Il vento che soffia dalle coste meridionali del Mediterraneo sfiora le terre arse dal sole e le dune infuocate del deserto, per saturarsi dโumiditร salmastra sulle lunghe onde del fetch del Mare Nostrum. Sโincanala violento tra Scilla e Cariddi e blandisce le coste della Sicilia con le sabbie del Sahara, lโeco lontano dei suoni dโOriente, i profumi di preziose spezie, il ricordo di millenarie culture e il racconto antiche leggende. Vento di traversia che domina il mare senza confini, come un respiro libero nel cielo. Vento di antiche rotte, che fin dai tempi remoti ha spinto coraggiose vele dโavventurosi marinai verso nord-ovest. Navi salpate alla ricerca di nuove terre e nuove esistenze, tra onde ostili e fragorosi frangenti, in un mare sconosciuto e minaccioso. Un vento che unisce Paesi, popoli e culture, che lega con unโindissolubile gassa dโamante le vite degli uomini in un unico destino. Lo Scirocco Wine Fest nasce per dare voce allo spirito di questo vento, alla sua anima irrequieta e nomade, al suo eterno viaggio, mutevole eppur sempre uguale a se stesso. Lo Scirocco diventa metafora di uno spazio culturale aperto allโincontro, allโascolto, allo scambio, alla contaminazione, al desiderio di viaggiare, accogliere e conoscere.
La terza edizione dello Scirocco Wine Fest si รจ svolta a Gibellina dal 27 al 30 giugno. Quattro giorni dedicati alle culture e al vino del Mediterraneo, che ha visto la partecipazione di 7 paesi: Francia, Grecia, Italia, Malta, Spagna, Tunisia e Turchia. La rassegna, promossa da Cantine Ermes-Tenute Orestiadi, prende spunto proprio dal vento e dalla vite come simboli dei Paesi del bacino del Mare Nostrum.
Da sempre il vino ha viaggiato sulle piรน antiche rotte e ancora oggi rappresenta un elemento fondante dellโidentitร dei paesi del Mediterraneo. La diffusione dellโuva moscato e malvasia in quasi tutti i luoghi del vino, รจ una delle tante prove delle infinite migrazioni dei vitigni tra gli antichi scali commerciali. Una storia millenaria di viaggi e incontri di popoli e culture, che hanno contribuito a costruire un comune orizzonte.
Il vino รจ stato il filo conduttore di un programma ricco di degustazioni, masterclass, cooking show, presentazioni di libri, incontri culturali, spettacoli musicali, rinnovando la sua vocazione conviviale e alimentando il profondo senso dโappartenenza a unโunica anima mediterranea.
Lo Scirocco Wine Fest รจ anche lโoccasione per assaggiare vini provenienti da vari paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Le degustazioni spaziano dai vini realizzati con vitigni autoctoni a quelli prodotti con varietร internazionali, capaci di adattarsi al clima del Mare Nostum e di esprimerne le migliori caratteristiche. Cantine Ermes rappresenta una delle piรน importanti realtร del mondo del vino siciliano. Costituita da 2235 soci, gestisce circa 8.500 ettari di vigneti nellโarea occidentale dellโisola. A questi si aggiungono la Tenuta La Gelsomina sullโEtna, una tenuta in Veneto nelle terre del Prosecco e una in Salento. Il gruppo esprime un fatturato complessivo di circa 85 milioni di euro, frutto di 11 milioni di bottiglie e di uno sfuso che rappresenta 85% della produzione.
Tra i vini della linea Orestiadi ci sono piaciuti il Sicilia Grillo DOC 2018, agrumato e salino, il Sicilia Zibibbo DOC 2018, fresco e delicatamente aromatico, il Sicilia Perricone DOC, immediato, fragrante e fruttato. Oltre ai vini delle Cantine Ermes, ai banchi dโassaggio dello Scirocco Wine Festival cโerano in degustazione numerose etichette delle cantine dei Paesi ospiti: i francesi Les Caves Richemer di Agde, gli spagnoli Codorniu e Bodegas Santa Cruz, i greci di UWC Samos, i maltesi di Delicata e i turchi di Corvus. Un panorama interessante sulla produzione dei vini del Mediterraneo che, pur con le dovute specificitร , ha messo in luce alcuni tratti comuni, come la piena maturitร delle uve, profili armoniosi, ricchi e solari, la presenza di aromi intensi, profondi e persistenti.
Lo Scirocco Wine Fest รจ intimamente legato ai luoghi di Gibellina nuova, soprattutto alle architetture del Sistema delle Piazza, che fa da scenario a tutte le attivitร dellโevento. Il nome del paese deriva da due parole arabe Gebel (altura o montagna) e Zghir (piccola) che unite significano piccola altura o piccola montagna. Fondato dagli Arabi nellโAlto Medioevo, il borgo si sviluppรฒ nel XIV secolo attorno al Castello edificato da Manfredi Chiaromonte.
Il vecchio paese รจ stato completamente distrutto durante il terremoto del 1968. Grazie alla visionaria lungimiranza del sindaco Ludovico Corrao, la nuova Gibellina รจ stata ricostruita coinvolgendo nel progetto i piรน importanti protagonisti della scena artistica del tempo, come Pietro Consagra, Alberto Burri, Mimmo Paladino, Mario Schifano, Andrea Cascella, Arnaldo Pomodoro, Nanda Vigo, Carla Accardi e lo scrittore Leonardo Sciascia. La cittร si trasformรฒ in un laboratorio artistico a cielo aperto, con lโobiettivo di creare uno spazio urbano rivoluzionario, pensato come un vero e proprio museo en plain air dโarte contemporanea.
Allโinterno del nuovo tessuto abitativo, spiccano la Chiesa Madre di Ludovico Quaroni, Il Palazzo Di Lorenzo di Francesco Venezia, lโIngresso al Belice di Pietro Consagra, Piazza XV Gennaio 1968 con la Torre Civica-Carrilion di Alessandro Mendini, il Sistema delle piazze di Laura Thermes e Franco Purini. Le macerie della vecchia Gibellina ripresero forma grazie allโintuizione di Alberto Burri, che partendo dalla sua esperienza artistica, trasformรฒ i resti del terremoto nel Grande Cretto, una delle opere di Land Art piรน grandi al mondo, memoria indelebile del sisma.
Il Grande Cretto รจ uno spazio disegnato da bianchi blocchi di calcestruzzo, che hanno ingabbiato per sempre la tragedia del terremoto, con le case, gli oggetti quotidiani, il dolore e i ricordi. Camminare nelle candide ferite di una sorta dโenorme argilla disidratata dalla vita, trasmette la sensazione di entrare in uno spazio altro e in un tempo assoluto e straniante, sintesi di assenza, nostalgia e speranza. Il tracciato delle vecchie strade attraversa tortuoso i blocchi con geometrie irregolari, creando un paesaggio dellโanima dalle mille sfaccettature. I muri che delimitano i camminamenti, come trincee deserte di una guerra irreale, costringono lo sguardo a salire dal bianco accecante al blu intenso del cielo. Il paesaggio circostante scompare e lโorizzonte sembra cercare una dimensione di assoluto e di trascendenza, che riempie la vista senza inutili distrazioni. Lo spazio bianco si carica di senso, come una tela lacerata su cui proiettare lโemozione del ricordo e del dolore. Un universo intimo e introspettivo, che vive di vuoto e silenzio, che parla a chi sa ascoltare e vedere oltre lโimmanente, per abbandonarsi al flusso dellโeterno.
a cura di Alessio Turazza
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