Se non conosciamo il passato non possiamo organizzarci per il futuro. Oggi, andiamo troppo di fretta ma, se avessimo la pazienza di andare a rileggere in una sorta di storia comparata gli eventi che hanno accompagnato le vicende del vino europeo, ricaveremmo delle preziose informazioni per programmare meglio il nostro futuro. L’età di Shakespeare, il Seicento, fu un periodo di guerre (le guerre di religione combattute tra cattolici e protestanti, quella dei Trentanni, la guerra di successione spagnola) ma anche di grandi innovazioni nel settore delle bevande, che divennero grandi concorrenti nel consumo di vino, fino ad allora dominatore incontrastato di quel mercato.
Con la cosiddetta “rivoluzione delle bevande”, alla fine del XVII secolo, il consumo di vino, distillati e la diffusione anche nella borghesia delle bevande non alcoliche di origine extraeuropea quali caffè, the e cioccolato, subiscono una profonda trasformazione che provoca la crisi di alcune zone viticole famose della Francia.
Quali sono state le cause di questi cambiamenti? Un primo gruppo comprende, per l’importanza delle conseguenze che hanno determinato, gli eventi di natura climatica e demografica (la crisi climatica del Medioevo sfociata nella grande gelata del 1709, la pestilenza del 1348, le guerre di religione, le conseguenze sociali della riforma protestante), mentre per la minore influenza, si possono annoverare, nel secondo gruppo, fenomeni di diversa natura quali l’arrivo in Europa delle malattie americane (fillossera, peronospora ed oidio), i mutamenti nella distribuzione geografica della viticoltura provocati dall’aumento dei noli di trasporto dei vini in epoca medioevale, con la scomparsa delle viticoltura d’altura nelle Alpi, i cambiamenti economici e sociali alla base della conversione della viticoltura da promiscua a specializzata e viceversa, gli effetti di guerre o invasioni militari, gli stimoli culturali o le sollecitazioni economiche di altri Paesi, soprattutto nelle zone di confine, la circolazione di vini provenienti da altre zone viticole o le mode alimentari.
Con il trattato di Vesfalia del 1648, l’Olanda diventa uno stato indipendente ed era in procinto di modificare profondamente le sue aspettative in fatto di bevande. La cosiddetta fase della “innovazione permanente” ha inizio, per il settore enologico, verso la fine del XVII secolo e, alla base di questo cambiamento, si possono identificare tre fattori: la conoscenza, la concorrenza e il capitale, che vengono applicati soprattutto nella produzione dei vini pregiati da invecchiamento e nei vini spumanti. La conoscenza era rappresentata dagli sviluppi della chimica delle fermentazioni, dalla individuazione degli agenti delle stesse nei lieviti, nell’impiego della anidride solforosa come antisettico e conservante e nella produzione industriale di bottiglie e tappi di sughero. Il capitale è una condizione necessaria per chi produce ed acquista vini da invecchiamento sia per sopportare i tempi di immobilizzo del vino nelle cantine, sia per acquistare le bottiglie ed i tappi prima di aver realizzato un profitto.
La nascita della scienza enologica coincide, nell’Ottocento, con l’azione terapeutica del tecnico nei confronti delle numerose “malattie del vino” e, di conseguenza, sui difetti gustativi che queste provocano. Un cambiamento di prospettiva è avvenuto circa un secolo dopo, in gran parte per merito di Peynaud, che ha trasformato l’enologia in una pratica estetica atta a ridurre gli effetti della casualità sul gusto del vino. Oggi, non beviamo lo stesso vino che si beveva solo pochi decenni orsono. L’invenzione della tradizione e dell’ortodossia vinicola è un tratto dell’odierna cultura popolare che non ha fondamenti storici.
Il rischio maggiore per questo importante comparto è cadere vittima della sua stessa retorica, mentre una visione realistica dei comportamenti e delle tendenze di consumo è fondamentale per consolidarne i presupposti economici di settore. La consapevolezza che le condizioni di vita sono migliorate per i risultati ottenuti dalle ricerche scientifiche, determina la percezione dell’importanza della scienza nel progresso dell’umanità: l’uso della scienza risolve qualunque problema e procura una prosperità impensabile nel passato.
Questo sentimento ottimistico deve costituire un nuovo potente incentivo nella nascita di forme di collaborazione tra la scienza, rappresentata dall’università, e l’industria, nell’applicazione della genetica innovativa e nel digitale, le uniche strategie che ci consentono di reagire di fronte non solo al cambiamento climatico ma anche a quello del cambiamento dei consumi.
Il professor Attilio Scienza è il coordinatore scientifico del Corso di Alta formazione
Il vino del futuro del Gambero Rosso
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