Ne avevamo parlato in anteprima ad inizio anno, annunciando un importante passaggio di proprietà ed anche alcune novità che hanno sottolineato il cambio di passo con il passato. È Cavour 313, enoteca con cucina nel cuore di Roma dove siamo stati a cena qualche giorno fa e vi raccontiamo come abbiamo mangiato. Spoiler: molto bene.
Cavour 313 è stata una delle prime enoteche romane ad aver ottenuto il permesso di somministrazione. Parliamo della fine degli anni 70 e dal punto di vista dell’offerta generale, era una specie di rivoluzione: andare in enoteca per bere del vino e mangiare pure qualcosa di buono! Come cambiano i tempi e anche i nostri gusti, noi che oggi quando mettiamo piede dentro un wine bar, se non troviamo qualche piattino sfizioso da spiluccare insieme al vino, alziamo subito il sopracciglio… Comunque, amarcord a parte, Cavour 313 negli ultimi tempi è stato oggetto di una serie profonda di cambiamenti che l’hanno trasformata senza stravolgerla.
Non sappiamo se ciò che stiamo per dire farà piacere a chi oggi ne ha acquisito la proprietà, ma i lavori fatti non hanno cambiato l’anima di questo posto che resta quello di sempre: accogliente, caldo e rassicurante. Parlando di proprietà, è Josephine Lamuniere francese della Valle della Loira, che a fine 2023 ha deciso di acquistare il locale, fare una serie di modifiche anche strutturali e dare vita al suo progetto che oggi si ritrova nella carta dei vini e in quella del cibo. L’enoteca con cucina Cavour 313 è riuscita nella difficilissima operazione di unire la Francia e l’Italia sui due piani che forse più di ogni altro, hanno visto queste nazioni competere. Il vino e il cibo, ma qui la partita finisce con uno 0 a 0, anzi se gradite i tiri in porta ci possiamo attestare su un dignitosissimo pareggio al 2 a 2 e palla al centro.
Partiamo dalla cucina, peraltro concentrata in uno spazio non grandissimo ma ben ragionato e che rapisce la vista appena varcata la soglia d’ingresso: teca in ferro e vetro, dove lavora una squadra composta da tre chef. Se vi fermate al bancone la proposta è “pop” con una serie di piatti così golosi che vien la voglia di prenderli tutti, e qua – lo diciamo anche con una certa felicità – vince un poco la Francia che cala una serie di assi niente male: le frites fraîches maison servite con la maionese fatta in casa, così come l’oeuf Mayò con insalata di limoni e cetrioli e poi l’immancabile tartare di manzo. E ancora giardiniera – maison pure questa – il maritozzo salato e dei carciofini sott’olio fatti in casa e poi fritti. Attenzione però, che se vi sedete in uno dei tavoli del ristorante, questa proposta ve la potete pure scordare perché vale solo se vi accomodate al bancone! Una rigidità che consigliamo di smussare, magari con qualche integrazione parziale ma ecco, quando ci siamo accomodati al tavolo e abbiamo realizzato che nessuno di quei piatti li avremmo potuti ordinare un poco ci è dispiaciuto.
La carta dedicata al ristorante è tutt’altro che banale, e aggiungiamo che nonostante il consiglio di aggiungere qualche piatto del bancone, ci ha convinto quel taglio sartoriale con 3 antipasti, 4 primi e altrettanti secondi con 3 dolci a chiudere. La proposta è da fine dining, quindi piatti che sono frutto di prove fatte in cucina ma che dietro presuppongo un’idea, uno studio, un pensiero. Cose che abbiamo notato sin dall’antipasto che è stato il cervello fritto con una emulsione di ostriche e agretti fritti in tempura. Ci vuole sempre tanto coraggio nel servire il cervello – no, non perché forse tra i tagli del quinto quarto è il più divisivo – ma perché è complesso da trattare, soprattutto in cottura. E invece qua, arriva al tavolo un piatto estremamente bilanciato in cui la morbidezza del cervello diventa protagonista, insieme alla croccantezza degli agretti fritti. Si passa ai primi dove già leggendo i piatti in carta, si capisce che dall’altra parte del vetro c’è qualcuno che la pasta secca la sa maneggiare molto bene. Come l’ischitano Antonio Sarnataro che, da bravo campano e insieme al collega Riccardo Bernabei, ci hanno fatto “arricreare” con degli spaghettini serviti come fossero una soupe à l’oignon mantecati con crema di cipolle, crostini di pane e comté bruciato. Ma il piatto della serata è stato decisamente questo: semi di annurca (simil risoni, prodotti dal Pastificio dei Campi) con anguilla, stracciata di bufala e cime di rapa.
Un piatto a nostro avviso, pressoché perfetto sia nel suo essere goloso ma anche nell’aver creato il giusto bilanciamento tra tutte le componenti, inclusa la grassezza incipiente della bufala e dell’anguilla arrostita che qua invece rappresenta un valore aggiunto. Con i secondi, si viaggia sull’onda del “comfort”; dei piatti forse meno impattanti rispetto ai precedenti ma assolutamente ben eseguiti come nel caso del pollo ripieno, goloso e di gran sostanza.
Ed infine il dessert, qua scegliete pure senza troppi sensi di colpa perché grazie al cielo, arrivano dei dolci dalle giuste grammature con pochi ingredienti e che non esagerano col gioco delle consistenze. Dunque oltre alla selezione di formaggi, potrete scegliere la torta paradiso con mousse al cioccolato bianco oppure la brioche al cioccolato (che speriamo non tolgano mai dal menu perché è da perdere la testa) servita con una crema al cioccolato e arachidi. Less is more, soprattutto in pasticceria.
Lato vino, Josephine – insieme a Pulika Calzini, già presente nella passata gestione di Cavour 313 – ha fatto una scelta di campo. Vale a dire, creare una carta del bere in cui la Francia e l’Italia sono entrambi presenti senza stare troppo a badare alle proporzioni tra le due parti che comunque – considerando la frequenza con la quale la carta viene aggiornata – cambiano più volte nel corso dell’anno. La lista del vino attualmente si attesta sui 200 vini provenienti da tutte le principali regioni vitivinicole di Italia e Francia. E per chi gradisce altro nel bicchiere ci sono due linee di birre artigianali alla spina ed anche una piccola carta di miscelati insieme ad una selezione di soft drink analcolici. Prima di arrivare alle info sul conto, segnaliamo un servizio che ci è piaciuto anche per la capacità di adattarsi alle due anime del locale: quella più sciolta del bancone e l’altra, un filo più formale, del ristorante. In entrambe i casi si nota la competenza, soprattutto lato vino che ultimamente è tra i grandi assenti nel servizio di sala. A tal proposito, citiamo Anna Mosetti brava professionista di sala con una bella formazione enologica, a cui potete serenamente affidare la scelta del vino qualora foste colti da pigrizia o indecisione.
Eccoci al conto: se ci si ferma al bancone per un calice e un piatto, bisogna impegnarsi abbastanza per scavallare la forchetta dei 15/20 euro. Vien da sé che se aumentano piatti e calici cresce anche il numero sullo scontrino. Per la cena invece ci sono da mettere a budget non meno di 60 euro a persona, bere a parte.
Cavour 313 – via Cavour 313 – 00187 Roma – Tel. 06 678 5496
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