Cinquantuno chilometri e 151 metri. Se lo ricordano in tanti quellโincredibile Record dellโOra conseguito da Francesco Moser lungo le piste del velodromo olimpico di Cittร del Messico nel 1984. Quei numeri, oggi, campeggiano ancora in uno dei Trentodoc prodotti nella sua cantina trentina. In azienda i protagonisti sono il figlio Carlo Moser che, insieme al cugino Matteo, enologo, hanno costruito uno stile sempre piรน veloce e scattante, nella bevuta, e vincente sul mercato. La produzione si aggira sulle 150mila bottiglie annue e poggia su 20 ettari vitati di proprietร , oltre a 6 ettari gestiti tramite una rete di conferitori. Carlo รจ stato anche vice-presidente dellโistituto Trentodoc, la persona giusta per chiarire i temi piรน caldi.
La vendemmia del Pinot Nero. In apertura i cugini Matteo (a sinistra) e Carlo Moser
Identitร : iย Trentodoc sono troppo diversi tra di loro. Si ritrova in quanto detto dallโenologo di Ferrari Cyril Brun?
Le racconto un aneddoto. Qualche anno fa torno a Trento dopo qualche anno allโestero, mio cugino mi invita a una degustazione delle nuove basi Trentodoc. Prendo la parola e dico che rispetto ad altre zone cโรจ troppa eterogeneitร . Vengo subito richiamato allโordine da alcuni enologi. Mi spiegano che il punto รจ il territorio cosรฌ diverso, la presenza di climi caldi e freddi: cโรจ la valle dei Laghi che ha un carattere, la Val di Cembra per la freschezza, la Valsugana. Insomma, che รจ impossibile richiedere aiย Trentodoc un gusto comune perchรฉ ci sono troppe caratteristiche che influenzano il territorio. Oggi piรน vini assaggio, piรน mi rendo conto che รจ vero.
L’intervista di Moser e le dichiarazioni polemiche dell’enologo francese Cyril Brun (Ferrari-Lunelli) sono sul Gambero Rosso mensile di luglio, in edicola
Ma non sempre รจ un punto di forza.
Noi abbiamo vigneti sulla collina di Trento, in Val di Cembra e uno anche in Valdisuga. Quando testiamo le basi non li puoi mai confondere: cambiano lโaciditร e la struttura in bocca. E, rispetto alla Champagne, a Trento non abbiamo la stessa cultura dellโassemblaggio:ย difficile mettere insieme un unico stile.
I cugini Moser al lavoro in una delle loro vigne in alta quota
Rispetto ad altri territori, il Trentodoc ha il vantaggio dellโalta quota. La produzione si sposterร sempre piรน in alto?
Con queste estati cosรฌ calde, le vigne a 700 e 800 metri sono una salvezza per lโaciditร e per quella freschezza che cerchiamo. ร vero che ci sono zone inesplorate, ma ci vuole tempo. E ci sono anche rischi.
Per esempio?
I miei cugini avevano piantato Pinot Nero a 700 metri, con esposizione nord ovest. In quel vigneto abbiamo avuto un sacco di mortalitร invernale per il troppo freddo, perdevamo il 20-30% di piante. Mio padre diceva che erano matti, in effetti ora al posto delle vigne abbiamo messo le mele.
A proposito di Pinot nero, il Trentino ha un problema di cloni? Cโรจ chi sostiene ci siano cloni tedeschi poco adatti alla spumantistica.
Chiariamo, non sono cloni tedeschi. Sono stati sviluppati allโIstituto San Michele allโAdige. In tanti li abbiamo utilizzati dove il clima non รจ sempre cosรฌ favorevole. Magari รจ vero che sono cloni relativamente generosi, ma quando ti alzi e vai in quota fai viticoltura estrema: magari portano un poโ piรน di uva, maย in altre annate raccoglieremo poco e nulla. E negli ultimi millesimi la maturazione non รจ mai stataย un problema, cosรฌ come lโamaro nei vini.
Parliamo di stile, cosa ricercate?
Cerchiamo freschezza e pulizia: il primo calice deve richiamare subito il secondo. Non usiamo il legno, non cerchiamo concentrazione o affinamenti troppo lunghi sui lieviti. Non รจ che se scrivi 10 anni sui lieviti, il vino in bottiglia diventi automaticamente piรน buono. Vedo che anche voi del Gambero avete cambiato scelte: anni fa nei Tre Bicchieri si cercavano sempre maturitร , ricchezza, evoluzione. In ogni caso, vanno rispettate le scelte di tutti i produttori. Come dicevo, non puรฒ esistere un metodo unico per il Trentodoc.
Senza girarci intorno, i vostri Trentodoc sono molto piรน buoni di prima. Cosa avete cambiato?
Siamo migliorati sotto tanti punti di vista, a partire dalla raccolta in cassetta, scarichiamo uva intera in pressa, da 7 anni abbiamo una Willmes-sigma 80. Abbiamo vasche refrigerate in vendemmia, spremiture soffici, abbiamo abbassato le rese, siamo sempre intorno al 55%. E abbiamo aumentato le quote delle uve della Val di Cembra e della collina di Trento, intorno ai 550 metri di quota. Dopo diversi viaggi nella Champagne, abbiamo deciso di aumentare i vini di riserva nelle cuvรฉe, ora siamo intorno al 15%. Diciamolo, il merito รจ di Matteo, lโenologo: รจ cresciuto anche lui.
La vostra idea di Rosรฉ? Lโabbiamo segnalato tra i migliori in Italia.
Il Trento Rosรฉ proviene da un vigneto della collina di Trento dove abbiamo il maso, non siamo molto alti, sui 370 metri. La sua peculiaritร รจ lโetร delle vigne, con unโalta percentuale di vecchie pianteย a pergola. Le rese sono basse, solo una parte delle uve viene pigiata, lโaltra va in pressa direttamente. Parliamo di massimo 3-4 ore di macerazione, solo per estrarre una punta di colore e poi vinificazione in bianco. Siamo contenti.
Uno scorcio panoramico della Val di Cembra, in Trentino
Allarghiamo il campo. In Italia manca del tutto un confronto tra i grandi territori del Metodo Classico. Ce ne siamo accorti anche allโultimo Vinitaly…
Vero, tra i territori cโรจ poco confronto. Nella nostra cultura manca un confronto tra regioni diverse, cโรจ sempre questa sensazione di sentirsi antagonisti e non la curiositร di apprezzare o studiare le differenze. In Trentino Assoenologi crea momenti degustazione e di condivisione, in cantina riceviamo tanti enologi giovani. Magari le cose cambieranno con le nuove generazioni.
Cosa serve al Trentodoc per una piena affermazione?
Un passo indietro. A Trento diciamo spesso che la Franciacorta non รจ un territorio vocato e questo non ci fa onore. Anche perchรฉ noi abbiamo un vantaggio competitivo dettato dal territorio e non siamo stati capaci di valorizzarlo negli anni. La Franciacorta ha vinto: รจ stata piรน forte di noi sul piano della capacitร imprenditoriale, degli investimenti, del marketing. Si vede che cโรจ dietro unโidea strategica radicata. La mia impressione รจ che qui a Trento dobbiamo investire di piรน sulle tecnologie in cantina. Perchรฉ nella spumantistica il fattore umano e le scelte di cantina sono ancora piรน decisive.
Il successo di vendite del Trentodoc oscura le altre etichette. Quale futuro per i vini fermi trentini?
Viviamo due mondi paralleli, il Trentodoc sta vendendo forte e ci consente di arrivare in locali dove altrimenti non entreremmo. I vini fermi soffrono, anche perchรฉ lรฌ manca un poโ dโidentitร . Abbiamo tanti vini e varietร , ma quale รจ il vino fermo principe del Trentino? Il Teroldego? Ok, stacca sui rossi, ma abbiamo ancora tanti internazionaliย anche sui bianchi. E gli autoctoni in volume sono sempre meno. Inoltre ogni cantina sceglie di valorizzare una tipologia: tutto questo crea una gamma eterogenea, a volte confusa.
E il Trentodoc si รจ impossessato del palcoscenico?
Sรฌ, oggi quando qualcuno viene qui pensa a un Trentodoc, a Chardonnay e Pinot nero. Cโรจ una vera e propria corsa, sono tantissime le nuove cantine neonate che si sono associate nellโIstituto. Attenzione, perรฒ, servono costanza e qualitร nel lungo termine.
Vede rischi?
Non dobbiamo commettere lโerrore di pensare che il mercato delle bollicine siaย facile. Oggi รจ di moda, ma se non si continua a migliore la qualitร , a ricercare i territori piรน vocati e a tutelare la doc, vedo un rischio. Il successo cโรจ, si vende bene, ma deve essere gestito con consapevolezza. Dobbiamo mettere qualche paletto, trovare una stilistica costante e non dare mai nulla per scontato. Siamo una denominazione piccola: non ci devono interessare i numeri, ma lโossessione di fare un vino fatto bene.
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