anche a prescindere dai vigneti.

Lonardi fa un appunto importante. La Sicilia è un pezzo importante della viticoltura italiana e se la cava sempre. Tuttavia, «mancano metodo, disciplina e strategia». Che cosa fa Assovini per fare sistema?

Assovini è un grande esempio di sistema. Tante regioni invidiano la nostra manifestazione. Spesso mi è capitato di parlare con produttori di altre regioni che invidiano il modo in cui lavoriamo. Chi ha inventato l’associazione è stato lungimirante. Passiamo molte ore a confrontarci. Ora che siamo in un momento complicato dialogare tra noi è sempre più importante. Serve coesione nel dialogo.

Il convegno di Assovini Sicilia a Modica ha esaltato il ruolo dell’enoturismo, sempre più in crescita in Sicilia. Tuttavia emergono molte criticità. A volte le strutture non offrono i servizi necessari, specie sul piano dell’ospitalità. Moltissime cantine sono chiuse il sabato e la domenica.

Sul fronte dell’enoturismo si sta facendo tantissimo. È vero: la domenica è stata a lungo un problema. I ragazzi che collaborano per l’accoglienza, spesso laureati multilingue, sono prestati per fare questo lavoro: c’è voluto un po’ prima di far loro digerire il fatto che bisogna lavorare di domenica. E lo stesso vale per le feste e gli eventi. Ma ci sono passi da gigante. Inoltre siamo ormai in grado di offrire strutture bellissime, alcune delle quali sono wine resort. Certo, siamo ancora distanti da quello che la Sicilia potrebbe offrire: c’è della strada da fare. Poi, c’è un altro problema…

Quale?

I collegamenti: alcune zone sono più svantaggiate e difficili da raggiungere. La Regione dovrebbe valorizzare i siti storici, come per esempio, Piazza Armerina, che sono lontani dagli aeroporti. L’Etna è avvantaggiato perché è vicino all’aeroporto. Infatti c’è molta attenzione dall’estero. Ben tre compagnie aeree investono su Catania e Palermo. Gli americani escono pazzi per la Sicilia.

E poi c’è grande incuria dei territori: tanta la spazzatura nelle strade che i turisti percorrono per raggiungere le aziende.

Il problema esiste. Mi capita spesso di confrontarmi con le istituzioni: faccio notare che Assovini porta in Sicilia decine di giornalisti italiani e stranieri che poi si scontrano con questa situazione. E c’è chi fa pure il post sulla spazzatura. Piano piano stiamo cercando di dire la nostra sull’argomento, ma è complicato.

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